Margella da pozzo con croci entro edicole
Ambito romano Prima metà del IX secolo
Margella da pozzo in marmo bianco di Carrara, ornata da cinque edicole che incorniciano croci campite da trecce di nastro vimineo bisolcato con terminazioni a volute, affiancate da alberelli a foglie polilobate e tronco a fuserole, sorgenti da una base zigzagante, e due rosette a incavo. Gli archi a guilloche, come le colonnette a capitello fogliato, sono sormontati da un doppio ordine divergente di onde ricorrenti e nei pennacchi si impostano gigli, palmette, nodi di Salomone e una matassa annodata conclusa a occhielli.
Margella da pozzo in marmo bianco di Carrara, ornata da cinque edicole che incorniciano croci campite da trecce di nastro vimineo bisolcato con terminazioni a volute, affiancate da alberelli a foglie polilobate e tronco a fuserole, sorgenti da una base zigzagante, e due rosette a incavo. Gli archi a guilloche, come le colonnette a capitello fogliato, sono sormontati da un doppio ordine divergente di onde ricorrenti e nei pennacchi si impostano gigli, palmette, nodi di Salomone e una matassa annodata conclusa a occhielli.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
La margella da pozzo presenta un fitto ornato che ne oblitera quasi completamente la superficie esterna. Il tema ornamentale conduttore – la croce inquadrata da edicola –, che nella forma della palmetta sotto archetti è attestata fin dal secondo quarto dell’VIII secolo (Kautzsch 1939; Russo 1985), è aggiornato per mezzo dell’impiego diffuso dell’intreccio di nastro vimineo bisolcato e delle onde ricorrenti.
Il motivo è di origine paleocristiana e si ricollega all’iconografia dell’Anastasis (Pani Ermini 1974b), accogliendo su di sé un insieme complesso di valori simbolici (Roth-Rubi 2015), che rimandano all’arbor vitae (le palme che affiancano la croce), al Paradiso (l’edicola come porta del Paradiso), all’ordine cosmologico (le rosette come il sole e la luna) e alla salvezza per mezzo di Cristo (il sacrificio sulla croce). Già mutuato nella plastica altomedievale romana presso il recinto presbiteriale di San Pietro in Vaticano al tempo di Gregorio III (731-741; Guiglia Guidobaldi 2002; Ballardini 2008), si diffonde capillarmente a Roma e nell’Italia centro-settentrionale nella prima metà del IX secolo.
Le cinque edicole della margella presentano disparità di trattamento tecnico-formale, segno della compresenza nella medesima officina di lapicidi di un diverso livello di abilità o formazione, un dato accertato per l’epoca (Ballardini 2010).
Nel suo impianto iconografico l’edicola, costituita da due colonnette con capitello fogliato su cui si imposta l’arco a tutto sesto, è campita da una grossa croce latina con terminazioni a volute, tutti ornati a guilloche. La base della croce è raccordata alle colonnette da un motivo a onde zigzaganti, da cui nascono due alberelli di forma piramidale con tronco a fuserole e foglie baccellate, verosimilmente cipressi (Frugoni 1990) o palme (De Santis 2000), che affiancano il braccio longitudinale della croce. Nella metà superiore si dispongono due rosette con petali tondeggianti e lanceolati e bottone centrale con cuore a incavo. Sopra l’arco, file divergenti di onde ricorrenti a forma di caulicoli si dipartono da una forma gigliata centrale simile a un capitello eolico. Nei pennacchi degli archi si alternano gigli e palmette con caulicoli, nodi di Salomone a nastro vimineo bisolcato e, in quella sezione – meno visibile? – caratterizzata da un livello qualitativo decisamente inferiore al resto della decorazione, una matassa di nastro vimineo bisolcato conclusa a occhielli. A destra della matassa, l’arco sostituisce il guilloche con una doppia fila, separata da listello a sezione semicircolare, di ovoli disposti a raggiera. Al di sotto dell’arco, delle due rosette quella di sinistra lascia il posto a una spirale a cerchio.
