Pontefice sul faldistorio
Ambito angioino Primo quarto del XIV secolo
Il pontefice seduto su un faldistorio, decorato da protomi leonine, è abbigliato con casula, pallio e tunica. Calza una tiara con infule, tessuta geometricamente e qualificata da una corona e da un diadema percorso da pietre incastonate. È complesso stabilire con precisione la cronologia, l’identità del pontefice e la cultura figurativa di riferimento a causa dello stato conservativo piuttosto compromesso. L’unico dato che si può affermare con certezza è la sua funzione di scultura architettonica in quanto è evidente che in origine fosse collocata all’imposta di due archi contigui.
Il pontefice seduto su un faldistorio, decorato da protomi leonine, è abbigliato con casula, pallio e tunica. Calza una tiara con infule, tessuta geometricamente e qualificata da una corona e da un diadema percorso da pietre incastonate. È complesso stabilire con precisione la cronologia, l’identità del pontefice e la cultura figurativa di riferimento a causa dello stato conservativo piuttosto compromesso. L’unico dato che si può affermare con certezza è la sua funzione di scultura architettonica in quanto è evidente che in origine fosse collocata all’imposta di due archi contigui.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Un’interessante proposta di datazione agli inizi del XIV secolo è stata sostenuta da Visconti (1887) e suggerita indirettamente dalla Romanini (1969) che parla di una “sciolta eleganza tardogotica”. Accogliendo questa ipotesi, i modi transalpini della scultura, sicuramente prevalenti su quelli arnolfiani, potrebbero essere veicolati nell’Urbe dal Midi papale avignonese per il tramite della corte angioina di Roberto d’Angiò, capo del partito guelfo in Italia, capitano generale dell’esercito della Chiesa, vicario papale e sentore di Roma tra il primo quarto e gli anni trenta del XIV secolo.
Claudia D’Alberto
Stato di conservazione
Mediocre, come già indicato nella scheda OA di Alessandro Tomei del 1979. La scultura, molto danneggiata, è priva del collo, della parte inferiore del volto, degli avambracci e dei piedi.
Restauri e analisi
Restauri: 1953; 1973; 1984; 2002-2003.
In occasione del restauro del 1984 sono state eliminate le reintegrazioni in gesso del 1953 che connettevano la testa con il corpo. Le due parti sono state raccordate quindi da un perno in vetro resina tuttora funzionale. Sino al 1979 le tracce di doratura erano molto evidenti.
Provenienza
Nel 1887 Visconti pubblicò per la prima volta l’opera a seguito del suo ritrovamento presso il cosiddetto tempio di Minerva Medica nel quartiere romano dell’Esquilino. Ricoverata per alcuni anni al Museo di Castel Sant’Angelo, dal 1919 è conservata nel Museo di Palazzo Venezia. Per quanto riguarda il contesto architettonico di provenienza sono state avanzate delle ipotesi. Santangelo (1954) pensò a una loggia o a un tabernacolo mentre Garms (1979) a un portale per le dimensioni piuttosto ridotte della scultura, non tenendo però conto della lavorazione bifronte del pezzo.
Bibliografia
Visconti C.L., Trovamenti di oggetti d’arte e di antichità figurate, in «Bollettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma», 15, 1887, pp. 200-202;
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo delle sculture, Roma 1954, pp. 16-17;
Romanini Angiola Maria, Arnolfo di Cambio e lo “stil novo” del Gotico italiano, Milano 1969, p. 223
Garms Jörg, Bemerkungen zur römischen Skulptur des Mittelalter, in «Römische historische Mitteilungen», 21, 1979, pp. 145-159;
Gianandrea, in Barberini Maria Giulia, Tracce di Pietra. La collezione dei marmi di Palazzo Venezia, Roma 2008, pp. 209-211, n. XLVI.