Trittico con la Vergine, il Bambino e i santi Pietro e Paolo

Bottega degli Embriachi Fine XIV-inizio del XV secolo

Il corpo centrale del trittico, cuspidato e privo della sua base di origine, ospita la Vergine che con il braccio sinistro sorregge il Bambino e con il destro gli porge un fiore. Alla destra si trova san Paolo, alla sinistra san Pietro. La parte apicale di ogni anta è invece occupata da architetture. Questi elementi del trittico, incernierati tra di loro con cappietti ribattuti, sono profilati da cornici a tarsia con un motivo a spina di pesce e uno a stelle a cinque punte. Le tracce di mastice sul retro risalgono a un momento in cui l’opera dovette essere fissata a un sostegno poi rimosso.

Il corpo centrale del trittico, cuspidato e privo della sua base di origine, ospita la Vergine che con il braccio sinistro sorregge il Bambino e con il destro gli porge un fiore. Alla destra si trova san Paolo, alla sinistra san Pietro. La parte apicale di ogni anta è invece occupata da architetture. Questi elementi del trittico, incernierati tra di loro con cappietti ribattuti, sono profilati da cornici a tarsia con un motivo a spina di pesce e uno a stelle a cinque punte. Le tracce di mastice sul retro risalgono a un momento in cui l’opera dovette essere fissata a un sostegno poi rimosso.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Trittico con la Vergine, il Bambino e i santi Pietro e Paolo Ambito Bottega degli Embriachi Data oggetto: Fine XIV-inizio del XV secolo Materiale: Legno, Osso con minime tracce di policromia, Osso Tecnica: Intaglio Dimensioni: altezza 22 cm; larghezza 18,5 cm
Tipologia: Avori Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 1584

I manufatti realizzati con lamelle in osso di bovino intagliate e accostate su supporti lignei profilati da bande ornamentali a tarsia da anni sono riconosciuti negli studi come dei prodotti della cosiddetta bottega degli Embriachi. Questa prende il nome da Baldassarre Ubriachi, un mercante fiorentino che, prima a Firenze e poi a Venezia, gestì l’attività di un grande laboratorio, diretto almeno nella sua prima fase dall’intagliatore fiorentino Giovanni di Jacopo. A oggi le uniche opere certamente riferibili agli Embriachi per via documentaria sono i cassoni e il grande trittico licenziati nel 1400 per la certosa di Pavia su commissione di Gian Galeazzo Visconti. Accanto a tale produzione connessa a committenze aristocratiche la bottega rispose anche alla richiesta di una clientela borghese, legata al contesto urbano delle città della fine del XIV secolo. Se i cofanetti nuziali rappresentano i manufatti oggi più attestati, non di secondo piano dovette essere la produzione di trittici destinati alla devozione privata. Alcuni di questi esibivano complessi cicli figurativi disposti su due ordini con la rappresentazione di scene evangeliche; altri, proprio come nel caso qui in oggetto, portavano invece una raffigurazione centrale – solitamente la Crocifissione o la Vergine con il Bambino – con angeli e santi negli sportelli laterali. Tali trittici sono solitamente datati tra la fine del XIV secolo e gli inizi del successivo (Merlini 1991; Tomasi 2010, pp. 90-96). A livello iconografico il trittico di Palazzo Venezia vede l’accostamento tra la Vergine e i santi Pietro (con le chiavi e il libro) e Paolo (con il libro, la spada e la lunga barba). Tale soluzione nel corpus dei trittici embriacheschi ricorre come una delle formulazioni iconografiche più diffuse. Maria nello scomparto centrale (con o senza altri santi) e Pietro e Paolo nei due sportelli laterali si ritrovano nei trittici del Museo Civico di Brescia (Guido 2001, p. 41), dei Musei Vaticani (Guido 2001, p. 33), del Museo del Tesoro della cattedrale di Monza (Guido 2001, p. 38) e della collezione Cini di Venezia (Tomasi 2016). Pietro e Paolo compaiono ugualmente ai lati della Crocifissione nel trittico del Tiroler Landesmuseum di Innsbruck (Merlini 1991, p. 59, fig. 18) e in quello della cattedrale di Avignone (Tomasi 2010, p. 407, fig. 29). La presenza dei principi degli apostoli ai lati della Vergine non è necessariamente da interpretare come indice di una committenza romana come è stato suggerito (Castellani 2016, p. 25); Michele Tomasi (2016) ha proposto di leggere tale accostamento come un inno a Maria come Ecclesia. Ancora da un osservatorio iconografico è da sottolineare che il trittico di Palazzo Venezia è il solo, tra quelli noti, a raffigurare Maria nell’atto di offrire un fiore al Figlio, mentre è generalmente colta nel momento in cui porge al Bambino un volatile, coerentemente ai modelli pittorici e scultorei diffusi al tempo a Firenze, città di origine almeno dei primi intagliatori embriacheschi. Da un punto di vista stilistico la Vergine dell’altarolo in oggetto si apparenta a quella intagliata su un frammento di trittico del Museo Nazionale di Ravenna (Martini 1993) e alla Madonna di un trittico del British Museum di Londra (Dalton 1909, p. 135, n. 396). Queste figure, dalla veste poco scollata e fermata appena sopra il punto vita, condividono una solida costruzione dove il panneggio disegna pieghe taglienti che si spezzano nel momento in cui toccano terra. Anche per i santi Pietro e Paolo è possibile richiamare dei confronti, soprattutto per la chioma a calotta di Pietro che si reperisce, tra le altre attestazioni, nel san Pietro del trittico di Innsbruck (Merlini 1991, p. 59, fig. 18). Le architetture rappresentate nel trittico – un palazzo con una torre al di sopra della Vergine, una costruzione con un tetto a salienti nelle ante minori – per quanto stilizzate trovano confronti puntuali in altri trittici embriacheschi, come si vede, per esempio, nei registri inferiori degli sportelli laterali del grande trittico del Royal Ontario Museum di Toronto (inv. 921.8.1). In generale tale peculiare modo di rappresentare le architetture si spiega alla luce della cultura fiorentina degli intagliatori responsabili della prima fase dell’attività della bottega (Tomasi 2001, pp. 54-55). Questa osservazione orienterebbe quindi a datare il trittico tra la fine del Trecento e i primi anni del secolo successivo. Sebbene tale datazione precoce sia stata messa in discussione (Bernardini 1917, p. 41), una realizzazione dell’altarolo di Palazzo Venezia nei primissimi anni del XV secolo può essere accolta, alla luce della differenziazione stilistica con la quale la bottega seppe confrontarsi sin dai primi decenni della sua attività.  

