Nettuno (Quos ego)

Tiziano Aspetti detto Minio 1540-1545 circa

In mostra presso Palazzo Venezia

Il Nettuno bronzeo di Tiziano Aspetti detto Minio mostra il dio del mare mentre solca le acque stringendo il tridente e tenendo le redini degli ippocampi che tirano il suo carro (elementi presenti in altri esemplari). L’artista illustra il preciso episodio virgiliano del Quos ego, quando Nettuno placa la tempesta che stava facendo affondare le navi dei troiani.

Il Nettuno bronzeo di Tiziano Aspetti detto Minio mostra il dio del mare mentre solca le acque stringendo il tridente e tenendo le redini degli ippocampi che tirano il suo carro (elementi presenti in altri esemplari). L’artista illustra il preciso episodio virgiliano del Quos ego, quando Nettuno placa la tempesta che stava facendo affondare le navi dei troiani.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Nettuno (Quos ego) Autore: Tiziano Aspetti detto Minio Data oggetto: 1540-1545 circa Materiale: Bronzo Tecnica: Fusione a cera persa Dimensioni: altezza 30 cm; larghezza 16 cm
Tipologia: Bronzi Acquisizione: 1963 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 10782

Il bronzetto, proveniente dalla Collezione Auriti (Santangelo 1964), rappresenta il dio del mare, Nettuno, mentre solca le acque. Il corpo della divinità appare scomposto e in tensione: egli stringe con una mano il tridente (frutto di reintegrazione) e si volta bruscamente a sinistra, mentre i capelli e la barba si muovono al vento. L’altra mano, che ora non stringe nulla, teneva le redini del carro trainato da ippocampi, sul quale il dio stava in piedi (il carro è presente in altri esemplari). 
Come già indicato dalla critica, l’artista illustra il preciso episodio virgiliano del Quos ego, quando Nettuno placa la tempesta che stava facendo affondare le navi dei troiani (Virgilio, Eneide, I, 124-156). Il primo a rendere noto il bronzetto di Palazzo Venezia fu Antonino Santangelo (1964), ma la critica aveva iniziato a indagare gli altri esemplari fin dai primi del Novecento, in particolare con gli studi pionieristici di von Bode e di Planiscig. Il primo (1904) lo attribuì a Jacopo Sansovino, mentre il secondo (1921), che notò le similarità con le figure scolpite da Tiziano Aspetti detto Minio (1511/1512 circa-1552) sulla Loggetta di Piazza San Marco, assegnò il bronzetto allo scultore padovano, discepolo e collaboratore del Sansovino. Planiscig notava che la struttura massiccia del corpo del dio è confrontabile con quella dei Fiumi nel rilievo centrale dell’attico della Loggetta e che analogo è anche il modo di rappresentare le onde marine. Poco dopo, però, lo studioso austriaco modificò la sua proposta riconoscendo nel bronzetto la mano di Sansovino (Planiscig 1924; Planiscig 1930; Planiscig, Kris 1935). Salvo alcuni pareri contrari, come quello di John Pope-Hennessy (1963; 1968, bottega di Sansovino) e quello di Draper (von Bode, rev. Draper 1980, p. 102 n. CLVII, ambito norditaliano), l’attribuzione a Minio fu accolta dagli studiosi successivi (Montagu 1965; Weihrauch 1967, p. 141; Leithe-Jasper 1973; Wixom 1975; Leithe-Jasper 1976; Leithe-Jasper 1986; Leithe-Jasper 1999; Leithe-Jasper 2001; Richard, in Katz 