Placchetta originariamente parte di un trittico: san Pietro

Bottega di Baldassarre Ubriachi ? Primo quarto XV secolo

La placchetta raffigura san Pietro con un libro e due chiavi, suoi attributi iconografici. Il santo rivolge lo sguardo alla sua sinistra, in atteggiamento contemplativo. La figura poggia su una base profilata da due modanature cordonate, mentre la parte apicale è chiusa da una modanatura a doppio registro inciso. Di grande interesse la policromia: un pigmento bruno per barba e capigliatura, dorato per nimbo e chiavi. Un motivo ornamentale a fiori a cinque petali e fiori perlinati si ritrova sullo sfondo e sulla veste. Frammentaria l’iscrizione alla base, della quale si legge solo una "r".

La placchetta raffigura san Pietro con un libro e due chiavi, suoi attributi iconografici. Il santo rivolge lo sguardo alla sua sinistra, in atteggiamento contemplativo. La figura poggia su una base profilata da due modanature cordonate, mentre la parte apicale è chiusa da una modanatura a doppio registro inciso. Di grande interesse la policromia: un pigmento bruno per barba e capigliatura, dorato per nimbo e chiavi. Un motivo ornamentale a fiori a cinque petali e fiori perlinati si ritrova sullo sfondo e sulla veste. Frammentaria l’iscrizione alla base, della quale si legge solo una "r".

Dettagli dell’opera

Denominazione: Placchetta originariamente parte di un trittico: san Pietro Autore: Bottega di Baldassarre Ubriachi ? Data oggetto: Primo quarto XV secolo Materiale: Osso bovino, Osso Tecnica: Intaglio Dimensioni: altezza 15 cm; larghezza 3,8 cm
Tipologia: Avori Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 1609

La disponibilità intermittente di avorio di elefante nell’Occidente medievale ha spinto le maestranze attive nella sua lavorazione a utilizzare materie prime più facilmente reperibili e meno costose per far fronte alla sua mancanza. Nella seconda metà del Trecento, nell’Italia centro-settentrionale, per la realizzazione di manufatti preziosi si fece sistematicamente ricorso all’osso di mammiferi come bovini, equini e suini. Nel tentativo di sfruttarne a pieno le possibilità, i singoli segmenti ossei una volta politi e intagliati venivano accostati tra di loro e fissati su un supporto ligneo. Tale procedimento, che rendeva possibile la creazione di veri e propri cicli figurativi, divenne tipico della bottega fondata dal mercante fiorentino Baldassarre Ubriachi prima nella propria città e poi a Venezia. Questa prima fase dell’atelier si distinse per l’attività del "maestro dei lavori dell’osso" Giovanni di Jacopo, anch’esso fiorentino (von Schlosser 1899; Merlini 1989; Tomasi 2016a; Chiesi 2018a). Tale laboratorio si specializzò nella realizzazione di trittici destinati sia all’esposizione sugli altari delle chiese, sia alla devozione privata. Quest’ultima tipologia di trittici è oggi rappresentata da diversi esemplari che, pur mantenendo una identica struttura, si differenziano per quanto attiene allo stile e all’iconografia (Merlini 1991). Il forte valore iconico di questi oggetti, nonché le dimensioni contenute rispetto agli ambiziosi esemplari a più registri, prevedevano un pannello centrale ospitante la Vergine con il Bambino o la Crocifissione e due sportelli laterali con figure di santi. Il San Pietro che qui si presenta, originariamente dovette far parte dello sportello sinistro di un altarolo di questo tipo, su modello del trittico con la Vergine con il Bambino e i santi Pietro e Paolo di Palazzo Venezia (inv. PV 1584). In alternativa questo San Pietro poteva invece trovarsi accanto alla Vergine e insieme ad altri santi nel contesto di un trittico a più registri simile all’esemplare del Museo Nazionale del Bargello di Firenze (Chiesi 2018b). L’accostamento tra i due principi degli apostoli e la Vergine, inteso come un inno a Maria come Ecclesia, fu effettivamente molto replicato in questa classe di manufatti (Tomasi 2016b). Proprio come il trittico dal quale giunge il San Pietro di Palazzo Venezia, altri altaroli degli Embriachi furono ugualmente dipinti, come si vede, per esempio, in quello del convento di Santa Maria delle Grazie di Monteprandone (Ap) (Montevecchi 1998). Per quanto riguarda lo stile, la figura di Pietro è caratterizzata da un leggero hanchement, dalle pieghe del manto lunghe e parallele, dalla conformazione della capigliatura a tratteggi e dagli occhi sottili e allungati. Tutte queste caratteristiche si ritrovano in una placchetta del Museo di Capodimonte a Napoli raffigurante San Paolo (Giusti 1981). Il frammento napoletano è leggermente più corto di quello di Palazzo Venezia perché è stato resecato sia sopra che sotto; la larghezza, invece, coincide con il frammento romano, con il quale condivide inoltre una identica modanatura cordonata della base e il trattamento della parte sommitale della placchetta. Il San Paolo di Napoli, inoltre, è rivolto a destra, contrariamente al San Pietro che volge lo sguardo a sinistra. Queste peculiarità potrebbero far pensare a un loro originario accostamento ai lati di una Vergine con il Bambino o di una Crocifissione nel contesto di un trittico che, per tutte le caratteristiche esposte, potrebbe rientrare nella tarda produzione della bottega di Baldassarre Ubriachi in una data compresa entro il primo quarto del Quattrocento.