Giampaolo Distefano

Si registra la perdita della base. 

 

Priverno, Abbazia di Fossanova, Il trittico della bottega degli Embriachi del Museo Nazionale di Palazzo di Venezia. Depositi in mostra #5 dal Museo Nazionale di Palazzo di Venezia, 13 ottobre-12 dicembre 2016.

Dalton Ormonde Maddock, Catalogue of the Ivory Carvings of the Christian Era with Examples of Mohammedan Art and Carvings in Bone in the Department of British and Mediaeval Antiquities and Ethnography of the British Museum, London 1909;
Bernardini Giorgio, Il nuovo Museo di Palazzo Venezia. Arte Bizantina - Oggetti in osso e in avorio, in «Rassegna d’arte», XVII, 1917, pp. 25-44;
Morey Charles Rufus, Gli oggetti di avorio e di osso del Museo Sacro Vaticano, Città del Vaticano 1936, p. 36, fig. 34;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 293;
Merlini Elena, I trittici portatili della “Bottega degli Embriachi”, in «Jahrbuch der Berliner Museen», 33, 1991, pp. 47-62;
Martini, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 72-73, n. 28;
Tomasi Michele, La bottega degli Embriachi, Firenze 2001;
Guido Sante, La Bottega degli Embriaghi: attorno al restauro di un piccolo trittico del Museo Cristiano Vaticano, in «Beni Culturali», 6, 2001, pp. 33-41;
Tomasi Michele, Monumenti d’avorio. I dossali degli Embriachi e i loro committenti, Pisa 2010;
Castellani Paolo, Bottega degli Embriachi, in Castellani Paolo (a cura di) Il trittico della bottega degli Embriachi del Museo Nazionale di Palazzo di Venezia. Depositi in mostra #5 dal Museo Nazionale di Palazzo di Venezia, Roma, catalogo della mostra (Priverno, Abbazia di Fossanova, 13 ottobre-12 dicembre 2016), Cinisello Balsamo 2016, pp. 24-25;
Tomasi, in Bacchi Andrea, De Marchi Andrea (a cura di), La Galleria di Palazzo Cini. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, Venezia 2016, pp. 274-275, n. 68.

 

 

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