Pluteo o paliotto frammentario con croce entro edicola

Ambito romano Metà del IX secolo

In mostra presso Palazzo Venezia

Pluteo o paliotto marmoreo frammentario con cornice a listello liscio, decorato da un’edicola con colonnette tortili, capitello fogliato e arco a tutto sesto ornato a guilloche, che incornicia una croce a intreccio con terminazioni a volute, affiancata da palmette con caulicoli e foglie baccellate e da rosette a incavo. L’arco è sormontato da una doppia fila divergente di onde ricorrenti e nei pennacchi reca un giglio e la parte tergale di un volatile.

Pluteo o paliotto marmoreo frammentario con cornice a listello liscio, decorato da un’edicola con colonnette tortili, capitello fogliato e arco a tutto sesto ornato a guilloche, che incornicia una croce a intreccio con terminazioni a volute, affiancata da palmette con caulicoli e foglie baccellate e da rosette a incavo. L’arco è sormontato da una doppia fila divergente di onde ricorrenti e nei pennacchi reca un giglio e la parte tergale di un volatile.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Pluteo o paliotto frammentario con croce entro edicola Ambito Ambito romano Data oggetto: Metà del IX secolo Materiale: Marmo bianco di Carrara, Marmo, Pietra Tecnica: Bassorilievo Dimensioni: altezza 90,2 cm; larghezza 82 cm; spessore 6,9 cm
Tipologia: Sculture Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 13607

