Croce di San Benedetto

Orafo renano XII secolo

In mostra presso Palazzo Venezia

La croce di supporto, nel recto, presenta in alto un angelo con turibolo, la Vergine e san Giovanni ai lati, al di sopra e al di sotto del Cristo due iscrizioni; sul verso san Benedetto al centro, i simboli degli evangelisti nei capicroce. La figura tridimensionale di Cristo, a fusione, poggiante su un suppedaneo sostenuto da una mensola a terminazione tripartita, presenta testa inclinata, capigliatura con scriminatura ricadente, perizoma con nodo centrale. Solo in parte conservata la doratura che in origine interessava la croce e il Cristo.

La croce di supporto, nel recto, presenta in alto un angelo con turibolo, la Vergine e san Giovanni ai lati, al di sopra e al di sotto del Cristo due iscrizioni; sul verso san Benedetto al centro, i simboli degli evangelisti nei capicroce. La figura tridimensionale di Cristo, a fusione, poggiante su un suppedaneo sostenuto da una mensola a terminazione tripartita, presenta testa inclinata, capigliatura con scriminatura ricadente, perizoma con nodo centrale. Solo in parte conservata la doratura che in origine interessava la croce e il Cristo.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Croce di San Benedetto Ambito Orafo renano Data oggetto: XII secolo Materiale: Bronzo, Rame Tecnica: Fusione, Doratura, Incisione Dimensioni: altezza 22,5 cm; larghezza 10,5 cm
Tipologia: Oreficeria Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 13177

Questa croce rientra all’interno di un gruppo di opere similari per materiale e tecnica – bronzo, in parte dorato e inciso, con la figura del Cristo a fusione – ma con vistose differenziazioni di ordine stilistico. Gli studi che hanno considerato tali opere si devono principalmente a Peter Bloch e ad Andrea Del Grosso che hanno costituito i due corpora più importanti all’interno dei quali, però, non figura l’esemplare di Palazzo Venezia. La croce di supporto segue nel recto l’iconografia classica con i dolenti e l’angelo mentre una iscrizione in caratteri capitali disposta su otto righe è collocata nel braccio inferiore. Come rilevato per la prima volta (Distefano 2023) essa riproduce, con qualche incertezza grammaticale e paleografica, i primi versi dell’inno “Crux benedicta nitet / Dominus qua carne pependit / Atque cruore suo vulnera lavat” attribuito al poeta Venanzio Fortunato, vissuto nel VI secolo, ma la cui opera ebbe grande fortuna nel Medioevo, soprattutto in età carolingia (Filosini 2013). La presenza  di san Benedetto a figura intera sul verso, ugualmente a incisione e identificata da un titulus, è invece rara in questa classe di opere: il repertorio di Bloch, per esempio, illustra solo il caso della croce di Zurigo portante sul verso una figura nimbata con pastorale (Bloch 1992, p. 102, n. I G 2) e quella del museo di Langenargen con un abate accompagnato dal titulus «Gebo abba» (Bloch 1992, p. 198, IV B 4). Considerazioni diverse toccano la figura del Crocifisso, con arti e testa in metallo pieno e con il corpo, dall’orlo inferiore del perizoma alle spalle, cavo. La capigliatura, con scriminatura centrale, ricade sulle spalle in cinque ciocche tubolari. Questo modo di disporre la chioma e di emularne la consistenza tramite sottili incisioni parallele si riscontra in alcuni esemplari di ambito germanico risalenti all’XI secolo. Il repertorio di Bloch aveva invece usato la conformazione del perizoma del Cristo come criterio guida per classificare gli oltre seicento crocifissi del proprio corpus. Il perizoma del Crocifisso di Palazzo Venezia richiama alcuni elementi caratteristici di tali figure senza però rientrare pienamente in nessuna di queste categorie. Il perizoma infatti presenta dei bordi perlinati tipici di alcune figure in bronzo attribuite alla Vestfalia della prima metà del XII secolo, come si vede per esempio nel Cristo dell’Hessische Landesmuseum di Darmstadt (Bloch 1992, p. 6, n. I B 7), mentre per via del nodo a croce esso richiamerebbe un gruppo di crocifissi del Medio Reno e della Bassa Sassonia risalenti alla metà del XII secolo (Bloch 1992, pp. 125-136, nn. I L 1/24). Queste considerazioni spingerebbero ad attribuire la figura di Cristo a una officina attiva in Renania o in Bassa Sassonia nel XII secolo, sebbene sia da considerare che bronzi siffatti – non necessariamente realizzati in serie e per questo talora difficili da classificare (Peroni 2006a, p. 36) – incoraggiarono tra XII e XIII secolo alcune repliche più o meno fedeli anche nell’Italia centro-settentrionale (Hueck 1982, pp. 173-174; Del Grosso 2010). I maldestri fori che assicurano la figura di Cristo al suo supporto hanno fatto pensare a un assemblaggio tardivo delle due parti (Vigliarolo 2009, p. 253), presupponendone quindi una origine diversa. Effettivamente alcune particolarità della croce di supporto orienterebbero per la sua localizzazione verso l’Italia centrale del XII secolo. Il capocroce superiore, per esempio, luogo generalmente riservato a un arcangelo con loros nelle croci di ambito imperiale, qui ospita un angelo turibolante tipico di alcuni esemplari attribuiti alla Toscana del XII secolo come, per esempio, quello del Museo Statale d’Arte di Arezzo (Peroni 2006b). Lo stesso stile delle raffigurazioni incise, sintetico e vivace, richiama alcune caratteristiche della miniatura centro-italiana tra il XII e XIII secolo (Garrison 1993). Come confronti per tali raffigurazioni, inoltre, sono state evocate quelle della stauroteca della chiesa romana di Santa Maria in Campitelli, per la quale la presenza della sottoscrizione dell’orario Gregorio, noto anche da altre testimonianze epigrafiche del primo quarto del XII secolo, permette di fissare una datazione più precisa (Montorsi 1980, pp. 136-148; Vigliarolo 2009, p. 255). Le componenti stilistiche e figurative della croce di supporto, quindi, riflettono una cultura artistica centro-italiana, all’interno della quale troverebbe una spiegazione anche la presenza di san Benedetto a figura intera sul verso.
Nel 1922, al suo ingresso in museo, della Croce di San Benedetto si ignorava la provenienza. Il recente accostamento tra quest’opera e due disegni che ne riproducono il recto e il verso, facenti parte dei materiali grafici di Jean-Baptiste Louis George Seroux-d’Agincourt della Biblioteca Apostolica Vaticana (Vat. lat. 9846, ff. 40r, 45v), ha permesso di ricostruire in parte la sua storia antica (Distefano 2023). Su entrambi i fogli, databili verso la fine del XVIII secolo, è infatti ricordato che essa faceva parte delle raccolte del Collegio Romano, dove altri manufatti di età medievale erano ugualmente conservati (Distefano 2023).

