Palazzetto
Costruito nella seconda metà del quindicesimo secolo come viridarium, o giardino segreto del papa, il Palazzetto venne spostato e rimontato pietra su pietra ai primi del ventesimo, per far spazio a piazza Venezia
Il Palazzetto è il secondo corpo di fabbrica principale del complesso che va sotto il nome di Palazzo Venezia. Concepito nel quindicesimo secolo, esso ha oggi collocazione, funzioni e anche forme piuttosto differenti dalle originarie. Il progetto e la costruzione sono da fissarsi nei mesi successivi al 1464, ovvero dopo l’elezione di Pietro Barbo al soglio pontificio con il nome di Paolo II (1464-1471). A quel tempo esso sorgeva qualche decina di metri più a est – vale a dire ben dentro l’odierna piazza Venezia – e costituiva una sorta di avancorpo del palazzo: lo spigolo di collegamento si trovava in coincidenza della Torre della Biscia.
Il pontefice lo intese come viridarium o giardino pensile segreto, cui poteva accedere direttamente dal proprio appartamento. Egli inoltre vi sistemò l’appartamento del suo familiare, il cardinale Marco Barbo (1420-1491). L’impianto leggermente trapezoidale era cinto da un doppio ordine di logge porticate, aperte sia verso l’interno che verso l’esterno.
Al riparo dei portici il papa aveva raccolto antichità classiche. Al centro dei bracci del primo ordine erano collocate quattro sculture antropomorfe, forse rappresentanti Teste di venti, oggi nella Loggia grande. La zona centrale verdeggiava grazie a un agrumeto e a siepi di forma geometrica: qui, nel novembre-dicembre 1466, Antonio da Brescia (notizie dal 1464 al 1475) collocò una vera da pozzo con le armi di Marco Barbo.
Profondi cambiamenti vennero apportati da Paolo III (1534-1546), il quale, chiuse le arcate del loggiato, attraverso un passetto, cioè un corridoio sopraelevato, collegò questo corpo di fabbrica a una torre fortificata posta in cima al Campidoglio, la Torre di Paolo III. Sia il passetto che la torre furono demoliti già allo scadere del diciannovesimo secolo: oggi possono riconoscersi solo in dipinti e vecchie fotografie.
Con il passaggio nel 1564 del palazzo alla Repubblica di Venezia, anche il viridarium diventò appannaggio degli ambasciatori. Durante l’epoca napoleonica il console del Regno d’Italia Giuseppe Tambroni (1773-1824) e Antonio Canova (1757-1822) crearono proprio all’interno del Palazzetto l’Accademia di Belle Arti del Regno Italico: qui dovevano trovare ospitalità i migliori artefici provenienti dalle Accademie di Belle Arti di Milano, Venezia e Bologna.
L’insieme subì profonde alterazioni fra il 1910 e il 1913, necessarie per realizzare piazza Venezia. Dopo una serie di opzioni alternative, si decise di smontare il Palazzetto pietra su pietra e di rimontarlo nella sede odierna. Il romano Camillo Pistrucci (1856-1927), l’austriaco Ludwig Baumann (1853-1936) e l’ungherese Jaques Oblatt diressero i lavori. Ogni elemento venne numerato per poi essere ricollocato nella sua posizione originaria.
La ricostruzione novecentesca risultò leggermente più piccola e a pianta quadrata, cosa che fra l’altro costrinse a rinunciare alle mensole con Teste di venti, ricoverate nella Loggia grande. All’interno del giardino, intorno alla vera da pozzo quattrocentesca di Antonio da Brescia, gli architetti ricrearono l’ambientazione rinascimentale piantumando siepi di alloro in forma geometrica e alberi di agrumi. La presenza di cipressi particolarmente grandi si deve al contrario alla moda otto-novecentesca.
Attualmente il Palazzetto ospita una parte della splendida raccolta di opere d’arte applicata del Museo. Fra le maioliche vale segnalare il bacile con lo stemma del cardinale Marco Barbo proveniente dall’altana, il Piatto di Francesco Xanto Avelli e il Corredo da spezieria proveniente da Montefiascone.
Fra i bronzetti le collezioni già di Alfredo Barsanti (1877-1946) che comprendeva il Caprone del Riccio, e di Giacinto Auriti (1883-1969). Fra le terrecotte e cartapeste I miracoli di San Marco di Jacopo Sansovino e le collezioni dello studioso Ludwig Pollack (1868-1943) e del cantante Evan Gorga (1865-1957).
La collezione Gorga, in particolare, comprende 120 bozzetti e modelli dal XVII al XVIII secolo, tra cui alcuni di Alessandro Algardi (1598-1654) e Gian Lorenzo Bernini, come l’Angelo con il Titolo per ponte Sant’Angelo e il Modello per la memoria di suor Maria Raggi.
All’esterno della loggia al secondo piano è esposto il cosiddetto Lapidarium, qui sistemato nel 2006 da Maria Giulia Barberini. Si tratta di una raccolta di marmi dall’antichità al Rinascimento, provenienti dagli sterri eseguiti per lo spostamento del Palazzetto e da alcune collezioni, come quella del Museo Artistico Industriale. Fra gli altri si segnalano una Vera da pozzo, databile tra il IX-X secolo, già nella chiesa di Sant’Agata al Quirinale, la Transenna di Santa Maria dell’Aracoeli, datata 1372 e la Vasca da lavabo attribuita a Mino da Fiesole (1429-1484).