Marco Aurelio a cavallo

Ambito fiorentino 1536-1550

In mostra presso Palazzo Venezia

Il bronzetto, forse riferibile a una bottega fiorentina del Cinquecento, si inserisce nella lunga fortuna del Marco Aurelio oggi in Campidoglio. La statuetta riprende la composizione generale del monumento offrendone una versione lievemente variata. Si tratta evidentemente di un oggetto destinato a soddisfare la passione antiquaria di qualche collezionista privato desideroso di possedere una versione miniaturizzata del celebre bronzo romano.

Il bronzetto, forse riferibile a una bottega fiorentina del Cinquecento, si inserisce nella lunga fortuna del Marco Aurelio oggi in Campidoglio. La statuetta riprende la composizione generale del monumento offrendone una versione lievemente variata. Si tratta evidentemente di un oggetto destinato a soddisfare la passione antiquaria di qualche collezionista privato desideroso di possedere una versione miniaturizzata del celebre bronzo romano.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Marco Aurelio a cavallo Ambito Ambito fiorentino Data oggetto: 1536-1550 Materiale: Bronzo Dimensioni: altezza 24,5 cm; larghezza 22 cm
Tipologia: Bronzi Acquisizione: 1934 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 9296

Il bronzetto si configura come una riduzione del celebre monumento equestre di Marco Aurelio a Roma. Il cavallo presenta la stessa posa con la zampa anteriore destra sollevata e le posteriori al trotto, la testa lievemente ruotata a destra e le briglie ornate da due bullae per lato (all’altezza dell’occhio e del morso). Anche il cavaliere ha una posa e una fisionomia, con barba e capigliatura ricciute, simili a quelle originali. 
Si riconoscono però alcune variazioni rispetto alla statua in Campidoglio: nel cavallo la coda risulta maggiormente raccolta, sono presenti nastri che avvolgono le natiche e il petto del destriero, la forma del collare è differente; nel cavaliere la mano e il piede destro sono maggiormente sollevati, il panneggio che ricade sulla sella appare più lungo, la testa guarda dritta davanti a sé e non lievemente verso destra, accompagnando il saluto, come nel bronzo romano (Santangelo 1954, p. 50; Sommella, Parisi Presicce 1997, p. 38, n. 19). Inoltre la statuetta risulta decisamente meno rifinita nella resa della criniera, dei calzari e del  pelo del destriero: non è stata praticata alcuna lavorazione a freddo. Soprattutto il lato destro della composizione appare assai sommario, incerto, e perfino lacunoso, mancando del tutto il braccio sinistro dell’imperatore. Nonostante ciò, secondo Ludovico Pollak e Alfredo Barsanti il bronzetto costituisce una delle migliori riproduzioni del monumento capitolino, così fedele all’originale da impedire il riconoscimento della paternità, forse da ricercare nelle botteghe della Firenze di pieno Cinquecento (Pollak 1922, p. 103, n. 69). Confermando il riferimento attributivo, Pietro Cannata ha però sottolineato le differenze con il monumento e ha ipotizzato che la statuetta possa essere stata concepita non attraverso lo studio diretto del bronzo romano, bensì tramite le numerose riproduzioni grafiche del Marco Aurelio a cavallo circolanti nel corso del Rinascimento. L’artista avrebbe avuto dunque a disposizione l’immagine di una sola visuale del monumento e ciò spiegherebbe sia le modifiche arbitrarie sia il diverso grado di finitezza tra i due lati del bronzetto (Cannata 2011, p. 74, cat. 78). 
Il bronzo capitolino ha goduto di una straordinaria e ininterrotta fortuna fin dalla sua fondazione, seppur spesso erroneamente identificato con Costantino, Teodorico, Marco o Quinto Curzio o addirittura il “grande villico” della leggenda medioevale, ha sempre mantenuto il suo carattere pubblico e costituito un forte elemento identitario. Fu però la ricollocazione voluta da papa Paolo III nel 1536 e commissionata a Michelangelo ad accrescerne enormemente la celebrità fino a spingere i committenti di ogni parte d’Italia e d'Europa a desiderare di possedere nei propri studioli o sui propri scrittoi riproduzioni in scala ridotta del monumento (Gramaccini 1985, pp. 51-83). 
Bronzisti toscani, veneti e romani favorirono la diffusione sterminata di bronzetti con quel soggetto. Nel corso del XIX secolo studiosi come Leo Planiscig, Hans Robert Weihrauch e Jolán Balogh hanno tentato di individuare tutti gli esemplari cinquecenteschi e le varianti a cui anche la statuetta qui esaminata afferisce (Planiscig 1924, pp. 138-139; Weihrauch 1956, pp. 128-129; Balogh 1966, pp. 324-330, nota 4).

Marco Scansani

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Buono.

Roma, Collezione Alfredo Barsanti, 1934;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1934.

Pollak Ludwig, Raccolta Alfredo Barsanti, Roma 1922;
Planiscig Leo, Die Bronzeplastiken: Statuetten, Reliefs, Geräte und Plaketten. Katalog mit den Abbildungen sämtlicher Stücke, Wien 1924;
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo delle sculture, Roma 1954;
Weihrauch Hans Robert, Die Bildwerke in Bronze und in anderen Metallen, mit einem Anhang: Die Bronzebildwerke des Residenzmuseums, Bruckmann, München 1956;
Balogh Jolán, Studi sulla collezione di sculture del Museo di belle arti di Budapest, in «Acta historiae artium Academiae Scientiarum Hungaricae Magyar Tudományos Akadémia», XII, 1966, pp. 211-346;
Gramaccini, in Beck Herbert, Blume Dieter (a cura di), Natur und Antike in der Renaissance, catalogo della mostra (Francoforte sul Meno, Liebieghaus, 5 dicembre 1985-2 marzo 1986), Frankfurt am Main 1985, pp. 51-83;
Sommella Anna, Parisi Presicce Claudio, Il Marco Aurelio e la sua copia, Cinisello Balsamo 1997;
Cannata Pietro, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. Sculture in bronzo, Roma 2011.

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