Presentazione di Gesù al tempio

Galeazzo Mondella detto il Moderno 1490-1495 circa

In mostra presso Palazzo Venezia

La Presentazione di Gesù al tempio è opera dell’orafo veronese Galeazzo Mondella detto Moderno ed è databile all’ultimo decennio del Quattrocento. La placchetta, forse realizzata a Mantova, dimostra l’acquisizione degli stimoli artistici norditaliani a partire da Andrea Mantegna. Per l’ariosa architettura voltata si possono evocare le ricerche spaziali della seconda metà del secolo e chiamare in causa le pale d’altare venete, come quella di Bartolomeo Montagna per la chiesa di San Bartolomeo a Vicenza.

La Presentazione di Gesù al tempio è opera dell’orafo veronese Galeazzo Mondella detto Moderno ed è databile all’ultimo decennio del Quattrocento. La placchetta, forse realizzata a Mantova, dimostra l’acquisizione degli stimoli artistici norditaliani a partire da Andrea Mantegna. Per l’ariosa architettura voltata si possono evocare le ricerche spaziali della seconda metà del secolo e chiamare in causa le pale d’altare venete, come quella di Bartolomeo Montagna per la chiesa di San Bartolomeo a Vicenza.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Presentazione di Gesù al tempio Autore: Galeazzo Mondella detto il Moderno Data oggetto: 1490-1495 circa Materiale: Bronzo Tecnica: Fusione a cera persa Dimensioni: altezza 10,15 cm; larghezza 6,45 cm
Tipologia: Bronzi Acquisizione: 1963 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 10828

La Presentazione di Gesù al tempio illustra il momento in cui Maria e Giuseppe portano il piccolo Gesù al tempio di Gerusalemme al cospetto del sacerdote Simeone, come narrato nel Vangelo di Luca. La scena si svolge entro un’architettura armoniosa con una volta a costoloni impostata su archi e pilastri, con la delimitazione in profondità di un catino absidale. Oltre ai tre protagonisti della scena (Simeone, Gesù, Maria), due coppie di personaggi si stagliano in secondo piano: due uomini dietro a Simeone, due donne dietro alla Vergine. L’iconografia del soggetto segue la tradizione fissata da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova, con il Bambino che viene dato in braccio al sacerdote e si divincola per tornare dalla madre, aggrappandosi al suo braccio. A catturare lo sguardo è il suggestivo altare decorato all’antica con sfingi, palmette e medaglioni ("the superb fictive sculptural ornament of the altar frontal", Lewis 1989), mentre sul pavimento si muovono tre vivaci cagnolini. La Presentazione fa parte di una serie di placchette dell’artista dedicate alla vita di Cristo, di cui anche l' Adorazione dei Magi, la Flagellazione, le Crocifissione e la Resurrezione sono  attestate in esemplari nel Museo di Palazzo Venezia (inv. 10827, inv. 10829, inv. 10830 e inv. 10831) provenienti dalla collezione viennese dell’ambasciatore Giacinto Auriti (Santangelo 1964; Cannata 1982). Inizialmente la critica (Middeldorf, Goetz 1944) aveva letto questa serie cristologica in rapporto alla cultura artistica milanese segnata da Leonardo, ma tale suggerimento è stato accantonato a partire da Pope-Hennessy (1965), a eccezione di Rossi (2007). Cannata (1982) ha proposto che la composizione e la costruzione architettonica siano influenzate dall’arte d’Oltralpe conosciuta da Galeazzo Mondella detto il Moderno (1467-1528) tramite le stampe, senza tuttavia specificare dei riferimenti precisi. Più convincentemente Lewis (1989) ha ricollegato la composizione alla cultura artistica veneta, e in particolare a modelli pittorici di Antonio Vivarini del quinto decennio del XV secolo, e ha segnalato il rapporto tra le figure della Madonna e del Bambino e quelle della Circoncisione di Andrea Mantegna nel trittico in origine a Mantova e oggi agli Uffizi. Si può inoltre rilevare che anche la nobile spazialità architettonica della placchetta sembra ispirata alle pale d’altare venete di fine Quattrocento, esemplate sui modelli di Piero della Francesca e di Antonello da Messina. Nell'architettura monumentale, l’esempio più vicino alla placchetta sembra essere la pala di Bartolomeo Montagna eseguita per la chiesa di San Bartolomeo a Vicenza e oggi nel Museo Civico di Palazzo Chiericati nella stessa città, che presenta un arioso padiglione voltato e costolonato. Il dipinto risale al 1485 circa e può segnare un terminus post quem per l’esecuzione della placchetta bronzea, del resto già collocata dalla critica negli ultimi due decenni del Quattrocento. In passato, valenze simboliche sono state assegnate alle sfingi che ornano l’altare, intese come allusione all’eternità della vita dopo la morte, mentre i tre cani sono stati chiamati in causa a rappresentare la Carità, l’Amore e l’Amicizia oppure la derisione di Cristo (Lewis 1989, p. 136, n. 148). Interessante ma in attesa di approfondimenti è l’ipotesi di Rossi (2007), secondo cui le sfingi e i cani potrebbero alludere agli emblemi dei Gonzaga, e questo permette quindi di collocare la realizzazione della placchetta a Mantova su committenza dei marchesi.Tra i numerosi esemplari (Wixom 1975) si segnalano quelli: a Parigi (Molinier 1886), a Berlino (Bange 1922), a Cleveland (Wixom 1975), a Londra (Pollard 1989), al Bargello di Firenze (Toderi, Vannel Toderi 1996), a Torino (A.S.F. 1982), a Washington (Lewis 1989) e a Oxford (Warren 2014). Pope-Hennessy (1965) pubblicava una variante di questa placchetta con le superfici lavorate a indicare i blocchi di pietra delle murature.

