Il periodo fascista e la Seconda guerra mondiale (1922-1945)
Palcoscenico del regime, dei suoi riti e dei suoi protagonisti, il Vittoriano negli ultimi anni di guerra protesse nei suoi sotterranei la popolazione civile di Roma
Il regime fascista (1922-1943) si appropriò del Vittoriano, cogliendone appieno le qualità architettoniche, artistiche e scenografiche, ma trasformandolo in un ingranaggio della sua macchina di retorica e di propaganda. Da simbolo di unità e di libertà il Monumento si ridusse a fondale delle parate militari che si svolgevano lungo via dell’Impero, l’odierna via dei Fori Imperiali, e dei discorsi tenuti da Benito Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia.
Nel 1924 l’architetto Armando Brasini (1879-1965) assunse la carica di direttore artistico del Vittoriano, che avrebbe mantenuto fino al 1939. Brasini, formatosi come stuccatore nell’Istituto di Belle Arti e nella scuola del Museo Artistico Industriale, già nel corso degli anni Dieci era riuscito a imporsi in qualità di architetto.
Il suo linguaggio, inizialmente Liberty, aveva assunto nel dopoguerra una declinazione magniloquente e retrospettiva, ovvero rivolta in prevalenza al passato, soprattutto al Rinascimento e al Barocco: tale declinazione risulta evidente nella mostra delle opere recuperate all’Austria allestita in Palazzo Venezia nel 1922 e nel progetto per la Basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria a piazza Euclide, a Roma.
All’interno del Vittoriano Brasini lavorò su due registri. Quanto agli apparati decorativi e scultorei l’architetto propose interventi minimi, di fatto limitandosi a terminare i lavori già impostati in precedenza. Il 21 aprile 1925, Natale di Roma, si svolse l’inaugurazione della statua raffigurante la Dea Roma, posta al centro dell’Altare della Patria. Nel 1927 fu la volta delle quadrighe della Libertà e dell’Unità, poste in cima al Monumento, a oltre cento metri d’altezza.
Il segno di Brasini si fece invece più profondo nell’architettura. Alla sua matita vanno ascritti la sistemazione della Tomba del Milite Ignoto e, all’interno del complesso, del relativo Sacello e l’allestimento del Sacrario delle Bandiere. Lungo il lato orientale del Monumento, esaltato dalla realizzazione contestuale di via dell’Impero, egli sviluppò un precedente progetto di Manfredo Manfredi e Pio Piacentini, una volta risolti una serie di vari problemi, realizzò l’odierna Ala Fori Imperiali.
Il Vittoriano svolse un ruolo notevole anche nelle fasi conclusive della Seconda guerra mondiale. Calato ormai il sipario sui trionfi di regime e sulle parate militari, Roma si trovò costretta a fronteggiare la minaccia dei bombardamenti alleati. I sotterranei del Monumento assunsero allora la funzione di rifugio antiaereo. Al suono delle sirene, in centinaia si abituarono a prendere le sue porte d’accesso, sentendosi protetti dalla roccia sovrastante e dalla mole stessa dell’edificio.
L’allestimento del rifugio comprendeva filari di panche, un posto di pronto soccorso, la fornitura di acqua potabile, uscite di sicurezza e servizi igienici. Questa drammatica fase può ancor oggi conoscersi grazie a una serie di graffiti originali. “Fame da lupo”, “Doppia fame” o “Fettuccine” recitano alcune epigrafi tracciate dai cittadini di Roma e rinvenute sui muri dell’area sotterranea.