2007, pp. 28-31). L’opera è attestata in vari esemplari da ritenere autografi come quello di Roma (Vienna, Kunsthistorisches Museum, inv. 5748 e 5911; Blessington, Alfred Beit Foundation, inv. 260; Braunschweig, Anton Ulrich-Museum, inv. Bro 108; Cleveland, The Cleveland Museum of Art, inv. 74.273) o dell’ambito di Minio (Torino, Palazzo Madama, inv. 165/B) o derivazioni di minore qualità (Londra, Victoria & Albert Museum, inv. A.80-1949; Vienna, Kunsthistorisches Museum, inv. 5635; Tolosa, Fondation Bemberg Musée). Tra questi, sei sono costituiti sia dal Nettuno che dal carro (Blessington, Braunschweig, Cleveland, Tolosa, Torino, Vienna), tre dalla sola divinità (Londra, Roma, Vienna). Rimane da rintracciare il bronzetto della collezione di sir George Leon che ha la particolarità di essere stato modificato in fontana da tavolo. Esistono delle versioni più tarde del bronzetto realizzate nella bottega di Pankraz Labenwolf e in quella di Benedikt Wurzelbauer a Norimberga che attestano la fortuna specifica in ambito tedesco (Weihrauch 1967, pp. 317-318, 329-331, figg. 401-402). 
L’esemplare di Palazzo Venezia presenta delle parti rifatte (probabilmente nel XIX secolo o all'inizio del XX secolo): la base metallica circolare, il piedistallo ligneo e il tridente (solo i manufatti di Torino e di Londra conservano una piccola porzione originale del tridente). L’opera dimostra di aver subito un evento traumatico non solo per la perdita del tridente, ma anche per il fatto che entrambe le mani risultano spezzate e poi risaldate. Per quanto riguarda la composizione del Nettuno, esistevano già delle versioni artistiche del Quos ego alle quali Minio poté ispirarsi: gli studi grafici di Raffaello poi incisi da Marcantonio Raimondi (Nees 1978; Gnann 1999, pp. 114-115 catt. 53-54) e la pittura a olio su muro di Perino del Vaga nella sala del Naufragio nella Villa del Principe a Genova (Gnann 2001, pp. 208-210, catt. 99-100). La composizione di Minio, tuttavia, sembra riflettere le figurazioni ideate dal maestro Sansovino. Infatti, tra i piccoli rilievi della Loggetta ne compare uno che illustra proprio il Quos ego, con il dio di spalle su un cocchio, di cui si intravede la forma circolare, trainato da due ippocampi. La divinità stringe con la sinistra le redini e con la destra tiene sollevato il tridente (Pietrobelli 2018-2022). La composizione lapidea, dunque, si avvicina molto a quella bronzea, non solo negli attributi e nella posa superiore del busto, ma anche nell’aspetto nerboruto della divinità. È da credere, quindi, che Minio abbia potuto ispirarsi a modelli e bozzetti presenti nella bottega di Sansovino. Per quanto riguarda la cronologia del bronzetto, è stata inizialmente ipotizzata una datazione vicina all’inizio del quinto decennio (ad esempio Wixom 1975, cat. 114), poi ritardata al 1545 circa (Leithe-Jasper 1999; Leithe-Jasper 2001; Cannata 2009; Cara 2016) o agli anni estremi 1550-1552 (Cannata 2011). Considerando il legame stilistico e compositivo con le figurazioni della Loggetta è preferibile collocare l’opera nel quinquennio 1540-1545, vicino al bronzetto di Saturno del Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. 5663; Pietrobelli 2023).