La margella, nota anche come puteale o vera, costituiva il parapetto a protezione dell’imboccatura di un pozzo. Sono quattro le vere da pozzo altomedievali sopravvissute a Roma, il cui impiego è attestato in relazione al disuso nel periodo degli antichi acquedotti (Betti 1998): sono tutte di forma cilindrica, sebbene se ne conoscano altrove di poligonali, ornate dal medesimo repertorio iconografico che caratterizza l’arredo liturgico romano del tempo (Paroli 2001). Due di esse, dall’atrio di San Giovanni a Porta Latina e dal chiostro lateranense (Melucco Vaccaro 1974, figg. 36 e 78), non offrono termini di confronto formale e stilistico, se non presso quest’ultima la riproposizione di taluni temi, come gli archi a onde ricorrenti, le croci e le palmette, distribuiti però secondo un’impaginazione diversa e del tutto originale. Delle altre due, conservate nel Museo dell’Alto Medioevo (Melucco Vaccaro, Paroli 1995, figg. 120-121), oggi confluito nel Museo delle Civiltà di Roma, solo una, datata alla metà del IX secolo, presenta un ornato prossimo a quello della nostra margella, con cinque edicole, onde ricorrenti, gigli e palmette in luogo delle croci. Allo stato dell’arte, la particolare forma a bocca svasata della margella di Palazzo Venezia e la sua esuberante partitura decorativa fanno di essa un unicum.
Proveniente con tutta probabilità, com'è stato ipotizzato (Mazzanti 1896; Hermanin 1945; quindi Pani Ermini 1974), dalla chiesa di Sant’Agata in diaconia sul Quirinale, la margella dovette avere in origine funzione lustrale, legata al rito del lousma che le fonti dicono celebrato al giovedì presso le diaconie romane (Marrou 1940) fin dal tempo di Adriano I (772-795). La croce e i motivi simbolici dell’ornato sottolineano ed esaltano il valore purificatorio e salvifico del rito. Successivamente, in data imprecisata, la margella poté essere reimpiegata con funzione diversa (forse un trogolo, Latini 2003), come pare suggerire il grosso foro procurato a un terzo dalla base.
Il tema iconografico adottato dalla margella è attestato a Roma su lastre tombali, paliotti, transenne e vere da pozzo fin dalla fine dell’VIII secolo ed è tanto diffuso da costituire il "vocabolario di base del linguaggio scultoreo altomedievale" (Roth-Rubi 2015). Presenta infatti moltissime occorrenze su rilievi che si differenziano solo sotto il profilo dello stile e senza nessuna attestazione certa per l’VIII secolo a Roma (il frammento con alberello da Santa Maria in Cosmedin veniva espunto già da Melucco Vaccaro 1974, fig. 108, dal resto dell’arredo di quell’edificio di culto attribuito ad Adriano I). Si tratta di un motivo già noto alla scultura della seconda metà dell’VIII secolo di ambito longobardo, come presso il pluteo del patriarca Sigualdo a Cividale (Lusuardi Siena, Piva 2001), ma rimonta a più antiche origini paleocristiane e ravennati, come nel sarcofago di Onorio del mausoleo di Galla Placidia, e ricorre nei sarcofagi con l’Anastasis (Pani Ermini 1974b registra la riduzione a simbolo degli adoranti e la loro sostituzione con rosette e palme dalla seconda metà dell’VIII secolo). A Roma una decorazione molto simile a quella orientale dovette appartenere alla recinzione presbiteriale fatta realizzare da Gregorio III in San Pietro in Vaticano – com’è ipotizzato sulla base dell’attribuzione a quel complesso dei frammenti di pluteo oggi conservati tra le Grotte Vaticane e i musei di Berlino (Russo 1985; Ballardini 2008) – modello normatore per le fabbriche carolingie dalla fine dell’VIII secolo (Paroli 2001).