Giulio Pietrobelli

Scheda pubblicata il 27 Marzo 2025

Buono. Patina naturale bruna, tracce di lacca scura.

Vienna, Collezione Giacinto Auriti, formata tra il 1922 e il 1933, n. 5;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, donazione del 1963.

Molinier Émile, Les bronzes italiens de la Renaissance. Les plaquettes. Catalogue raisonné, Paris 1886, I, pp. 126, 128, n. 169;
Bange Ernst Friedrich (a cura di), Die Italienischen Brozen der Renaissance und des Barock: Riliefs und Plaketten, Berlin 1922, II, p. 62, n. 452, tav. 48;
Maclagan Eric, Victoria & Albert Museum. Catalogue of Italian Plaquettes, London 1924, p. 29, n. 4081-1857, tav. 8;
De Ricci Seymour, The Gustave Dreyfus Collection. Reliefs and Plaquettes, Oxford 1931, pp. 129-130, nn. 167-168;
Imbert Eugenio, Morazzoni Giuseppe (a cura di), Le placchette italiane. Secolo XV-XIX. Contributo alla conoscenza della placchetta italiana, Milano 1941, n. 106, tav. 20;
Middeldorf Ulrich, Goetz Oswald, Medals and Plaquettes from the Sigmund Morgenroth Collection, Chicago 1944, p. 33, n. 229;
Cott Perry, Renaissance Bronzes: Statuettes, Reliefs and Plaquettes, Medals and Coins from The Kress Collection, Washington 1951, p. 151;
Santangelo Antonino, Museo di Palazzo Venezia. La collezione Auriti. Piccoli bronzi, placchette, incisioni e oggetti d’uso, Roma 1964, pp. 35-36;
Pope-Hennessy John, Renaissance Bronzes from the Samuel Kress H. Collection. Reliefs, Plaquettes, Statuettes, Utensils and Mortars, London 1965, p. 46, nn. 145-146, figg. 174-175;
Wixom William, Renaissance Bronzes from Ohio Collections, The Cleveland Museum of Art, Cleveland 1975, n. 41;
A.S.F., in Dagli ori antichi agli anni Venti. Le collezioni di Riccardo Gualino, catalogo della mostra (Torino, Palazzo Madama, Galleria Sabauda, dicembre 1982-marzo 1983), Milano 1982, p. 122 n. 58;
Cannata Pietro (a cura di), Rilievi e placchette dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, Museo di Palazzo Venezia, febbraio-aprile 1982), Roma 1982, pp. 49-50, n. 25;
Lewis Douglas, The Plaquettes of Moderno and His Followers, in «Studies in the History of Art», 22, 1989, pp. 105-141;
Pollard Graham, The Plaquette Collections in the British Museum, in «Studies in the History of Art», 22, 1989, pp. 227-245, n. 185; 
Toderi Giuseppe, Vannel Toderi Fiorenza, Placchette. Secoli XV-XVIII nel Museo Nazionale del Bargello, Firenze 1996, pp. 89-90, n. 158;
Rossi, in Di Lorenzo Andrea, Frangi Francesco (a cura di), La raccolta Mario Scaglia. Dipinti e sculture, medaglie e placchette da Pisanello a Ceruti, Cinisello Balsamo, Milano 2007, p. 64, n. 8;
Warren Jeremy (a cura di), Medieval and Renaissance Sculpture. A Catalogue of the Collection in the Ashmolean Museum, Oxford. Volume 3. Plaquettes, Oxford 2014, pp. 844-845, n. 300.

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