Vittorio Emanuele III e l’inaugurazione del 1911
Vittorio Emanuele III, nipote di Vittorio Emanuele II, impresse una forte accelerazione al cantiere del Vittoriano, così da poterlo inaugurare nel 1911, nel cinquantenario dell’Unità d’Italia
Vittorio Emanuele III (1869-1947), asceso al trono nel 1900, intendeva fra l’altro rilanciare il prestigio dell’Italia sul piano internazionale, in buona misura leso dal cattivo andamento delle guerre coloniali in Africa. Il Vittoriano rispecchia le sue ambizioni: fu Vittorio Emanuele in persona a fissare la data della cerimonia d’inaugurazione nel 1911, come elemento cardine della celebrazione del cinquantenario dell’Unità d’Italia.
Sacconi morì il 30 settembre 1905, lasciando il Vittoriano ancora largamente incompleto. Il cantiere passò dapprima ai suoi stretti collaboratori, l’architetto Pompeo Passerini (1858-1947) e lo scultore Adolfo Cozza (1848-1910), che cercarono di dare forma organica alle sue idee.
Ben presto però la Direzione Artistica del Monumento fu rilevata da tre architetti, Gaetano Koch (1849-1910), Manfredo Manfredi (1859- 1927) e Pio Piacentini (1846-1928). Elaborato un ulteriore progetto nel 1907, i tre avrebbero condotto sostanzialmente a termine l’opera di Giuseppe Sacconi.
La morte di Giuseppe Sacconi nel 1905 segna anche la fine del rapporto unitario e coerente fra architettura e apparato scultoreo. Sotto la pressione di Vittorio Emanuele III, che intendeva inaugurare il Monumento nel 1911 per il cinquantenario del Regno d’Italia, la Commissione Reale si limitò a convocare i migliori artisti della scena nazionale, spesso contraddistinti da un notevole divario linguistico.
Tra il 1906 e il 1908 partirono le commissioni per i sei gruppi scultorei monumentali posti sullo scalone d’accesso, La Concordia, La Forza, Il Diritto, Il Sacrificio, Il Pensiero e L’Azione di Francesco Jerace, per i rilievi nei timpani dei pronai e per le fontane.
Contestualmente si bandirono i concorsi per la serie delle Regioni dell’attico, per le quadrighe e per la base della statua equestre del re.
Il 4 giugno 1911, nel ricorrere del cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, Vittorio Emanuele III inaugurò il Monumento, al cospetto di una folla immensa e plaudente. Alla cerimonia parteciparono fra la regina Elena, la regina madre Margherita di Savoia, il presidente del Consiglio Giovanni Giolitti (1842-1928), i seimila sindaci d’Italia, i veterani delle guerre risorgimentali e tremila studenti delle scuole romane.
Gli oltre venticinque anni intercorsi tra la posa della prima pietra e l’inaugurazione del Vittoriano (1885-1911) coincidono con un radicale cambiamento nella concezione artistica nazionale e internazionale. Avanguardie storiche come l’Espressionismo, il Cubismo e il Futurismo rappresentano in tal senso un vero punto di svolta. Esattamente i Futuristi, noti per l’intransigenza polemica, bollarono il Vittoriano come ‘passatista’, cioè rivolto all’indietro: l’intellettuale fiorentino Giovanni Papini (1881-1856) giunse a definirlo un “bianco ed enorme pisciatoio di lusso”.
Al momento dell’inaugurazione, il 4 giugno 1911, parecchi elementi del Monumento erano da terminare. Alcuni gruppi scultorei, come L’Azione di Francesco Jerace e Il Diritto di Ettore Ximenes, furono allora sostituiti con modelli di pari dimensioni. Altri elementi si aggiunsero solo molti anni dopo: per la messa in opera delle quadrighe, di Paolo Bartolini e di Carlo Fontana, in bronzo sulla vetta del Monumento bisognò attendere fino al 1927.
La scelta dell’autore del grande fregio scultoreo posto a decorazione dell’Altare della Patria ricadde sul pubblico stesso. Il vincitore di questa sorta di referendum artistico risultò il lombardo Angelo Zanelli (1879-1942), che concluse l’opera nell’arco di quattordici anni.