Riscontri dei singoli motivi sono ravvisabili nell’impiego dei fiori a corolla concava, scolpiti con una leggera incurvatura nel pluteo di Sigualdo sopra ricordato, già più accentuata nei lacerti di cornice da Santa Maria in Cosmedin (Melucco Vaccaro 1974, fig. 106) attribuiti alla committenza di Adriano I, ma rosette dal cuore concavo e alberelli assai simili a quelli della margella decorano l’arco di ciborio o pergula da San Giovanni in Laterano (Melucco Vaccaro 1974, fig. 61) del secondo quarto del IX secolo. Alberelli caratterizzati da fusto a segmenti simili a fuserole classiche e foglie profilate si rinvengono nel frammento dalle demolizioni di Sant’Andrea in Vincis conservato al Museo di Roma a Palazzo Braschi (inv. 41230; Betti 2003), in quello dell’arco di ciborio o pergula dalla chiesa dei Santi Bonifacio e Alessio (Trinci Cecchelli 1976, fig. 16), datato all’epoca di Leone III (795-816), ma presentano maggiore aderenza stilistica al nostro manufatto i più tardi frammenti di un pluteo murato nel chiostro di San Cosimato (Kautzsch 1939, fig. 58; Barclay Lloyd, Bull-Simonsen Einaudi 1998).
A questi elementi di stile difficilmente potremmo accostare la nota documentale che riferisce a Leone III il restauro della chiesa di Sant’Agata in diaconia (Pani Ermini 1974a, p. 54). È vero tuttavia che il Liber Pontificalis dà notizia del dono di una veste da parte di Gregorio IV (827-844) al monastero di Sant’Agata (LP II, 70) e, benché non vi siano enumerati lavori di restauro o di ammodernamento relativi a quel complesso religioso, non possiamo escludere che la diaconia potesse essere fornita di un nuovo puteale forse proprio in corrispondenza di questa donazione.
Valentina Brancone
Stato di conservazione
Buona. Scalpellata sul bordo superiore, con foro a un terzo dalla base, presenta segni di consunzione sul bordo interno dovuti allo sfregamento delle corde per il sollevamento dei secchi d’acqua.
Restauri e analisi
2002-2003: restauro a cura di Maria Giulia Barberini e Maria Selene Sconci, condotto in occasione dell’allestimento del Lapidarium del Museo di Palazzo Venezia.
Provenienza
Roma, chiesa di Sant’Agata in diaconia al Quirinale (?);
Rinvenuta negli scavi effettuati nell'area del Quirinale (1870), già nella collezione Cipolla e da questa dal 1876 nel Museo Artistico-Industriale;
Roma, Museo di Palazzo Venezia dal 1957.
Esposizioni
Roma, Castel Sant’Angelo, Mostra retrospettiva in occasione dell’Esposizione Universale del 1911, 1911.
Fonti e documenti
Roma, Archivio Storico Capitolino, Elenco degli oggetti d’arte che si conservano presso il Museo Artistico-Industriale, 1884. Delibera del Consiglio Comunale n. 13 del 27 ottobre 1884, n. 233;
Roma, Archivio della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, Libro 5° dell’inventario, Fondo M.A.I., manoscritto a cura di V. Rosati, A. Ferrari, G. Ferrari, s.d. (primi anni del XX secolo), n. 45;
Ferrari Giulio, Museo Artistico-Industriale di Roma. Catalogo delle collezioni, Roma 1906, p. 15, n. 45;
Roma, Archivio del Museo del Palazzo di Venezia, Resoconto della riunione per la concessione degli oggetti del Museo Artistico Industriale in deposito al Museo di Palazzo Venezia (5 agosto 1952, prof. E. Lavagnino, prof. A.M. Colini, dr. C. Pietrangeli, prof. A. Santangelo), con allegato inventario, n. 373.