Giampaolo Distefano

Scheda pubblicata il 12 Febbraio 2025

Buono.

Sul recto, al di sotto dell’angelo con turibolo: «IHSИA/SAREИ/VSRN/ESIVD/EORV/M»;
Sul recto, al di sotto del crocifisso: «CRUXBEN[E]/DICTAИITE/TDИSQVA/CARИEPEPE/ИDITATQVE/CVROREVLV/ИERAИOS/TRALAV[AT]»;
Sul verso, al di sotto della figura di san Benedetto: «S [rovesciata in avanti] BEИE/DICTU».

Roma, Collegio Romano;
acquisto 1922

Roma, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia, Cipro e l’Italia al tempo di Bisanzio. L’Icona Grande di San Nicola tis Stegis del XIII secolo restaurata a Roma, 23 giugno-26 luglio 2009.

Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 299;
Montorsi Paolo, Cimeli di oreficeria romanica. Un bronzetto modenese e due reliquiari romani, in Romanini Angiola Maria (a cura di), Federico II e l’arte del Duecento italiano. Atti della III settimana di studi di Storia dell’arte medievale dell’Università di Roma (1978), II, Galatina 1980, pp. 127-152;
Hueck Irene, L’oreficeria in Umbria dalla seconda metà del secolo XII alla fine del secolo XIII, in Pirovano Carlo, Porzio Francesco, Selvafiorita Ornella (a cura di), Francesco d’Assisi. Storia e arte, III, catalogo della mostra (Assisi, Sacro Convento, 1982), Milano 1982, pp. 168-187;
Bloch Peter, Romanische Bronzekruzifixe, Berlin 1992;
Garrison Edward B. , Twelfth-Century Initial Styles of Central Italy: Indices for the Dating of Manuscripts. II. Materials, in Garrison Edward B., Studies in the History of Medieval Italian Painting, III, London 1993, pp. 33-83;
Peroni Adriano, L’altare portatile di san Geminiano patrono di Modena e le croci astili al di qua e al di là dell’Appennino. Temi e problemi storiografici dell’“ars sacra”, in Peroni Adriano, Piccinini Francesca (a cura di), Romanica. Arte e liturgia nelle terre di San Geminiano e Matilde di Canossa, catalogo della mostra (Modena, Musei del Duomo, 16 dicembre 2006-1 aprile 2007), Modena 2006, pp. 23-49 (Peroni 2006a);
Peroni, in Peroni Adriano, Piccinini Francesca (a cura di), Romanica. Arte e liturgia nelle terre di San Geminiano e Matilde di Canossa, catalogo della mostra (Modena, Musei del Duomo, 16 dicembre 2006-1 aprile 2007), Modena 2006, pp. 145-147, n. 8 (Peroni 2006b);
Vigliarolo, in Eliades Ioannis A. (a cura di), Cipro e l’Italia al tempo di Bisanzio. L’Icona Grande di San Nicola tis Stegis del XIII secolo restaurata a Roma, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia, 23 giugno-26 luglio 2009), Atene 2009, pp. 252-255, n. A.10;
Del Grosso Andrea, Croci processionali toscane: il tipo a bracci patenti nel Medioevo, Poggio a Caiano 2010;
Filosini Stefania, Tra poesia e teologia: gli Inni alla Croce di Venanzio Fortunato, in Gasti Fabio, Cutino Michele (a cura di), Poesia e teologia nella produzione latina dei secoli IV-V, atti della X Giornata Ghisleriana di Filologia Classica (Pavia, 16 maggio 2013), Pavia 2013, pp. 107-131;
Distefano Giampaolo, "Crux benedicta nitet". A proposito di una croce bronzea poco nota del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, in «RIASA-Rivista dell’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell’Arte», 2023, pp. 157-171.

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