Martirio di santa Caterina d’Alessandria e decollazione di un santo

Bicci di Lorenzo 1430-1435

Il dipinto è certamente parte di una predella che doveva contenere, oltre a queste, altre scene di martirio di santi intervallate da colonne dorate desunte dal repertorio antico. L’autore è stato riconosciuto in Bicci di Lorenzo, esponente di una delle più importanti e longeve botteghe fiorentine fra Tre e Quattrocento, portata avanti di padre in figlio. Il gusto tardogotico si esprime in Bicci attraverso l’uso dei colori vari e intensi dei panneggi, nell’attenzione ai particolari decorativi delle armature e dei copricapi e nella gestualità dei personaggi che conferiscono ritmo alla narrazione.

Il dipinto è certamente parte di una predella che doveva contenere, oltre a queste, altre scene di martirio di santi intervallate da colonne dorate desunte dal repertorio antico. L’autore è stato riconosciuto in Bicci di Lorenzo, esponente di una delle più importanti e longeve botteghe fiorentine fra Tre e Quattrocento, portata avanti di padre in figlio. Il gusto tardogotico si esprime in Bicci attraverso l’uso dei colori vari e intensi dei panneggi, nell’attenzione ai particolari decorativi delle armature e dei copricapi e nella gestualità dei personaggi che conferiscono ritmo alla narrazione.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Martirio di santa Caterina d’Alessandria e decollazione di un santo Autore: Bicci di Lorenzo Data oggetto: 1430-1435 Materiale: Tavola Tecnica: Tempera e oro su tavola Dimensioni: altezza 21 cm; larghezza 62,5 cm
Tipologia: Dipinti Acquisizione: 1940 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 10219

La forma allungata di questa tavoletta, nella quale sono raffigurati episodi del martirio di due santi, fa ritenere che si tratti della porzione di una predella che doveva contenere altre storie analoghe di cui non abbiamo notizia, né si sa quale fosse la tavola principale alla quale questa doveva fare da corredo.
Nella parte sinistra si può plausibilmente riconoscere la figura di santa Caterina d’Alessandria che, condannata da Massenzio a essere rinchiusa in carcere senza cibo, riceve la visita dalla colomba celeste che la nutre per dodici giorni, trascorsi i quali l’imperatore decide di sottoporla al supplizio della ruota. La colomba, i cui raggi si possono ancora intravedere in una fotografia del 1946-1947 che documenta anche un vecchio restauro (GFN E 26536), potrebbe essere andata perduta insieme a un’ampia zona di pittura nel margine sinistro. 
Sul lato destro, al di là di una colonna ionica dorata che separa le due scene, il carnefice ha appena inferto il primo colpo sul collo di un santo barbuto, alla presenza di soldati e di un uomo con un copricapo di foggia orientale. È difficile indicare precisamente l’identità del martire poiché si tratta di un supplizio a cui furono sottoposti molti santi (Kaftal 1952, p. 1091). La composizione di questo brano sembra riprendere a grandi linee quella della predella di Gherardo Starnina raffigurante il Martirio di santa Barbara oggi alla National Gallery di Londra, parte di un polittico le cui tavole principali sono conservate a Würtzburg. Poiché la tavoletta appare decurtata sul margine superiore viene da chiedersi se, come nella predella di Starnina (Zappasodi 2017), essa non fosse incorniciata in alto da una serie di archi, uno dei quali poggiante sulla colonna dorata.
Il dipinto giunse al Museo di Palazzo Venezia dalla collezione Armenise nel 1940. Venne attribuito a Bicci di Lorenzo da Roberto Longhi (Santangelo 1947, p. 37) e confermato al pittore da Federico Zeri (Zeri 1955, p. 5, n. 18). Bicci di Lorenzo è uno degli esponenti di una bottega assai longeva: il pittore si era formato e aveva poi ereditato l’atelier del padre Lorenzo di Bicci, che verrà poi portato avanti da suo figlio Neri di Bicci (Frosinini 1986, Frosinini 1987). Dal 1426 al 1434 Bicci di Lorenzo lavorò in collaborazione con Stefano d’Antonio (Cohn 1959; Zeri 1976, pp. 32-35; Padoa Rizzo, Frosinini 1984; Frosinini 1990), tuttavia la porzione di predella di Palazzo Venezia sembra attribuibile direttamente alla mano di Bicci. Al pittore si addicono le fisionomie dei volti e l’intenzione narrativa rimarcata dai gesti e dagli atteggiamenti dei personaggi in colloquio tra loro. Alcuni brani consentono inoltre confronti puntuali con altre opere del pittore, come la figura del carnefice con la veste risvoltata intorno alla cinta, vicina all’aguzzino nella predella del trittico di Cetica (Berenson 1936, pp. 71-72), ma con una posa più complicata e ancheggiante. L’armatura del soldato sulla destra riprende fedelmente una tipologia più volte utilizzata da Bicci, ad esempio nel trittico di Cortona della seconda metà degli anni venti (Speranza 1992, pp. 147-149) o nel polittico della Propositura di Bibbiena del 1435 (Berenson 1936, p. 71), caratterizzato da un più pronunciato accento tardogotico per l’adesione ai modi di Gentile da Fabriano e Lorenzo Monaco. Queste somiglianze e i toni pastello della predella, desunti da Lorenzo Monaco, fanno propendere per una datazione dell’opera intorno alla prima metà degli anni trenta del Quattrocento. 

