Madonna in trono con il Bambino detta Madonna di Acuto
Ambito centro-italiano Inizio del XIII secolo
La scultura lignea policroma raffigura la Vergine, in rigida posa frontale e seduta, che sorregge sul braccio destro il Bambino benedicente. Quest'ultimo è raffigurato di tre quarti, vestito con tunica clavata e mantello e sulla testa indossa una corona: con la mano sinistra tiene fermo sul ginocchio un libro decorato con un grande vetro incastonato sul piatto. La Vergine è abbigliata con una tunica, un mantello cosparso di numerosi castoni, anch'essi riempiti con vetri, e tenuto fermo sul petto da una sorta di fibula a disco. La base inferiore è di restauro.
La scultura lignea policroma raffigura la Vergine, in rigida posa frontale e seduta, che sorregge sul braccio destro il Bambino benedicente. Quest'ultimo è raffigurato di tre quarti, vestito con tunica clavata e mantello e sulla testa indossa una corona: con la mano sinistra tiene fermo sul ginocchio un libro decorato con un grande vetro incastonato sul piatto. La Vergine è abbigliata con una tunica, un mantello cosparso di numerosi castoni, anch'essi riempiti con vetri, e tenuto fermo sul petto da una sorta di fibula a disco. La base inferiore è di restauro.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
La scultura lignea policroma fu acquistata nel 1920 da Federico Hermanin per il costituendo Museo del Palazzo di Venezia, dove è ininterrottamente esposta come una delle opere identitarie della collezione. Incerte sono le sue vicende ad Acuto, paese dell’allora campagna romana e oggi in provincia di Frosinone: al momento del trasferimento a Roma l’opera era conservata nella chiesa di Santa Maria Assunta, dove era giunta dalla chiesa di San Sebastiano, ed era corredata di una pregevole – ma posticcia (forse del XIV secolo) – corona metallica sul capo della Vergine (ora nei depositi). Essendo cava e non lavorata nella parte posteriore, è stato ipotizzato che fosse originariamente sistemata entro un “armadio” provvisto di sportelli o in una nicchia.
Non definita resta anche la destinazione a reliquiario del castone della fibula a disco: nel restauro del 1967 è stato rinvenuto vuoto (Brugnoli 1967; Brugnoli 1968), ma tale ipotesi è stata ampiamente sostenuta grazie al confronto con opere coeve e precedenti, specie d’Oltralpe. Più recentemente, però, anche se senza prove risolutive, si è invece sostenuto (Fachechi 2011) che, come per gli altri castoni, anche quest’ultimo sia stato riempito solo per una funzione decorativa.
La scultura ha fin da subito riscosso grande attenzione, soprattutto per l’ottimo stato conservativo. Il restauro effettuato nel 1967 ha provveduto a eliminare le estese ridipinture sugli incarnati e sul manto, rivelando una facies pittorica che, a eccezione delle dorature posticce a foglia d’oro, potrebbe essere databile al XIV secolo (Brugnoli 1967; Brugnoli 1968), e che da altri (Fachechi 2011; Fachechi 2012) è invece ritenuta originale. L’attuale policromia si contraddistingue per l’uso di pigmenti particolarmente preziosi applicati su una preparazione di gesso e colla animale: cinabro per i rossi, mescolato con il bianco di piombo per gli incarnati; azzurrite per i blu e un pigmento a base di rame mescolato con l’orpimento per i verdi. Quanto alle “gemme” che ornano le vesti, le recenti analisi diagnostiche hanno evidenziato che gli incavi non ospitano pietre preziose, come un tempo si credeva almeno per quelle laterali della fibula, ma vetri opacizzati e colorati: è stata infatti riscontrata presenza di cobalto per il blu e di rame per il verde (Fachechi, Bracci 2019). Questi vetri incastonati sono gli unici ancora nella sede originaria, a differenza degli altri che sembrerebbero essere stati sostituiti già in antico (Brugnoli 1967; Brugnoli 1968).
