San Giovanni Battista; San Settimio
Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro Circa 1440
Il San Giovanni Battista (a) e il San Settimio (b) erano parte di un trittico, il cui elemento centrale era costituito da una Madonna con il Bambino rimasta nella cittadina marchigiana di Jesi e proveniente da una chiesa ora scomparsa del territorio. Queste opere sono oggi concordemente ritenute una prova della prima attività, intorno al 1440, di Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro, uno degli ultimi maestri del linguaggio tardogotico nelle Marche.
Il San Giovanni Battista (a) e il San Settimio (b) erano parte di un trittico, il cui elemento centrale era costituito da una Madonna con il Bambino rimasta nella cittadina marchigiana di Jesi e proveniente da una chiesa ora scomparsa del territorio. Queste opere sono oggi concordemente ritenute una prova della prima attività, intorno al 1440, di Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro, uno degli ultimi maestri del linguaggio tardogotico nelle Marche.
Dettagli dell’opera
(b) San Settimio: altezza cm 119,50; larghezza cm 41,70.
Scheda di catalogo
Le figure di San Giovanni Battista (a) e quella di San Settimio (b) sono dipinte su un supporto spesso 2,5 cm, cui sono sovrapposte cornici di 1,5 cm. Le incorniciature, la cui conformazione asimmetrica nella parte alta dimostra che i pannelli chiudevano a un'estremità la pala d’altare, appaiono in larga parte originali, sebbene ridorate. Due fori per l’alloggiamento dei perni di congiunzione tra queste tavole e la centrale si trovano nel San Giovanni Battista sul lato destro, rispettivamente a cm 33 e cm 82 dal margine inferiore; e nel San Settimio sul lato sinistro, a 30 cm e 80 cm dal margine inferiore. Sul verso di entrambi, inoltre, si notano due chiodi ribattuti per l’aggancio delle cornici e un chiodo spezzato che fissava una traversa, alta 7 cm e collocata a circa 10 cm dal margine superiore.
San Giovanni Battista compare nella sua consueta iconografia, con un ampio manto rosato gettato sulla pelle di cammello, la mano destra rivolta verso le figure centrali del polittico. San Settimio, martire e protovescovo della città marchigiana di Jesi della cui cattedrale è titolare, è rappresentato in paramenti episcopali, con mitria, pastorale e piviale, in atto di benedire, senza alcun attributo specifico. La conservazione di entrambe le tavole è buona: la foglia d’oro ha mantenuto la sobria decorazione originale, nei nimbi dalla fitta razzatura interna e nelle bordure delle vesti percorse da punzoni in forma di fiori a sei petali.
Fin dalla prima segnalazione a stampa, nel catalogo dei dipinti redatto da Antonino Santangelo (1947), fu indicata, su suggerimento di Federico Zeri, la pertinenza di questi due scomparti al trittico che aveva al centro la Madonna con il Bambino in trono esposta allora nel Museo Civico (oggi in quello Diocesano) di Jesi: questa tavola possiede in effetti tutti i requisiti necessari, essendo dello stesso momento dell’attività di Giovanni Antonio da Pesaro (cfr. inv. 10225 per un profilo biografico del pittore), di altezza leggermente maggiore dei due laterali (138 x 90 cm) e dotata di una cornice simile, differenziata solo nella sagoma, a tutto tondo anziché trilobata. Questo collegamento ha permesso inoltre di riconoscere nella generica figura di vescovo della tavola (b) proprio Settimio di Jesi, identificazione confermata dalla rigogliosa lettera "S" ripetuta in doratura a missione su tutto il piviale. Grazie alla storia della tavola centrale, di cui si è preservata la memoria in sede locale, si risale alla provenienza del trittico dalla scomparsa chiesa rurale di Sant’Amico in località Gangalia, non lontano dalla moderna Santa Maria del Colle; non escluderei peraltro, in considerazione dell’assenza di sant’Amico e della presenza invece del santo titolare del duomo, che il trittico – in origine più imponente perché fornito di un coronamento, difficile da ricostruire in dettaglio ma sicuramente accennato dai particolari delle carpenterie di Palazzo Venezia nonché imposto dagli usi del tempo – fosse destinato alla cattedrale stessa e venisse dunque relegato solo in un secondo tempo nella cappella di campagna.
Sulla paternità dei due pannelli Santangelo mantenne un dubbio, riferendoli a un "pittore marchigiano, intorno al 1460-70" nell’intestazione, ma riportando il parere di Zeri in favore di Bellinzoni, parere poi espresso a chiare lettere da quest’ultimo studioso l’anno seguente (Zeri 1948) e condiviso da tutta la critica successiva. Altrettanto unanime, sulla scia di Berardi (1988), è la datazione del trittico a un’epoca piuttosto alta, agli anni cioè della documentata collaborazione tra Giovanni Antonio e lo sfuggente padre Giliolo intorno al 1440. I grandi occhi sbarrati dei due personaggi richiamano in modo particolare gli scomparti superstiti del polittico di Gabicce (Pesaro, Museo Civico), ritenuto tra le più antiche opere di Bellinzoni giunte fino a noi.
Matteo Mazzalupi
Scheda pubblicata il 27 Marzo 2025
Stato di conservazione
Buono.
Iscrizioni
(a) Sul cartiglio: «ecce agn(us) dei ecce qui toll(it peccata mundi)»;
(b) ripetuta molte volte sul piviale, in oro: «S(eptimius)».
Stemmi emblemi e marchi
(a) Sul retro, in arancione: "2115";
sul retro, a matita: "58".
(b) sul retro, in arancione: "2116" ;
sul retro, a matita: "59".
Provenienza
Jesi (dintorni), chiesa di Sant’Amico (distrutta);
Roma, Tommaso Lupi;
Roma, Giovanni Armenise, fino al 1940;
dono di quest’ultimo allo Stato italiano, 1940.
Bibliografia
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1947, p. 38;
Zeri Federico, Giovanni Antonio da Pesaro, in «Proporzioni», II, 1948, pp. 164-167;
Berardi Paride, Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro, Fano 1988, pp. 55-56;
Perlini, in Paoletti Gloriano, Perlini Antonella (a cura di), La Chiesa di Jesi, "tanta egregia e sublime arte", Jesi 2000, pp. 52-53;
Galeazzi Sergio, Perlini Antonella, Urieli Costantino, Guida al Museo Diocesano di Jesi, Jesi 2001, p. 20;
Minardi, in Costanzi Costanza (a cura di), Le Marche disperse. Repertorio d’arte dalle Marche al mondo, Cinisello Balsamo 2005, p. 128, n. 72;
Marchi Alessandro, La Crocifissione di Polverigi. Giovanni Antonio da Pesaro nella Marca d’Ancona, in De Marchi Andrea, Mazzalupi Matteo (a cura di), Pittori ad Ancona nel Quattrocento, Milano 2008, pp. 210-223.