Bibliografia
Kautzsch Rudolf, Die römische Schmuckkunst in Stein vom 6. bis zum 10 Jahrhundert, in «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», III, 1939, pp. 3-73;
Marrou Henri-Iréné, L’origine orientale des diaconies romaines, in «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes», 57, 1940, pp. 95-142;
Hermanin Federico, L'Arte in Roma dal secolo VIII al secolo XIV, Bologna 1945;
Melucco Vaccaro Alessandra, La Diocesi di Roma, t. III, La II regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974;
Pani Ermini Letizia, La Diocesi di Roma, t. I, La IV regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974 (Pani Ermini 1974a);
Pani Ermini Letizia, La Diocesi di Roma, t. II, La raccolta dei Fori imperiali, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974 (Pani Ermini 1974b);
Trinci Cecchelli Margherita, La Diocesi di Roma, t. IV, La I regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1976;
Russo Eugenio, La recinzione del presbiterio di San Pietro in Vaticano dal VI all’VIII secolo, in «Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. Rendiconti», 55-56 (1982-1983/1983-1984), 1985, pp. 3-33;
Frugoni Chiara, Alberi (in Paradiso voluptatis), in L’ambiente vegetale nell’Alto Medioevo. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo (30 marzo-5 aprile 1989), XXXVII, vol. II, Spoleto 1990, pp. 724-762;
Melucco Vaccaro Alessandra, Paroli Lidia, La Diocesi di Roma, t. VI, Il Museo dell’alto Medioevo, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1995;
Barclay Lloyd Joan, Bull-Simonsen Karin, SS. Cosma e Damiano in Mica Aurea. Architettura, storia e storiografia di un monastero romano soppresso, Roma 1998;
Betti Fabio, Puteale, ad vocem, in Enciclopedia dell’Arte Medievale Treccani, IX, Roma 1998, pp. 811-816;
De Santis Paola, Palma, ad vocem, in Bisconti Fabrizio (a cura di), Temi di iconografia paleocristiana, Città del Vaticano 2000, pp. 238-240;
Paroli Lidia, La scultura a Roma tra il VI e il IX secolo, in Arena Maria Stella, Delogu Paolo, Paroli Linda et al. (a cura di), Roma dall’Antichità al Medioevo. Archeologia e storia nel Museo Romano Crypta Balbi, vol. I, Milano 2001, pp. 132-143, 487-493;
Lusuardi Siena Maria Silvia, Piva Paola, Scultura decorativa e arredo liturgico a Cividale e in Friuli tra VIII e IX secolo, in Paolo Diacono e il Friuli altomedievale (VI-IX secolo). XIV Congresso Internazionale del CISAM (Cividale del Friuli-Bottenicco di Moimacco, 24-29 settembre 1999), Spoleto 2001, pp. 493-594;
Guiglia Guidobaldi Alessandra, La scultura di arredo liturgico nelle chiese di Roma: il momento bizantino, in Guidobaldi Federico, Guiglia Guidobaldi Alessandra (a cura di), Ecclesiae urbis. Atti del Congresso internazionale di studi sulle chiese di Roma (IV-X secolo) (Roma, 4-10 settembre 2000), III, Città del Vaticano 2002, pp. 1479-1524;
Latini Massimo, Sculture altomedievali inedite del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia in Roma, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 57, 2003, pp. 113-152;
Betti Fabio, Sculture carolingie del Lapidario del Museo di Roma: materiale inedito e contesti di provenienza, in «Bollettino del Musei Comunali di Roma», XVII, n.s. 2003, pp. 142-161;
Barberini Maria Giulia, Quintiliani Giulia, Raimondo Filippo, Palazzo Venezia, il Palazzetto e il suo Lapidarium. Un viaggio tra i frammenti della Storia di Roma, Roma 2006;
Ballardini Antonella, Scultura per l’arredo liturgico nella Roma di Pasquale I: tra modelli paleocristiani e Flechtwerk, in Quintavalle Arturo Carlo (a cura di), Medioevo: arte e storia, X Convegno internazionale di studi (Pavia, 18-22 settembre 2007), Milano-Parma 2008, pp. 225-246;
Ballardini Antonella, Scultura a Roma: standards qualitativi e committenza (VIII secolo), in Pace Valentino, L’VIII secolo: un secolo inquieto. Atti del Convegno internazionale di studi (Cividale del Friuli, 4-7 dicembre 2008), Udine 2010, pp. 141-148;
Roth-Rubi Katrin (in collaborazione con Sennhauser Rudolph), Die frühe Marmorskulptur aus dem Kloster St. Johann in Müstair, Ostfildern 2015.