Giuseppe Sacconi e la costruzione del Vittoriano (1885-1905)
Giuseppe Sacconi era ancora molto giovane quando progettò il Vittoriano, che ci restituisce appieno la misura e la qualità di questo grande artista
Originario delle Marche Giuseppe Sacconi (1854-1905) si era trasferito a Roma nel 1874. Appena trentenne, Sacconi si aggiudicò il secondo e decisivo concorso per il Vittoriano: il suo progetto s’ispira alla tradizione classica e del Rinascimento, recuperando in particolare il linguaggio di Donato Bramante.
Per costruire il Vittoriano si rese necessario demolire un congruo numero di edifici che si trovavano nell’area. Scomparvero allora i tre chiostri medievali del Convento dell’Aracoeli, la cosiddetta Torre di Paolo III e il cavalcavia o ‘passetto’ di collegamento con Palazzo Venezia, noto come Arco di San Marco.
Il 22 marzo 1885 si svolse la cerimonia della posa della prima pietra del monumento. Ben presto il cantiere andò incontro a una serie di notevoli difficoltà, connesse all’instabilità del terreno di fondazione e al ritrovamento di alcuni importanti reperti, fra cui un tratto delle Mura serviane, risalente al VI secolo a.C.: si rese così necessaria una profonda revisione del progetto originario.
Sacconi aveva pensato inizialmente al travertino, caratteristico di molti edifici romani. Alla fine tuttavia fu scelto il marmo botticino, forse dietro suggerimento o imposizione del potente ministro Giuseppe Zanardelli (1826-1923). Questo materiale, proveniente da cave situate in prossimità di alcune cittadine vicino Brescia, compresa appunto Botticino, si distingue per la compattezza e il nitore del bianco.
Giuseppe Sacconi era profondamente convinto dell’unità di architettura e scultura. Egli pose grande attenzione alla scelta dei soggetti e a quella degli artisti, fornendo loro disegni e perfino indicazioni sul cantiere. Sotto la regia di Sacconi vennero così eseguite una buona parte della plastica architettonica e le quattro sculture alla sommità delle Porte, raffiguranti La Politica, La Filosofia, La Rivoluzione e La Guerra.
Nel 1884, in aperto contrasto con la volontà di Sacconi, la Commissione Reale incaricata dal Governo di seguire i lavori del Vittoriano scorporò dal cantiere complessivo la statua del re, per la quale bandì un concorso apposito. Dopo una serie di alterne vicende la vittoria arrise nel 1889 allo scultore friulano Enrico Chiaradia (1851-1901).
Sacconi, già ostile all’idea di scorporare la statua del re dal cantiere complessivo, perdendone così il controllo, si dichiarò a sfavore dell’esito del concorso: il linguaggio verista di Chiaradia risultava a suo avviso incompatibile con l’impostazione classicista e neo-rinascimentale del Vittoriano. Morto nel 1901 Chiaradia, la statua del re a cavallo fu rifinita dallo scultore fiorentino Emilio Gallori (1846-1924).
Nel 1890, in occasione della visita di Umberto I (1878-1900) al cantiere, Sacconi presentò di fatto un nuovo progetto, che teneva conto della necessità di consolidare il terreno e di conservare le “Mura dei Re”, vale a dire un tratto delle mura serviane risalente al VI secolo a.C.
L’architetto prevedeva innanzitutto possenti sostruzioni per tenere in piedi l’edificio: si sarebbero così creati grandi spazi interni ideali per alloggiare musei, delle Corone al piano terra, del Risorgimento e delle Bandiere. Egli inoltre ampliò il portico monumentale da 90 a 114 metri. Questo tipo di modifiche incise notevolmente sui costi del cantiere, che dai 9 milioni di lire previsti salirono fino a 26,5.
Contestualmente Sacconi si orientò verso una nuova iconografia dell’apparato decorativo. Egli abbandonò i soggetti storici che aveva previsto nel primo progetto e si orientò sempre più decisamente verso le allegorie.
In questo contesto Giuseppe Sacconi inserì nel Vittoriano un Altare della Patria. L’architetto destinò a questa grande ara votiva dedicata alla nazione italiana la zona centrale del monumento posta sul primo terrazzo, al di sotto della statua di Vittorio Emanuele II a cavallo.
L’ampliamento del portico aveva comportato un ampliamento delle dimensioni complessive del Vittoriano. In questo nuovo assetto il Monumento non era più pienamente visibile da chi giungeva da via del Corso. Sacconi avvertì dunque con urgenza la necessità di ripensare completamente il rapporto con l’area antistante.
Nel 1897 Sacconi presentò un progetto completo per piazza Venezia, ispirato a un criterio rigidamente simmetrico: esso prevedeva lo spostamento del cosiddetto Palazzetto di piazza Venezia, la distruzione di Palazzo Torlonia e la costruzione in posizione più arretrata di un nuovo edificio a somiglianza di Palazzo Venezia.