Vittorio Emanuele II e il processo risorgimentale
Il ruolo di Vittorio Emanuele II di Savoia nel processo che portò all’Unità e all’Indipendenza dell’Italia
Vittorio Emanuele II (1820-1878) fu il più amato dei sovrani di casa Savoia, anche per via delle sue qualità umane. Divenuto re di Sardegna nel 1849, egli collocò il suo Piemonte alla guida del progetto risorgimentale, coronato nel 1861 con l’Unità d’Italia e nel 1870 con la presa di Roma. Alla sua morte, il 9 gennaio 1878, fu salutato come il re galantuomo e il Padre della Patria.
Il Risorgimento è il processo storico che nel corso del XIX secolo condusse all’Unità d’Italia. Vittorio Emanuele II vi giocò un ruolo di primo piano. Anche attraverso il suo celebre primo ministro, Camillo Benso conte di Cavour (1810 -1861), il re seppe mantenere la giusta distanza fra le varie proposte risorgimentali: alla fine prevalse la strada monarchica legata alla dinastia dei Savoia, re di Sardegna e poi appunto d’Italia.
‘Libertà’ e ‘Unità’ furono i valori guida del Risorgimento, di cui Vittorio Emanuele II si fece carico fin dal 1849. Libertà voleva dire l’emancipazione dal dominio straniero, in particolare dall’Impero Austro-Ungarico. Unità la ricomposizione in un solo organismo della secolare frammentazione politica della Penisola.
Il dibattito sul ruolo di Roma nel processo unitario, o ‘questione romana’, dominò l’intero Risorgimento. Il dibattito si risolse il 20 settembre 1870, quando i bersaglieri italiani penetrarono in città attraverso la breccia di Porta Pia. La breccia pose fine al potere temporale dei pontefici: di lì a poco, il 1° luglio 1871, Roma divenne la nuova capitale del Regno.
Vittorio Emanuele II morì il 9 gennaio 1878, al termine di una breve agonia. I giorni successivi apparvero cruciali per organizzarne il rito funebre e la commemorazione. Mentre il corpo del re veniva seppellito nel Pantheon, il Governo iniziò a progettare sempre a Roma il futuro Vittoriano, ovvero un monumento in grado di celebrare degnamente il Padre della Patria.