Manopole
Manifattura austriaca 1490 circa
Queste manopole erano parte di un’armatura da guerra e, in questa forma con lame snodabili, sono dette anche "a mittene". Estremamente resistenti come dispositivo di difesa, permettevano anche di articolare la mano per meglio adoperare le armi in battaglia. Sebbene la marca dell’armaiolo non sia ancora stata identificata, è possibile ricondurle all’ambito tedesco tra il sud della Germania e l’Austria, anche in virtù della rappresentazione di armamenti simili nelle invenzioni di Albrecht Dürer.
Queste manopole erano parte di un’armatura da guerra e, in questa forma con lame snodabili, sono dette anche "a mittene". Estremamente resistenti come dispositivo di difesa, permettevano anche di articolare la mano per meglio adoperare le armi in battaglia. Sebbene la marca dell’armaiolo non sia ancora stata identificata, è possibile ricondurle all’ambito tedesco tra il sud della Germania e l’Austria, anche in virtù della rappresentazione di armamenti simili nelle invenzioni di Albrecht Dürer.
Dettagli dell’opera
(b) manopola sinistra: altezza cm 31,7, larghezza cm 11,3, spessore cm 4.
Scheda di catalogo
Queste manopole sono realizzate mediante un manichino costolato, sul quale sono presenti due rivetti (o ribattini) che servivano per fissare la fodera. Al manichino sono incernierate le otto lame che compongono il dorso e il paradita: le quattro in corrispondenza della mano hanno delle scanalature che si aprono dal polso alle nocche, le tre che proteggevano le dita sono spigolate per permettere una migliore vestibilità (di Carpegna 1969, p. 24, n. 123). Entrambe le manopole sono in buone condizioni anche se presentano segni di colpi sui manichini.
Le manopole in oggetto prendono anche il nome di manopole "a mittene" e risultano l’evoluzione medievale di protezioni più semplici per le mani, come i guanti in cuoio con piastre rigide, oppure i guanti in cotta di maglia. Queste protezioni in metallo composte da lame metalliche incernierate e snodabili si diffusero soprattutto nel XV secolo e rimasero in uso anche nel secolo successivo. Si trattava infatti di dispositivi molto solidi, ma che permettevano una buona mobilità della mano (Gelli 1900, pp. 226-227 e 235-236; Oakeshott 2012, pp. 85-87; La Rocca 2017, pp. 59-63).
Esistono diversi esempi di manopole simili musealizzate, tra le quali quelle che furono dell’armatura di Filippo d’Asburgo detto il Bello (1478-1506) realizzate dall’armaiolo austriaco Hans Prunner (Thomas, Gamber 1954, tav. 18), ma anche un paio ora al Museo Nazionale del Bargello di Firenze, che reca la marca del tedesco Kuntz Judenspiess (Scalini 1992, nn. 89-101), a testimonianza di una produzione che si snoda tra XIV e XV secolo in area germanica. Non dissimili, anche se decorate con particolari in rame, anche le manopole attribuite a Lorenz Helmschmid della collezione von Kienbusch, ora al Philadelphia Museum of Art (Breiding 2020, pp. 70-73, n. 16).
È da collegare certamente alla stessa manifattura di queste manopole anche quella conservata (singola) al Metropolitan Museum di New York che reca una marca parzialmente abrasa, ma riconducibile al contesto della città di Innsbruck (Nickel, Pyhrr, Tarassuk 1982, pp. 29-31, n. 6).
Queste manopole "a mittene" fanno parte della collezione del principe Ladislao Odescalchi (1846-1922), acquistata dallo Stato italiano nel 1959 e collocata a Palazzo Venezia nel 1969. Questa vasta raccolta non era un’armeria di famiglia, ma era frutto di mirati acquisti sul mercato nazionale (Firenze, Roma) e internazionale (Parigi, Londra) a partire dal tardo Ottocento, guidati dal gusto personale di Odescalchi (Barberini 2007).
Giulia Zaccariotto
Stato di conservazione
Buono (a) e (b).
Stemmi emblemi e marchi
Alla terminazione della manopola, sul braccio, una croce su una stella a sei punte.
Esposizioni
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Antiche armi dal sec. IX al XVIII. Già Collezione Odescalchi, maggio-luglio 1969.
Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo; Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Armi e potere nell’Europa del Rinascimento, 26 luglio-11 novembre 2018.
Bibliografia
Gelli Jacopo, Guida del raccoglitore e dell’amatore di armi antiche, Milano 1900;
Thomas Bruno, Gamber Ortwin, Die Innsbrucker Plattnerkunst, catalogo della mostra (Innsbruck, Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, 1954), Innsbruck 1954;
di Carpegna Nolfo (a cura di), Antiche armi dal sec. IX al XVIII. Già Collezione Odescalchi, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, maggio-luglio 1969), con schede a firma del curatore, Roma 1969, p. 24, n. 123;
di Carpegna Nolfo, Le armi Odescalchi, Roma 1976;
Nickel Helmut, Pyhrr Stuart W., Tarassuk Leonid, The Art of Chivalry. European Arms and Armor from the Metropolitan Museum of Art, New York 1982;
Barocchi Paola, Gaeta Bertelà Giovanna (a cura di), Eredità del Magnifico, catalogo della mostra (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 19 giugno-30 dicembre 1992), Firenze 1992;
Barberini Maria Giulia, La collezione Odescalchi di armi antiche: storia della raccolta del principe Ladislao, in «Bollettino d’arte», s. VI, XCI, 2006 (2007), 137/138, pp. 101-114;
Fossà Bianca, Studio conservativo delle armi e armature Odescalchi. Nuove metodologie per la schedatura di una collezione, in «Bollettino d’arte», s. VI, XCI, 2006 (2007), 137/138, pp. 115-142;
Oakeshott Ewart, European Weapons and Armour. From the Renaissance to the Industrial Revolution, Woodbridge 2012;
La Rocca Donald J., How to Read European Armor, New York 2017;
Scalini Mario (a cura di), Armi e potere nell’Europa del Rinascimento, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo; Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 26 luglio-11 novembre 2018), con schede a firma del curatore, Cinisello Balsamo 2018, p. 79, n. II.8;
Breiding Dirk H., Arm and Armor. Highlights from the Philadelphia Museum of Art, Philadelphia 2020.