Francesca Mari

 

Discreto; tuttavia il dipinto presenta varie perdite di colore soprattutto sui bordi e nella parte sinistra.

Sul verso sono annotati alcuni numeri: oltre all’inventario i numeri «129» e «165».

Sul verso della tavola è presente un bollo in ceralacca rosso.

Roma, Collezione Giulio Sterbini;
Roma, Collezione famiglia Lupi, post 1911;
Roma, Collezione Giulio Armenise, 1940;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, dal 1940.

Fotografia GFN E 26536, 1946-1947.

Berenson Bernard, Pitture italiane del Rinascimento, Milano 1936;
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1947, p. 37;
Kaftal George, Saints in Italian Art. Iconography of the Saints in Tuscan Painting, Firenze 1952;
Zeri Federico (a cura di), Catalogo del Gabinetto Fotografico Nazionale. 3. I dipinti del Museo di Palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, p. 5, n. 18;
Cohn Werner, Maestri sconosciuti del Quattrocento fiorentino, in «Bollettino d’arte», 44, 1959, pp. 61-68;
Zeri Federico, Italian Paintings in the Walter Art Gallery, Baltimore 1976;
Padoa Rizzo Anna, Frosinini Cecilia, Stefano d’Antonio di Vann i(1405-483), in «Antichità viva», 4/5, 1984, pp. 5-33;
Frosinini Cecilia, Il passaggio di gestione di una bottega pittorica fiorentina del primo Rinascimento, 1, in «Antichità viva», 25, 1986, pp. 5-15;
Frosinini Cecilia, Il passaggio di gestione di una bottega pittorica fiorentina del primo Rinascimento, 2, in «Antichità viva», 26, 1987, pp. 5-14;
Frosinini Cecilia, A proposito del "San Lorenzo" di Bicci di Lorenzo alla Galleria dell’Accademia, in «Antichità viva», 29, 1990, pp. 5-7;
Speranza, in Bocci Pacini Piera, Maetzke Anna Maria (a cura di), Il Museo dell’Accademia Etrusca. Cortona, Firenze 1992, pp. 147-149;
Rossi Sergio, I pittori del Quattrocento fiorentino e le loro botteghe. Da Lorenzo Monaco a Paolo Uccello, Todi 2012, pp. 124-125;
Zappasodi Emanuele, Ristudiando Gherardo Starnina. Materiali e comparazioni per i polittici coni pilieri, in «Nuovi Studi», 23, 2017, pp. 61-87.

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