Giampaolo Distefano

Scheda pubblicata il 12 Febbraio 2025

Buono. Fenditura nella parte apicale della placchetta. 

Iscrizione frammentaria a inchiostro in corrispondenza della fascia di supporto della quale si riconosce solo una «r».

von Schlosser Julius, Die Werkstatt der Embriachi in Venedig, in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», 20, 1899, pp. 220-282;
Bernardini Giorgio, Il nuovo Museo di Palazzo Venezia. Arte Bizantina - Oggetti in osso e in avorio, in «Rassegna d’arte», XVII, 1917, pp. 25-44 (p. 41);
Giusti Paola, in Giusti Paola, Leone de Castris Pierluigi (a cura di), Medioevo e produzione artistica di serie: smalti di Limoges e avori gotici in Campania, catalogo della mostra (Napoli, Museo Duca di Martina, ottobre 1981-aprile 1982), Firenze 1981, p. 138, n. II, 24;
Merlini Elena, I trittici portatili della “Bottega degli Embriachi”, in «Jahrbuch der Berliner Museen», 33, 1991, pp. 47-62;
Montevecchi Benedetta, in Dal Poggetto Paolo (a cura di), Fioritura tardogotica nelle Marche, catalogo della mostra (Urbino, Palazzo Ducale, 25 luglio-25 ottobre 1998), Milano 1998, p. 85, n. 12;
Tomasi Michele, La bottega degli Embriachi e gli oggetti in legno e osso in Italia fra Tre e Quattrocento, in Castronovo Simonetta, Crivello Fabrizio, Tomasi Michele (a cura di), Avori medievali. Collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, Savigliano 2016, pp. 151-153 (Tomasi 2016a);
Tomasi, in Bacchi Andrea, De Marchi Andrea (a cura di), La Galleria di Palazzo Cini. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, Venezia 2016, n. 68, pp. 274-275 (Tomasi 2016b);
Chiesi Benedetta, Gli Embriachi e le botteghe dell’Italia settentrionale fra Tre e Quattrocento, in Ciseri Ilaria (a cura di), Gli avori del Museo Nazionale del Bargello, Milano 2018, pp. 334-335 (Chiesi 2018 a);
Chiesi, in Ciseri Ilaria (a cura di), Gli avori del Museo Nazionale del Bargello, Milano 2018, pp. 339-343, n. IX.4 (Chiesi 2018b).

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