La Madonna di Acuto è stata inclusa all’interno di un gruppo di sculture lignee policrome della campagna romana, incentrato sulla cosiddetta Madonna di Costantinopoli della chiesa di Santa Maria Maggiore di Alatri e costituito inoltre dalle Madonne di Vico nel Lazio (chiesa di San Martino), del santuario della Mentorella e, infine, di Subiaco (chiesa di Santa Maria della Valle). I rapporti tra queste opere – in senso cronologico, tipologico e storico-artistico – restano ancora un problema assai dibattuto, essendo la Madonna di Acuto ora considerata la più precoce (de Francovich 1937; de Francovich 1943; Brugnoli 1967; Brugnoli 1968) ora la più tarda (Santangelo 1954) di una “serie” costruita a tavolino, ma che – già a un macro-livello iconografico – non è affatto uniforme o standardizzata (Curzi 2014). Delle cinque sculture, infatti, quella di Acuto è l’unica a presentare la Vergine dexiokratousa, ossia nell’atto di sorreggere il Bambino sul braccio destro, che pure ha nobili esempi nelle icone romane dipinte (dall’imago antiqua altomedievale di Santa Francesca Romana alle tavole della chiesa del Santissimo Nome di Maria e già in Sant'Angelo in Pescheria, fine XI-XII secolo). È in virtù di queste suggestioni “iconiche”, evidenti per la posa ieratica e per lo sguardo fisso e penetrante, che si è parlato per la Madonna di Acuto di “substrato” (de Francovich 1943), “tradizione” (de’ Maffei 1957) o “impostazione” (Barberini 1988) bizantini, anche se in “connubio” (de Francovich 1943) con elementi romanici che conferiscono uno spiccato “vigore plastico” (Curzi 2014) alle figure, ammantate di panneggi accuratamente modellati. La fonte di questi elementi romanici, a cominciare dagli studi di de Francovich (de Francovich 1937; de Francovich 1943), è stata chiaramente individuata in ambito padano, grazie al fortunato confronto tra la scultura laziale e la Vergine di Benedetto Antelami dell’Adorazione dei Magi del battistero di Parma, databile al 1196. Nel tentativo di meglio circostanziare questo riferimento sono stati evocati esempi d’Oltralpe, specie alverniati, per la comune matrice stilistica e tosco-emiliani per illustrare la diffusione del linguaggio padano sino a Roma e al Lazio (Brugnoli 1937; Brugnoli 1943). Resta pertanto plausibile una datazione forse già agli inizi del XIII secolo, ma senza che sia possibile circoscrivere l’ambito di produzione, lato sensu, centro-italiano.
Lorenzo Riccardi
Stato di conservazione
Ottimo.
Restauri e analisi
1920: restauro eseguito da Carmelo Gardini, sotto la direzione di Federico Hermanin;
1967: restauro eseguito da Aldo Angelini, sotto la direzione di Maria Vittoria Brugnoli;
2009-2011: analisi diagnostiche in occasione della nuova catalogazione delle sculture in legno eseguita da Grazia Maria Fachechi.
Provenienza
Acuto, parrocchia di Santa Maria Assunta;
Roma, Museo di Palazzo Venezia, acquisto del 1920, perfezionato nel 1932.
Esposizioni
Parigi, Petit Palais, Trésors d'art du Moyen Âge en Italie, maggio-luglio 1952, n. 117;
Milano, Museo Poldi Pezzoli, Sculture lignee medievali, giugno-luglio 1957;
Roma, Palazzo Venezia, Sala Barbo, Mostra di opere d’arte restaurate nel 1967, aprile 1968;
Roma, Palazzo Venezia, Imago Mariae. Tesori d’arte della civiltà cristiana, 20 giugno-2 ottobre 1988;
Ravenna, Museo Nazionale, Deomene. L’immagine dell’orante fra Oriente e Occidente, 25 marzo-24 giugno 2001.
Fonti e documenti
Riccardi 2021.
