Giardino grande
Le macchine e il caos della città sembrano adesso lontani. Fermatevi un istante e ascoltate: gli unici suoni sono il quieto scroscio delle fontane e lo stormire delle palme
Il cortile del palazzo quattrocentesco, nel corso dell’Ottocento si trasformò in un giardino. Forse sotto l’impulso dell’Accademia di Belle Arti di Vienna – l’edificio era allora sede dell’Ambasciata austriaca – esso fu impreziosito da una ragguardevole varietà di piante: al noto botanico pavese Pietro Romualdo Pirotta (1853-1936) spetta l’inserimento delle quatto specie di palme, comprese quelle che ancor oggi svettano nell’aiuola centrale, fra le più alte di Roma.
Recentemente sgomberato dalle automobili, il giardino rappresenta il fulcro dell’intero complesso. Da qui si gode infatti la vista su alcuni elementi chiave del palazzo.
Sul lato orientale spicca il fianco della Basilica di San Marco, con il suo parato medievale, il campanile romanico e le ampie finestre del quindicesimo secolo.
Il portico su due ordini che occupa il lato nord-orientale viene tradizionalmente ricondotto a Paolo II (1464-1471) e al nipote Marco Barbo (1420-1471) per via della presenza degli stemmi di entrambi, ossia tiara pontificia e chiavi decussate per il primo, cappello cardinalizio con nappe e croce astile del patriarcato di Aquileia per il secondo. Di recente, tuttavia, si è proposto di identificare il committente con il solo Marco Barbo: questi ne avrebbe ordinato la costruzione dopo la morte dello zio e vi avrebbe posto i suoi stemmi per onorarne la memoria.
La costruzione mostra una chiara matrice classica: la fonte d’ispirazione più evidente è il Colosseo. Alcuni, per questo, pensano a un diretto coinvolgimento di Leon Battista Alberti. Altri identificano invece l’architetto con Francesco del Borgo. Essa rimase comunque incompiuta come dimostra l’ultima arcata sulla sinistra del lato meridionale.
Il lato orientale del primo ordine dà accesso all’ingresso laterale della Basilica di San Marco; quello settentrionale al Refettorio quattrocentesco. All’interno del secondo ordine sono collocati pezzi di scultura erratici, comprese le quattro sculture antropomorfe, forse rappresentanti Teste di venti, provenienti dal viridarium. Subito dietro il profilo della loggia si può intravedere la torretta sopra la sagrestia o altana voluta da Marco Barbo (1420-1471).
Al centro del giardino si trova una bella fontana commissionata nel 1730 a Carlo Monaldi (c. 1683- 1760) dall’ambasciatore Barbon Morosini. La fontana, che raffigura Venezia sposa il mare, richiama una delle cerimonie tradizionali della Serenissima.
Il prospetto occidentale del giardino, dove si apre l’ingresso di via degli Astalli, venne rifatto nel 1733 da Angelo Maria Querini (1680-1755), cardinale titolare della Basilica di San Marco. Nella nicchia al centro – poi spostata di lato – fu collocata la statua di San Pietro Orseolo, primo doge di Venezia, canonizzato nel 1731; al di sopra domina il Passetto dei Cardinali.