La lastra frammentaria in marmo bianco di Carrara è con tutta probabilità la metà sinistra di un paliotto o di un pluteo di recinzione presbiteriale, decorato in origine da croci inquadrate da edicola e delimitato da una cornice a listello liscio e rilevato.
L’edicola è composta da due colonnine tortili, concluse da capitello fogliato, su cui si imposta un arco a tutto sesto ornato a guilloche. Su di esso corre una doppia fila di onde ricorrenti che divergono dal motivo centrale gigliato, noto alla plastica altomedievale romana come capitello eolico (Seminario 1976). Al centro si staglia una croce latina a intreccio, con estremità patenti e ampie terminazioni a volute, raccordata alla base, per mezzo di un motivo a onde, a due alberelli simili a palmette, disposti simmetricamente ai lati del braccio longitudinale. Specularmente, gli spazi di risulta al di sotto dell’arco sono occupati da due grosse rosette dai petali ora tondeggianti ora lanceolati, incassati al centro della corolla. Nei pennacchi si dispongono un giglio rovesciato e un volatile, di cui scorgiamo solo la parte tergale, con piume ben rilevate, zampa articolata e una lunga coda a incisioni parallele.
Il motivo ornamentale della croce sotto edicola è di origine paleocristiana e si ricollega all’iconografia dell’Anastasis (Pani Ermini 1974b), accogliendo su di sé un insieme complesso di valori simbolici (Roth-Rubi 2015), che rimandano all’albero della Vita (le palme che affiancano la croce), al Paradiso (l’edicola come porta del Paradiso), all’ordine cosmologico (le rosette come il sole e la luna) e alla salvezza per mezzo di Cristo (il sacrificio sulla croce). Appare mutuato nella plastica altomedievale romana già presso il recinto presbiteriale di San Pietro in Vaticano al tempo di Gregorio III (731-741; Guiglia Guidobaldi 2002; Ballardini 2008) e si diffonde capillarmente a Roma e nell’Italia centro-settentrionale nella prima metà del IX secolo. Vi si associano talora altri simboli, fitomorfi come palmette e gigli o zoomorfi, soprattutto uccelli come pavoni e colombe.
La metà mancante del volatile sul pennacchio destro e le sue dimensioni suggeriscono che la decorazione scolpita proseguisse su quel lato con un’edicola gemella (ipotesi ricostruttiva in Latini 2003, fig. 30): i possibili confronti chiamano in causa un frammento del Museo dell’Alto Medioevo (Melucco Vaccaro, Paroli 1995, fig. 29), alcuni frammenti da Santa Maria in Aracoeli (Pani Ermini 1974a, figg. 25 e 42, ma non il cosiddetto Paliotto dell’Aracoeli se deve essere ora considerato un falso, Gianandrea 2021), un frammento da San Giorgio al Velabro (Melucco Vaccaro 1974, fig. 16) e soprattutto un frammento da San Lorenzo fuori le mura (Broccoli 1981, fig. 176), tutti variamente agganciati al secondo quarto del IX secolo.
Sul piano tipologico e formale il pluteo o paliotto rivela la familiarità con un repertorio di modelli consolidato, ma denuncia altresì una disparità di qualità tra singoli elementi che fa capo a mani diverse non ugualmente esperte. Le rosette, ad esempio, appaiono ben disegnate e distinte nei due tipi a petali tondeggianti e lanceolati, così come di buona fattura è la figura, per quanto mutila, del volatile. Diversamente il braccio orizzontale della croce e le palmette sotto di esso attestano più di un’incertezza sul piano compositivo e nella tecnica d’intaglio.
Rosette con cuore a incavo sono già nel repertorio di ambito longobardo e compaiono a Roma fin dal tempo di Adriano I (772-795) negli arredi di Santa Maria in Cosmedin (Melucco Vaccaro 1974, fig. 106), ma è tra i frammenti dal Tempio Rotondo del Foro Boario (Melucco Vaccaro 1974, fig. 264), datati al secondo quarto del IX secolo, che rinveniamo una più sicura equivalenza. Allo stesso modo, le palmette che decorano al tempo di Leone III (795-816) l’arco di ciborio o pergula dai Santi Bonifacio e Alessio (Trinci Cecchelli 1976, figg. 16-17) appaiono molto meno convincenti come termini di paragone per il nostro frammento di quelle che ritroviamo in San Giovanni in Laterano (Melucco Vaccaro 1974, fig. 59) e in San Cosimato (Kautzsch 1939, fig. 58), ambedue riferite al secondo quarto del IX secolo.
Più complesso sembra poter rintracciare analogie con il volatile sul pennacchio di destra. La posizione tra due edicole si rinviene in altre lastre della prima metà del IX secolo, come nel pluteo dal Museo dell’Alto Medioevo (Melucco Vaccaro, Paroli 1995, fig. 29), ma la definizione dei particolari e la cura dell’intaglio richiamano il pavone e i volatili di una lastra conservata nel Museo di Roma (Betti 2003, fig. 7) e il pavone, meno raffinato del nostro nell’esecuzione ma anch’esso collocato nei pennacchi tra due edicole, del paliotto da Sant’Alessandro (Broccoli 1981, fig. 176), entrambi datati alla metà del IX secolo.
La lastra fu reimpiegata, come attesta l’epigrafe sul verso, in epoca non precisata e resta ugualmente sconosciuta la sua destinazione originaria, dal momento che dell’antica chiesa di San Trifone in posterula, poi Sant’Agostino in Campo Marzio, da cui risulta provenire (parte di un gruppo di opere che la Giunta liquidatrice dell’asse ecclesiastico aveva assegnato al Museo Artistico-Industriale con regio decreto del 1876), non conosciamo le vicende altomedievali. La chiesa, una fondazione dell’VIII-IX secolo, era stata ricostruita ab imo già nel 1006 dal prefetto dell’Urbe Crescenzio e dal 1287 era stata concessa agli agostiniani da papa Onorio IV, quindi obliterata nel XVIII secolo in occasione dell’ampliamento del convento degli Agostiniani (Picardi 2005).
Se da un punto di vista stilistico occorre riferire la lastra a un periodo a ridosso della metà del IX secolo, sarebbe suggestivo ipotizzare che la chiesa di San Trifone potesse essere stata oggetto di cure di quei papi, come Gregorio IV (827-844) e Leone IV (847-855), che, al termine di un glorioso percorso di riaffermazione del potere papale, rilanciarono i programmi di restauro e abbellimento degli edifici religiosi in Roma (Melucco Vaccaro 2001). Resta tuttavia una congettura difficile, stante l’assenza delle notizie per l’epoca di nostro interesse e alla luce del ruolo modesto che la chiesa sembra rivestire antecedentemente alla sua rifondazione bassomedievale (Hüls 1976).

Valentina Brancone

Buono. Resecato a destra e scalpellato su tre lati.

2002-2003: restauro a cura di Maria Giulia Barberini e Maria Selene Sconci, condotto in occasione dell’allestimento del Lapidarium del Museo di Palazzo Venezia.

Epigrafe incisa sul verso della lastra: «REVERENDI PATRES HUIUS / CANOBII MONUMENTO / LOCUM IN PERPETUUM / ASSIGNARUNT».

Roma, dalla chiesa di San Trifone in posterula, poi Sant’Agostino in Campo Marzio;
Roma, Museo Artistico-Industriale dal 1876;
Roma, Palazzo Venezia dal 1957.