Bibliografia
Hermanin Federico, Sculture medioevali romane, in «Dedalo», 1, 1920-1921, pp. 217-223;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia. Mostre e grandi sale, Bologna 1925, pp. 29-30;
Toesca Pietro, Il Medioevo, Torino 1927, p. 829;
Lavagnino Emilio, Storia dell’arte medioevale italiana, Torino 1936, p. 345;
de Francovich Géza, A Romanesque School of Wood Carvers in Central Italy, in «Art Bulletin», 19, 1937, pp. 4-57;
de Francovich Géza, Scultura medioevale in legno, Roma 1943, pp. 12-13;
Hermanin Federico, L’Arte in Roma dal secolo VIII al XIV, Bologna 1945, pp. 145-147, 150, 230, 364;
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo delle sculture, Roma 1954, p. 24;
de’ Maffei Fernanda, in Mostra delle sculture lignee medioevali, catalogo della mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli, giugno-luglio 1957), Milano 1957, p. 21, n. 4;
Carli Enzo, Scultura lignea italiana, Milano 1960, p. 29;
Toesca Ilaria, La Madonna di Santa Maria della Valle a Subiaco, in «Bollettino d’arte», 49, 1964, pp. 218-219;
Brugnoli Maria Vittoria, Museo di Palazzo Venezia. Prima metà sec. XIII: Madonna con bambino detta “di Acuto”, in «Bollettino d’arte», s. V, 52, 1967, p. 250;
Brugnoli, in Mostra di opere d’arte restaurate nel 1967. Soprintendenza alle Gallerie e alle Opere d’Arte medioevali e moderne del Lazio, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, Sala Barbo, aprile 1968), Roma 1968, pp. 5-7, n. 1;
Ticconi Maria, La Madonna di Acuto, in «Terra Nostra», 17, 1978, 11-12, pp. 27-28;
Barberini, in Amato Pietro (a cura di), Imago Mariae. Tesori d’arte della civiltà cristiana, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia, 20 giugno-2 ottobre 1988), Milano 1988, pp. 79-80, n. 24;
Nicita, in Donati Angela, Gentile Giovanni (a cura di), Deomene. L’immagine dell’orante fra Oriente e Occidente, catalogo della mostra (Ravenna, Museo Nazionale, 25 marzo-24 giugno 2001), Milano, p. 206, cat. 1;
Fachechi Grazia Maria, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. Sculture in legno, Roma 2011, pp. 71-74, n. 1;
Fachechi Grazia Maria, Di legno e d’oro, d’azzurrite e di cinabro: la romanica Madonna di Acuto e il suo statuto di oggetto di transizione, in Cappelletti Francesca et al. (a cura di), Le due Muse. Scritti d’arte, collezionismo e letteratura in onore di Ranieri Varese, Ancona 2012, pp. 216-227;
Curzi Gaetano, Origine e diffusione delle Madonne in Maestà in Italia centromeridionale: il caso di Alatri tra Lazio e Campania, in Leone de Castris Pierluigi (a cura di), Sculture in legno a Napoli e in Campania fra Medioevo ed età moderna, Atti del convegno (Napoli, 4-5 novembre 2011), Napoli 2014, pp. 24-36;
Fachechi Grazia Maria, Bracci Susanna, Romanesque Polychrome Wood Sculptures in Italy: Towards a Corpus and a Comparative Analysis of the Data from Arthistorical and Technical Studies, in «Medievalista», 26, 2019 [on line, consultato il 13/08/2022]. Link: http://www2.fcsh.unl.pt/iem/medievalista/MEDIEVALISTA26/fachechibracci2603;
Riccardi Lorenzo, Circondata di rispetto e protezione: per una storia della tutela della scultura lignea medievale nel Frusinate, in Angelelli Walter, Pomarici Francesca, Tra Chiesa e Regno: nuove ricerche sull’arte del Basso Medioevo nel Frusinate, Roma 2021, vol. II, pp. 409-454.