Madonna in trono con il Bambino e angeli
Ambito toscano 1400-1410 circa
Questo trittico con gli sportelli mobili rappresenta la Madonna con il Bambino in trono, affiancata da due schiere di angeli e incoronata da due di loro. Negli sportelli, a sinistra è san Francesco e a destra san Lorenzo, entrambi in piedi con i loro attributi iconografici bene in vista. Sulle cuspidi è l’Annunciazione. L'opera è riconducibile ad ambito toscano di primo Quattrocento.
Questo trittico con gli sportelli mobili rappresenta la Madonna con il Bambino in trono, affiancata da due schiere di angeli e incoronata da due di loro. Negli sportelli, a sinistra è san Francesco e a destra san Lorenzo, entrambi in piedi con i loro attributi iconografici bene in vista. Sulle cuspidi è l’Annunciazione. L'opera è riconducibile ad ambito toscano di primo Quattrocento.
Dettagli dell’opera
sportellini laterali: altezza cm 54; larghezza cm 14.
Scheda di catalogo
Questo trittico con gli sportelli mobili, evidentemente prodotto per la devozione individuale, rappresenta la Madonna con il Bambino in trono, affiancata da due schiere di angeli, e incoronata da due di loro. Negli sportelli, a sinistra è san Francesco e a destra san Lorenzo, entrambi in piedi con i loro attributi iconografici bene in vista. Sulle cuspidi è l’Annunciazione.
L’opera, pur essendo stata sottoposta in passato a un restauro, come da nota manoscritta sulla scheda cartacea dell’archivio del museo (che però non riporta altri dati), non gode di un ottimo stato di conservazione. In più parti della tavola centrale, infatti, l’oro è stato rimesso sul bolo antico, pressoché ovunque, tranne che sulla sommità intorno al serafino. Un analogo intervento ha interessato la cornice, oggi tutta ridipinta a porporina. Su questa sono infilati i cardini, che molto probabilmente sono quelli originali, ma dopo essere stati smontati e rimontati, perché gli alloggiamenti presentano scassi non pertinenti con danni del tempo e più facilmente determinati da manomissioni.
La pittura appare spellata sugli incarnati, e tutte le lacche con cui erano dipinti i vestiti di Gabriele Arcangelo, della Vergine e di uno degli angeli della teoria attorno alla Madonna sono scolorite, lasciando visibile solo una tenue tonalità rosa al di sotto della vernice ossidata. Da chiarire è anche il motivo per cui il serafino al centro della cuspide sia stato dipinto e solo successivamente punzonato, in maniera che appare molto singolare.
In alcune aree, però, si può apprezzare ancora la delicatezza dell'esecuzione, come nelle parti ancora conservate delle dorature a missione, che decorano con raffinatezza tutti i bordi delle vesti e che sottolineano le stimmate di san Francesco, da cui zampillano piccoli raggi di luce che attraversano anche il pesante saio.
La bibliografia su questo dipinto è davvero molto scarna. Santangelo (1948, p. 35) riferiva un parere di Roberto Longhi che lo attribuiva a un anonimo fiorentino fra il 1420 e il 1430 e che vi individuava l’influenza di Giovanni dal Ponte e di Masaccio giovane.
La stessa indicazione fu proposta da Federico Zeri (1955, pp. 9-10, n. 140), anche se nella foto conservata nella Fototeca della Fondazione Zeri è riportata l’attribuzione ad Alvaro Pirez (Fototeca Zeri, busta 133, scheda n. 11448).
In realtà entrambi i riferimenti non colgono nel segno e indicano una certa difficoltà nel leggere puntualmente lo stile di questo dipinto. Se è vero che nel san Francesco qualche ricordo di Giovanni dal Ponte si può vedere nel volto, per il resto le figure piene e le pieghe squadrate discendono direttamente dal mondo di Agnolo Gaddi, così come si può osservare nelle grandi figure degli angeli in primo piano inginocchiati ai piedi della Vergine. Lo stesso si può dire per l’Arcangelo annunciante, che si confronta perfettamente con lo stesso soggetto affrontato proprio da Agnolo Gaddi negli affreschi del Duomo di Prato.
Se questi punti di contatto orientano a cercare l'autore della tavola a Firenze nella stretta cerchia di Agnolo, altri dettagli quali le fisionomie dei personaggi dallo sguardo vivace come si vede nel san Lorenzo, la pittura più guizzante, con pennellate minute, inducono a percorrere altre strade.
Come mi suggerisce Andrea De Marchi, quest’opera potrebbe rappresentare la fase giovanile di Battista di Gerio, artista pisano attivo tra la fine del XIV e i primi decenni del XV secolo. Un’indicazione da tenere nella massima considerazione, soprattutto perché il volto del san Lorenzo e quello della Vergine Annunciata si possono ben confrontare con gli occhi vivi e le fisionomie rotonde tipici del pittore pisano. Ipotesi suggestiva ma che potrà essere verificata solo dopo un attento restauro tale da aiutare la lettura dell’opera.
Alessandro Delpriori
Stato di conservazione
Compromesso.
Provenienza
Roma, Collezione Giulio Sterbini;
Roma, Collezione Giovanni Armenise, 1940;
Roma, Museo di Palazzo Venezia, donazione 1940.
Bibliografia
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1948, p. 35;
Zeri, Federico (a cura di), Catalogo del Gabinetto Fotografico Nazionale. 3. I dipinti del Museo di Palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, pp. 9-10, n. 140.