L'apertura al pubblico

Dopo trentacinque anni, il museo accoglie finalmente i visitatori ma è ben presto costretto a richiudere

Un lungo cono d’ombra

Lo scoppio del secondo conflitto mondiale e ancor più il dopoguerra corrispondono per il museo a una fase di ombra. Il suo destino può in qualche modo assimilarsi a quello del Vittoriano: coinvolto nella complessiva damnatio memoriae del regime fascista, il museo vide procrastinarsi sempre più la sua apertura ufficiale.

Ecco infine l’inaugurazione

Il 2 ottobre 1970, nel ricorrere del centenario del Plebiscito di Roma, il museo schiuse finalmente le porte al pubblico. L’apertura reca il segno forte di Emilia Morelli (1913-1995), segretaria dell’Istituto Storico al tempo di Alberto Maria Ghisalberti (1894-1986), suo maestro, e poi a sua volta presidente. Esperta riconosciuta negli studi mazziniani, la Morelli era salita sugli ascensori del Vittoriano nell’ormai lontano 1936. Da quel momento aveva sempre seguito le alterne vicende del monumento.


 

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Alberto Maria Ghisalberti (a sinistra), Presidente dell'Istituto per la storia del risorgimento italiano, in visita dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (a destra) nel luglio 1970, per ritirare il dono destinato dal Presidente degli Stati Uniti d'America al popolo italiano a ricordo del volo dell'Apollo 11

Alberto Maria Ghisalberti (a sinistra), Presidente dell'Istituto per la storia del risorgimento italiano, in visita dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat (a destra) nel luglio 1970, per ritirare il dono destinato dal Presidente degli Stati Uniti d'America al popolo italiano a ricordo del volo dell'Apollo 11

Giuseppe Mazzini. Quasi una biografia di Emilia Morelli, edito dall'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano - Comitato di Roma nel 1984

Giuseppe Mazzini. Quasi una biografia di Emilia Morelli, edito dall'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano - Comitato di Roma nel 1984

A capo di un gruppo di giovani storici, Emilia Morelli impose al museo un percorso cronologico, che dal dispotismo illuminato della seconda metà del Settecento giungeva allo scadere della Prima guerra mondiale. Il pubblico, entrato dall’Ala Fori Imperiali incontrava cinque sezioni: la visita terminava nei cosiddetti “ambienti dello stilobate”, corrispondenti all’attuale museo, dove si trovava fra l’altro l’affusto di cannone utilizzato per trasportare la bara del Milite Ignoto.

Il portale d'ingresso al Museo Centrale del Risorgimento

Il portale d'ingresso al Museo Centrale del Risorgimento

Già chiuso, salvo mostre temporanee

Nel 1979 un guasto alle condutture idriche e i conseguenti danni all’impianto elettrico compromisero l’agibilità del museo: la chiusura cadde l’anno successivo, il 1980. I tempi successivi sono da ricordarsi soprattutto per le mostre temporanee, tra le quali Garibaldi. Arte e Storia. Promossa dal Comitato Nazionale per il primo centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, presieduto da Giovanni Spadolini, la mostra ebbe due sedi, Palazzo Venezia e il Vittoriano. A tutti gli effetti può considerarsi un precedente dell’attuale struttura di VIVE

Copertina del catalogo della mostra Garibaldi. Arte e Storia del 1982

Copertina del catalogo della mostra Garibaldi. Arte e Storia del 1982