Placchetta da un cofanetto con le storie di Susanna: due uomini seduti
Italia settentrionale Terzo quarto del XV secolo
Questa placchetta in osso, originariamente facente parte di un cofanetto, presenta una base a due ordini di modanature con motivo cordonato, mentre la parte apicale è perduta. Con un intaglio assai peculiare sono raffigurati due anziani, seduti, con barba e capelli lunghi, vestiti con tuniche dotate di cappucci. Lo sfondo è costituito da solchi verticali e paralleli emulanti tronchi di alberi con incisioni a "v". In corrispondenza della veste di uno dei due personaggi persistono tracce di doratura.
Questa placchetta in osso, originariamente facente parte di un cofanetto, presenta una base a due ordini di modanature con motivo cordonato, mentre la parte apicale è perduta. Con un intaglio assai peculiare sono raffigurati due anziani, seduti, con barba e capelli lunghi, vestiti con tuniche dotate di cappucci. Lo sfondo è costituito da solchi verticali e paralleli emulanti tronchi di alberi con incisioni a "v". In corrispondenza della veste di uno dei due personaggi persistono tracce di doratura.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
L’intaglio dell’osso di mammiferi come bovini, equini e suini come sostitutivo della più rara zanna di elefante fu praticato nell’Italia centro-settentrionale nella seconda metà del Trecento in alcune botteghe la cui precisa localizzazione rimane al momento sconosciuta. I singoli segmenti ossei, politi e intagliati, venivano accostati tra di loro e fissati su un supporto ligneo. Tale procedimento, che rendeva possibile l’ottenimento di veri e propri cicli figurativi, in un primo tempo fu utilizzato da una bottega nota come “a figure inchiodate”, in seguito da quella che a Firenze e poi a Venezia nacque dall’interesse del mercante fiorentino Baldassarre Ubriachi. Questo atelier ebbe come capobottega il “Maestro dei lavori dell’osso” Giovanni di Jacopo ma rimase operoso anche dopo la scomparsa di questo artefice almeno fino agli anni trenta del XV secolo (von Schlosser 1899; Tomasi 2016a; Chiesi 2018). Parallelamente all’attività di tale laboratorio presero vita altre botteghe che, pur continuando a usare la medesima tecnica, introdussero alcune innovazioni riguardanti lo stile e i repertori iconografici. La placchetta in osso che qui si presenta illustra a pieno la portata di tali cambiamenti. Essa è stata eseguita nel contesto di quella che gli studi indicano come "seconda bottega delle storie di Susanna", officina che prende il nome dal celebre tema biblico da essa più volte replicato in vari cofanetti (Merlini 1989, pp. 276-277). Rispetto alla cosiddetta "prima bottega delle storie di Susanna" – le cui opere erano caratterizzate da lamelle con uno o massimo due personaggi, ampio respiro spaziale e mancanza di riferimenti naturalistici – questo atelier si distinse per alcune particolarità. A livello tecnico esso fece ricorso a lamelle ossee convesse e larghe, modanature delle basi articolate, mentre per quanto riguarda lo stile si specializzò nell’intaglio di personaggi dalla forte connotazione fisiognomica resa attraverso grandi occhi e mascelle pronunciate, marcata robustezza dei corpi, delle mani e dei piedi, panneggi dalle pieghe rigide e grafiche. Tali peculiarità, in un primo momento isolate come indice di uno scadimento tecnico (Merlini 1989, p. 276), sono state invece riabilitate da Luciana Martini che ha proposto di interpretarle come l’aggiornamento stilistico dell’artefice alla luce della cultura mantegnesca (Martini 1993a, p. 33). Questa importante riflessione ha avuto delle ricadute significative anche sulla cronologia e la localizzazione di tale laboratorio la cui attività si sarebbe quindi concentrata nel terzo quarto del XV secolo in ambito padovano (Martini 1993a, p. 33). L’opera di Palazzo Venezia originariamente faceva parte di un cofanetto raffigurante la storia biblica di Susanna; i due anziani del frammento romano dovevano rappresentare i due vecchioni intenti a spiare la casta sposa al bagno, così come si vede in un cofanetto di identico soggetto del Museo Nazionale di Ravenna (Martini 1993b). Ulteriori confronti, e tutti assai puntuali, possono essere richiamati per il frammento romano. I medesimi tipi facciali si riconoscono in un cofanetto del Museo Diocesano di Colonia (Martini 1993a, p. 32) e in un frammento reimpiegato su un cofanetto del Museo di Palazzo di Venezia (inv. W 972 bis), mentre lo stesso modo di rendere le mani e il panneggio si ritrova in una lamella del Museo Nazionale di Ravenna (Martini 1993c). In questa placchetta, inoltre, proprio come in quella romana, compare un caratteristico modo di emulare la vegetazione dello sfondo tramite incisioni a "v". La seconda bottega delle storie di Susanna non si limitò a realizzare cofanetti illustranti il racconto biblico dal quale prende il nome: in un frammento di cornice di specchio del Museo Civico d’Arte Antica di Torino con il Dio d’amore è stata riconosciuta la mano dello stesso intagliatore (Tomasi 2016b) per cui anch’esso può essere considerato un confronto puntuale per la placchetta qui discussa.
Giampaolo Distefano
Stato di conservazione
Buono.
Bibliografia
von Schlosser Julius, Die Werkstatt der Embriachi in Venedig, in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», 20, 1899, pp. 220-282;
Bernardini Giorgio, Il nuovo Museo di Palazzo Venezia. Arte Bizantina - Oggetti in osso e in avorio, in «Rassegna d’arte», XVII, 1917, pp. 25-44;
Merlini Elena, La “Bottega degli Embriachi” e i cofanetti eburnei fra Trecento e Quattrocento: una proposta di classificazione, in «Arte cristiana», 76, 1989, pp. 267-282;
Martini Luciana, Alcune osservazioni sulla produzione di cofanetti "embriacheschi" e sulla loro storiografia, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 20-34 (Martini 1993a);
Martini, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 98-100n. 140, (Martini 1993b);
Martini, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 100-101, n. 143 (Martini 1993c);
Tomasi Michele, La bottega degli Embriachi e gli oggetti in legno e osso in Italia fra Tre e Quattrocento, in Castronovo Simonetta, Crivello Fabrizio, Tomasi Michele (a cura di), Avori medievali. Collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, Savigliano 2016, pp. 151-153, (Tomasi 2016a);
Tomasi, in Castronovo Simonetta, Crivello Fabrizio, Tomasi Michele (a cura di), Avori medievali. Collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, Savigliano 2016, n. 52, pp. 206-207, (Tomasi 2016b);
Chiesi Benedetta, Gli Embriachi e le botteghe dell’Italia settentrionale fra Tre e Quattrocento, in Ciseri Ilaria (a cura di), Gli avori del Museo Nazionale del Bargello, Milano 2018, pp. 334-335.