Giulio Pietrobelli

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Buono. Vernice nera lucida su patina naturale bruna. Il tridente è posticcio, le mani sono risaldate.

L'opera ha subito degli interventi di risarcimento (probabilmente nel XIX o all'inizio del XX secolo) dopo un evento traumatico, con il fissaggio delle mani spezzate e con l'integrazione del tridente perduto.

Vienna, Collezione Giacinto Auriti, formata tra il 1922 e il 1933; 
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, donata nel 1963.

von Bode Wilhelm, The Art Collection of Mr. Alfred Beit at His Residence 26 Park Lane London, Berlin 1904, pp. 40, 64;
Planiscig Leo, Venezianische Bildhauer der Renaissance, Wien 1921, p. 405;
Planiscig Leo, Kunsthistorisches Museum Wien. Die Bronzeplastiken, Statuetten, Reliefs, Geräte und Plaketten, Wien 1924, pp. 86-87, 90, nn. 153-154;
Planiscig Leo, Piccoli bronzi italiani del Rinascimento, Milano 1930, p. 32, tav. CXLIV, fig. 252;
Planiscig Leo, Ernst Kris, Katalog der Sammlungen für Plastik und Kustgewerbe, Wien 1935, p. 61, n. 15;
Pope-Hennessy John, Italian Bronze Statuettes-II, in «The Burlington Magazine», 105, 1963, 719, pp. 58-71;
Santangelo Antonino, Museo di Palazzo Venezia. La Collezione Auriti. Piccoli bronzi, placchette, incisioni e oggetti d’uso, Roma 1964, pp. 17-18, tav. XII;
Montagu Jennifer, Les bronzes, Paris 1965, pp. 4, 29 fig. 21 (scuola di Sansovino), pp. 44, 46 (T. Minio);
Weihrauch Hans, Europäische Bronzestatuetten. 15.-18. Jahrhundert. Braunschweig 1967, pp. 141, 329-330, fig. 400;
Pope-Hennessy John, Essays on Italian Sculpture, London 1968, pp. 184, 226;
Leithe-Jasper, in Italienische Kleinbronzen und Handzeichnungen der Reniassance und des Manierismus aus Österreichischem Staatsbesitz, Itaria Runessansu no buronzuto sobyo, catalogo della mostra (Tokyo, Nationalmuseum für Westliche Kunst, Kokuritsu Seiyo Bijutsukan, 18 agosto-14 ottobre 1973), Tokyo 1973, n. 43;
Wixom William, Renaissance Bronzes from Ohio Collections, Cleveland 1975, n. 114;
Leithe-Jasper, in Italienische Kleineplastiken, Zeichnungen und Musik der Renaissance Waffen des 16. und 17. Jahrhunderts, catalogo della mostra (Vienna, Schloss Schallaburg, 1 maggio-2 novembre 1976), Wien 1976, pp. 91-92, n. 95;
Nees Lawrence, Le Quos ego de Marc-Antoine Raimondi. L’Adaptation d’une source antique par Raphael, in «Nouvelles de l’estampe», 40-41, 1978, pp. 18-29;
von Bode Wilhelm, The Italian Bronze Statuettes of the Renaissance, new edition edited and revised by James David Draper, New York 1980, p. 102, fig. CLVII;
Leithe-Jasper, in Leithe-Jasper Manfred (a cura di), Renaissance Master Bronzes from the Collection of the Kunsthistorisches Museum Vienna, catalogo della mostra (Washington DC, National Gallery of Art; Los Angeles, Los Angeles County Museum of Art; Chicago, The Art Institut of Chicago, 1986), London 1986, pp. 171-174;
Gnann, in Oberhuber Konrad (a cura di), Roma e lo stile classico di Raffaello 1515-1527, catalogo della mostra (Mantova, Palazzo Te, 20 marzo-30 maggio 1999; Vienna, Graphische Sammlung Albertina, 23 giugno-5 settembre 1999), Milano 1999, pp. 114-115, catt. 53-54;
Leithe-Jasper, in Bacchi Andrea, Camerlengo Lia, Leithe-Jasper Manfred (a cura di), “La bellissima maniera”. Alessandro Vittoria e la scultura veneta del Cinquecento, catalogo della mostra (Trento, Castello del Buonconsiglio, 25 giugno-26 settembre 1999), Trento 1999, pp. 228-229, n. 15;
Leithe-Jasper, in Banzato Davide (a cura di), Donatello e il suo tempo. Il bronzetto a Padova nel Quattrocento e nel Cinquecento, catalogo della mostra (Padova, Musei Civici, 8 aprile 2001-15 luglio 2001), pp. 244-245, n. 66;
Gnann, in Parma Elena (a cura di), Perino del Vaga tra Raffaello e Michelangelo, catalogo della mostra (Mantova, Palazzo Te, 18 marzo-10 giugno 2001), Milano 2001, pp. 208-210, catt. 99-100;
Richard, in Master Bronzes from the Beit Collection, (London, Daniel Katz Gallery, 30 May-13 July 2007), London 2007, pp. 28-31;
Cannata, in Barberini Maria Giulia, Sconci Maria Selene (a cura di), in Guida al Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Roma 2009, p. 72,, n. 71;
Cannata, in Cannata Pietro, Museo Nazionale di Palazzo di Venezia. Sculture in bronzo, Roma 2011, pp. 106-108, cat. 120;
Cara, in Bava Anna Maria, Pagella Enrica (a cura di), Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, catalogo della mostra (Torino, Galleria sabauda, 16 dicembre 2016-2 aprile 2017), Genova 2016, p. 223, cat. 114 e p. 247;
Pietrobelli Giulio, Tiziano Minio “homo ingeniosus, caelator eximius, sculptorque & fusor celeberrimus“, tesi di Dottorato in storia, critica e conservazione dei beni culturali, Università degli studi di Padova, Dipartimento dei beni culturali, tutor prof.ssa Alessandra Pattanaro, a.a. 2018-2022, pp. 206, 287 n. 22, 434, fig. 402;
Pietrobelli Giulio, In margine al collezionismo. Tiziano Minio e la circolazione di modelli nella Padova di Bembo, in Cassia Cristina (a cura di), Musica e cultura nella Padova di Bembo, Lucca 2023, 125-111.

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