Erculei Raffaele, Museo del Medio Evo e del Rinascimento per lo studio dell’Arte applicata all’Industria. Catalogo per l’anno 1876, Roma 1876, n. 789;
Roma, Archivio Storico Capitolino, Elenco degli oggetti d’arte che si conservano presso il Museo Artistico-Industriale, 1884. Allegato alla Delibera del Consiglio Comunale n. 13 del 27 ottobre 1884, n. 72;
Roma, Archivio della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Libro 5° dell’inventario, Fondo M.A.I., manoscritto a cura di V. Rosati, A. Ferrari, G. Ferrari, s.d. (primi anni del XX secolo), n. 33;
Ferrari Giulio, Museo Artistico Industriale di Roma. Catalogo delle collezioni, Roma 1906, p. 15, n. 32;
Roma, Archivio del Museo del Palazzo di Venezia, Resoconto della riunione per la concessione degli oggetti del Museo Artistico Industriale in deposito al Museo di Palazzo Venezia (5 agosto 1952, prof. E. Lavagnino, prof. A.M. Colini, dr. C. Pietrangeli, prof. A. Santangelo), con allegato inventario, n. 1222;
Seminario sulla tecnica e il linguaggio della scultura a Roma tra VIII e IX secolo, in Atti del simposio su Roma e l'Età carolingia, coordinato da Avagnina Maria Elisa, Istituto di Archeologia e Storia dell'arte, Roma 1976.

Kautzsch Rudolf, Die römische Schmuckkunst in Stein vom 6. bis zum 10 Jahrhundert, in «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», III, 1939, pp. 3-73;
Melucco Vaccaro Alessandra, La Diocesi di Roma, t. III, La II regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974;
Pani Ermini Letizia, La Diocesi di Roma, t. I, La IV regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974 (Pani Ermini 1974a);
Pani Ermini Letizia, La Diocesi di Roma, t. II, La raccolta dei Fori imperiali, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974 (Pani Ermini 1974b);
Macchiarella Gianclaudio et al., Seminario sulla tecnica e il linguaggio della scultura a Roma tra VIII e IX secolo, in a cura dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma, Roma e l’età carolingia. Atti delle giornate di studio 3-8 maggio 1976, Roma 1976, pp. 267-288;
Trinci Cecchelli Margherita, La Diocesi di Roma, t. IV, La I regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1976;
Hüls Rudolf, Sui primordi di S. Trifone a Roma, in «Archivio della Società Romana di Storia Patria», III s., 99 (1976), pp. 336-341;
Broccoli Umberto, La Diocesi di Roma, t. V, Il Suburbio, 1, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1981;
Melucco Vaccaro Alessandra, Paroli Lidia, La Diocesi di Roma, t. VI, Il Museo dell’alto Medioevo, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1995;
Melucco Vaccaro Alessandra, Le botteghe dei lapicidi: dalla lettura stilistica all’analisi delle tecniche di produzione, in Roma nell’Alto Medioevo, Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo, 48, Spoleto 2001, pp. 393-420;
Guiglia Guidobaldi Alessandra, La scultura di arredo liturgico nelle chiese di Roma: il momento bizantino, in Guidobaldi Federico, Guiglia Guidobaldi Alessandra (a cura di), Ecclesiae urbis. Atti del Congresso internazionale di studi sulle chiese di Roma (IV-X secolo), (Roma, 4-10 settembre 2000), III, Città del Vaticano 2002, pp. 1479-1524;
Betti Fabio, Sculture carolingie del Lapidario del Museo di Roma: materiale inedito e contesti di provenienza, in «Bollettino del Musei Comunali di Roma», XVII, n.s. 2003, pp. 142-161;
Latini Massimo, Sculture altomedievali inedite del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia in Roma, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 57, 2003, pp. 113-152;
Picardi Paola, Il caso di Sant’Agostino e Santa Maria del Popolo: relitti e rimozioni, in Garibaldi Vittoria, Toscano Bruno (a cura di), Arnolfo di Cambio. Una rinascita nell’Umbria medievale, Milano 2005, pp. 97-101;
Barberini Maria Giulia, Quintiliani Giulia, Raimondo Filippo, Palazzo Venezia, il Palazzetto e il suo Lapidarium. Un viaggio tra i frammenti della Storia di Roma, Roma 2006;
Ballardini Antonella, Scultura per l’arredo liturgico nella Roma di Pasquale I: tra modelli paleocristiani e Flechtwerk, in Quintavalle Arturo Carlo (a cura di), Medioevo: arte e storia, X Convegno internazionale di studi (Pavia, 18-22 settembre 2007), Milano-Parma 2008, pp. 225-246;
Latini Massimo, Catalogo, in Barberini Maria Giulia (a cura di), Tracce di pietra. La collezione dei marmi di Palazzo Venezia, Roma 2008, pp. 175-194, schede 1-29;
Roth-Rubi Katrin (in collaborazione con Sennhauser Rudolph), Die frühe Marmorskulptur aus dem Kloster St. Johann in Müstair, Ostfildern 2015;
Gianandrea Manuela, Riflessioni e qualche novità su alcune sculture altomedievali ora al Museo dell’Alto Medioevo a Roma, in D’Achille Anna Maria et al. (a cura di), Domus sapienter staurata. Scritti di storia dell’arte per Marina Righetti, Cinisello Balsamo 2021, pp. 176-183.

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