L'apertura al pubblico
Dopo trentacinque anni, il museo accoglie finalmente i visitatori ma è ben presto costretto a richiudere
Lo scoppio del secondo conflitto mondiale e ancor più il dopoguerra corrispondono per il museo a una fase di ombra. Il suo destino può in qualche modo assimilarsi a quello del Vittoriano: coinvolto nella complessiva damnatio memoriae del regime fascista, il museo vide procrastinarsi sempre più la sua apertura ufficiale.
Il 2 ottobre 1970, nel ricorrere del centenario del Plebiscito di Roma, il museo schiuse finalmente le porte al pubblico. L’apertura reca il segno forte di Emilia Morelli (1913-1995), segretaria dell’Istituto Storico al tempo di Alberto Maria Ghisalberti (1894-1986), suo maestro, e poi a sua volta presidente. Esperta riconosciuta negli studi mazziniani, la Morelli era salita sugli ascensori del Vittoriano nell’ormai lontano 1936. Da quel momento aveva sempre seguito le alterne vicende del monumento.
A capo di un gruppo di giovani storici, Emilia Morelli impose al museo un percorso cronologico, che dal dispotismo illuminato della seconda metà del Settecento giungeva allo scadere della Prima guerra mondiale. Il pubblico, entrato dall’Ala Fori Imperiali incontrava cinque sezioni: la visita terminava nei cosiddetti “ambienti dello stilobate”, corrispondenti all’attuale museo, dove si trovava fra l’altro l’affusto di cannone utilizzato per trasportare la bara del Milite Ignoto.
Nel 1979 un guasto alle condutture idriche e i conseguenti danni all’impianto elettrico compromisero l’agibilità del museo: la chiusura cadde l’anno successivo, il 1980. I tempi successivi sono da ricordarsi soprattutto per le mostre temporanee, tra le quali Garibaldi. Arte e Storia. Promossa dal Comitato Nazionale per il primo centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, presieduto da Giovanni Spadolini, la mostra ebbe due sedi, Palazzo Venezia e il Vittoriano. A tutti gli effetti può considerarsi un precedente dell’attuale struttura di VIVE.