Turibolo
Manifattura dell'Italia settentrionale Fine XII-inizio del XIII secolo
Di forma sferica, questo turibolo poggia su una base tronco-conica e presenta su entrambe le calotte che lo compongono una identica scansione della superfice esterna consistente in sei sporgenze triangolari aggettanti alternate a riquadri rettangolari. Questi ultimi, dai bordi perlinati, sono attraversati da clipei ospitanti palmette, l’Agnus Dei, coppie di uccelli affrontati. Solo nella calotta superiore, sormontata da una lanterna ad archetti, gli spazi intorno a tali clipei sono lavorati a giorno. Non sono pervenute le catenelle un tempo poste in corrispondenza dei tre ganci superstiti.
Di forma sferica, questo turibolo poggia su una base tronco-conica e presenta su entrambe le calotte che lo compongono una identica scansione della superfice esterna consistente in sei sporgenze triangolari aggettanti alternate a riquadri rettangolari. Questi ultimi, dai bordi perlinati, sono attraversati da clipei ospitanti palmette, l’Agnus Dei, coppie di uccelli affrontati. Solo nella calotta superiore, sormontata da una lanterna ad archetti, gli spazi intorno a tali clipei sono lavorati a giorno. Non sono pervenute le catenelle un tempo poste in corrispondenza dei tre ganci superstiti.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Citato da Federico Hermanin (1948, p. 298) come opera bizantina dell’XI secolo, questo turibolo rientra all’interno di un gruppo coerente di manufatti che negli ultimi decenni è stato al centro di interventi risolutivi in merito alla datazione e alla collocazione geografica. Nonostante il rinnovato interesse verso l’argomento, però, l’esemplare di Palazzo Venezia è rimasto ignoto e non figura nel corpus dei turiboli romanici in bronzo di Hiltrud Westermann-Angerhausen (2014). Effettivamente tale repertorio può essere considerato il contributo più rilevante per lo studio di questi materiali e ad esso si deve una rigorosa periodizzazione e classificazione in botteghe dei pezzi considerati. Quello che qui si presenta rientra all’interno di un insieme caratterizzato dall’alternanza tra proiezioni triangolari aggettanti e fascette con motivi ornamentali o raffigurazioni di santi stanti. Il gusto per l’avvicendamento di riquadri verticali con motivi ornamentali fitomorfi e riquadri con raffigurazioni di santi è stato ricondotto all’ambito bizantino dove una soluzione di questo tipo compare nel contesto della produzione orafa e nella toreutica. Westermann-Angerhausen (2014, p. 194) a questo proposito aveva richiamato come riferimento il reliquiario di san Demetrio del Cremlino di Mosca: un'opera bizantina della metà dell’XI secolo dove le rappresentazioni dei santi sono inframezzate da spazi verticali con palmette. Le botteghe responsabili della fusione dei turiboli afferenti a tale insieme sono state localizzate nell’Italia centro-settentrionale con una data che abbraccia i secoli XII e XIII (Hueck 1982, p. 182, n. 11.5; Del Grosso 2012, pp. 29-32). In effetti i motivi ornamentali presenti su questi manufatti sono ben radicati nella produzione artistica italiana centro-settentrionale. Le palmette, per esempio, compaiono nei tessuti ma anche nella produzione orafa romanica e della prima età gotica, mentre gli uccelli entro clipei, da soli o a coppie, deriverebbero dagli analoghi soggetti delle patere veneziane (Westermann-Angerhausen 2014, pp. 129-133). Effettivamente la permanenza di tali elementi ornamentali in vari contesti della produzione artistica italiana, nonché la provenienza dalle regioni centro-settentrionali pressoché condivisa da tutti i pezzi superstiti afferenti a questo insieme ha fatto sì che l’ipotesi di una fabbricazione italiana resti a oggi quella più condivisibile. Le officine attive nella fusione di piccoli bronzi poterono trovarsi sia in Italia settentrionale – dove in età romanica questo ambito della produzione artistica fu assai florido – sia nell’Italia centrale, in uno spazio che è stato indicato tra Toscana e fascia appenninica (Del Grosso 2012, pp. 29-32). L’officina che si misurò nella produzione di turiboli di questo tipo dovette comunque operare su larga scala, producendo esemplari dai caratteri omogenei attraverso un processo produttivo assai stereotipato che prevedeva parti fuse separatamente, come le baccellature o le lanterne apicali, poi assemblate alle calotte bronzee. I confronti più stringenti per il turibolo romano possono istituirsi con gli esemplari del Museo del Bargello di Firenze (Westermann-Angerhausen 2014, p. 199, n. II o 17), con uno di collezione privata (Westermann-Angerhausen 2014, p. 199, n. II o 19) e con quello dello Schnütgen Museum di Colonia che, tra l’altro, porta un clipeo con un identico motivo di volatile di profilo (Westermann-Angerhausen 2014, p. 200, n. II o 24). Un turibolo dell’Ermitage di San Pietroburgo, oltre a costituire un termine di paragone per la scansione della superfice e per i motivi ornamentali, replica in maniera assai precisa la lanterna a pianta quadrata presente nella parte apicale dell’esemplare di Palazzo Venezia (Westermann-Angerhausen 2014, p. 202, n. II o 32). Tutte queste attestazioni sono datate tra la fine del XII secolo e gli inizi del successivo: tale cronologia, quindi, si confà perfettamente anche per l’esemplare di Palazzo Venezia nel contesto di una officina attiva nell’Italia centro-settentrionale.
Giampaolo Distefano
Stato di conservazione
Buono.
Bibliografia
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948;
Hueck Irene, L’oreficeria in Umbria dalla seconda metà del secolo XII alla fine del secolo XIII, in Pirovano Carlo, Porzio Francesco, Selvafiorita Ornella (a cura di), Francesco d’Assisi. Storia e arte, III, catalogo della mostra (Assisi, Sacro Convento, luglio-novembre 1982), Milano 1982, pp. 168-187;
Del Grosso Andrea, Chi ama brucia: turiboli toscani del Medioevo, Pisa 2012;
Westermann-Angerhausen Hiltrud, Mittelalterliche Weihrauchfässer von 800 bis 1500, Petersberg 2014.