Petto
Manifattura tedesca 1490 circa
Il petto è completo di pettorale e panziera a falde sagomate. Diffusosi già verso la fine del Trecento, il petto realizzato interamente in metallo era molto resistente ai colpi d’arma in battaglia e ne sono noti sia semplici, lisci, come questo, sia riccamente decorati. Forgiarono petti di questa tipologia le botteghe tedesche e quelle dell’Italia settentrionale.
Il petto è completo di pettorale e panziera a falde sagomate. Diffusosi già verso la fine del Trecento, il petto realizzato interamente in metallo era molto resistente ai colpi d’arma in battaglia e ne sono noti sia semplici, lisci, come questo, sia riccamente decorati. Forgiarono petti di questa tipologia le botteghe tedesche e quelle dell’Italia settentrionale.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Il petto è composto da quattro pezzi: il pettorale, liscio, con i giri ascellari sottolineati da due scanalature, al quale sono fissate le tre lame della panziera, ognuna con bordi laterali accompagnati da due sgusci profondi e profilo sagomato a grandi dentelli. La cuspide centrale di ognuna di queste lame è in forma di aquila stilizzata (di Carpegna 1969, p. 21, n. 104, le descrive come gigli). L’esemplare è in buone condizioni conservative e sono visibili segni di colpi.
Petti di questo genere, interamente in metallo, si diffusero in Europa già verso la fine del Trecento, andando a sostituire le protezioni realizzate in cotta di maglia (l’usbergo) ricoperte di cuoi cotti o piccole placche metalliche
Queste nuove armature erano molto più resistenti ai colpi delle armi bianche, anche se decisamente più pesanti e rigide. Potevano essere completamente lisce, oppure percorse da fitte decorazioni incise sul metallo, o ancora sbalzate per creare sulla superficie magnifici rilievi raffiguranti immagini sia sacre sia profane. Sotto il petto veniva fissata, tramite i ribattini, anche una fodera, per migliorarne la vestibilità (Gelli 1900, pp. 242 e 248; Oakeshott 2012, pp. 75-95; La Rocca 2017, pp. 51-55).
Il petto presenta la marca dell’armaiolo, una croce sormontata da un elmo, ma questa non è ancora stata ricondotta a una specifica bottega. La produzione di petti a questo affini è stata collocata sia nel contesto italiano, ma di ispirazione tedesca (di Carpegna 1969, p. 22, n. 107), sia nell'ambito di manifatture attive in Germania (Scalini 2018, p. 200, n. VII.2, che segnala come probabilmente il pezzo abbia subito delle manomissioni).
Petti simili, comprensivi anche di falda a lame, si conservano, attribuiti all’ambito tedesco, al Metropolitan Museum di New York (inv. 29.150.77; Grancsay, Kienbusch 1933, p. 140, n. 57 o La Rocca 2017, p. 55, fig. 63) e al Philadelphia Museum of Art (inv. 1977-167-134; Breiding 2020, pp. 56-59, n. 11). Quest’ultimo pezzo faceva parte della collezione di Carl Otto Kretzschmar von Kienbusch, amico e concorrente negli acquisti del principe Ladislao Odescalchi (1846-1922), della cui collezione faceva parte il petto in esame. La raccolta fu acquistata dallo Stato italiano nel 1959 e collocata a Palazzo Venezia nel 1969. Essa non era costituita da un’armeria di famiglia, ma era frutto di mirati acquisti sul mercato nazionale (Firenze, Roma) e internazionale (Parigi, Londra) a partire dal tardo Ottocento, guidati dal gusto personale di Odescalchi (Barberini 2007).
Giulia Zaccariotto
Stato di conservazione
Buono.
Stemmi emblemi e marchi
Sotto il collarino, una marca ripetuta due volte, in forma di elmo con base a croce.
Provenienza
Collezione Ladislao Odescalchi (Odescalchi, n. 745);
acquisita dallo Stato italiano, 1959
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1969.
Esposizioni
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Antiche armi dal sec. IX al XVIII. Già Collezione Odescalchi,maggio-luglio 1969;
Roma, Castel Sant’Angelo; Roma, Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Armi e potere nell’Europa del Rinascimento, 26 luglio-11 novembre 2018.
Bibliografia
Gelli Jacopo, Guida del raccoglitore e dell’amatore di armi antiche, Milano 1900;
Grancsay Stephen V., von Kienbusch Carl Otto, The Bashford Dean Collection of Arms and Armor in the Metropolitan Museum of Art, Portland 1933;
di Carpegna Nolfo (a cura di), Antiche armi dal sec. IX al XVIII. Già Collezione Odescalchi, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, maggio-luglio 1969), con schede a firma del curatore, Roma 1969, p. 22, n. 107;
di Carpegna Nolfo, Le armi Odescalchi, Roma 1976;
Pyhrr Stuart W., S.J. Whawell and the Art Market, in The Eleventh Park Lane Arms Fair, London 1994, pp. 14-23;
Barberini Maria Giulia, La collezione Odescalchi di armi antiche: storia della raccolta del principe Ladislao, in «Bollettino d’arte», s. VI, XCI, 2006 (2007), 137/138, pp. 101-114;
Fossà Bianca, Studio conservativo delle armi e armature Odescalchi. Nuove metodologie per la schedatura di una collezione, in «Bollettino d’arte», s. VI, XCI, 2006 (2007), 137/138, pp. 115-142;
Oakeshott Ewart, European Weapons and Armour. From the Renaissance to the Industrial Revolution, Woodbridge 2012 (I ed. 1980);
La Rocca Donald J., How to Read European Armor, New York 2017;
Scalini Mario (a cura di), Armi e potere nell’Europa del Rinascimento, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo; Roma, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, 26 luglio-11 novembre 2018), con schede a firma del curatore, Cinisello Balsamo 2018, p. 200, n. VII.2;
Breiding Dirk H., Arm and Armor. Highlights from the Philadelphia Museum of Art, Philadelphia 2020.