Madonna con Bambino o Madonna dell'Umiltà

Catarino Veneziano Fine XIV secolo

La tavola raffigura una Madonna dell'Umiltà; la Vergine è seduta a terra e stringe a sé il Bambino. La tavola è stata ritagliata ai bordi ed è recisa sotto le ginocchia della Vergine. I personaggi si stagliano contro uno sfondo giallo dorato che sfuma fino al colore rosso vivo, donando loro luminosità e regalità, e si staccano dal fondo con forza plastica e volumetria. La Vergine ha un abito azzurro, che cade morbido sulla spalla sinistra formando pieghe che donano tridimensionalità al corpo, e un mantello rosso con decorazioni di tonalità più scura.

La tavola raffigura una Madonna dell'Umiltà; la Vergine è seduta a terra e stringe a sé il Bambino. La tavola è stata ritagliata ai bordi ed è recisa sotto le ginocchia della Vergine. I personaggi si stagliano contro uno sfondo giallo dorato che sfuma fino al colore rosso vivo, donando loro luminosità e regalità, e si staccano dal fondo con forza plastica e volumetria. La Vergine ha un abito azzurro, che cade morbido sulla spalla sinistra formando pieghe che donano tridimensionalità al corpo, e un mantello rosso con decorazioni di tonalità più scura.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Madonna con Bambino o Madonna dell'Umiltà Autore: Catarino Veneziano Data oggetto: Fine XIV secolo Materiale: Legno, Tempera, Oro Tecnica: Tempera su tavola, Tempera e oro su tavola Dimensioni: altezza 95 cm; larghezza 70 cm
Tipologia: Dipinti Acquisizione: 1940 Numero inventario principale: 10242

La tavola, raffigurante una Madonna con Bambino, è stata ritagliata ai bordi; in origine doveva presentarsi di dimensioni maggiori e avere una forma diversa rispetto all’attuale, forse cuspidata considerando che in corrispondenza degli angoli superiori della tavola lo strato pittorico è resecato in obliquo. La parte inferiore risulta alquanto manomessa, la tavola è infatti recisa appena sotto le ginocchia della Vergine, rendendo difficoltoso comprendere la posizione originale del corpo; tuttavia la mancanza di uno scranno o di un trono visibile e la presenza a sinistra della figura di una fascia di terra scura dalla quale emergono i profili di elementi vegetali, lascia presupporre che sia seduta a terra e comunque che si trovi in un contesto bucolico, e dunque che si tratti di una Madonna dell’Umiltà (Flores D’Arcais 1979, pp. 385-387).  I due protagonisti della scena si stagliano contro uno sfondo giallo dorato che sfuma fino al colore rosso vivo, cosa non rara nei pittori veneti dell’ultimo Trecento, donando loro luminosità e regalità. Le figure si staccano dal fondo oro con forza plastica, il corpo della Vergine è definito con volumetria, resa ancor più evidente dall’espediente della posa leggermente di tre quarti; l’abito azzurro cade morbido sulla spalla sinistra formando pieghe che donano tridimensionalità al corpo soprattutto nella zona tra le ginocchia, dimostrando da parte dell’autore abilità nella definizione dello spazio. La durezza e la legnosità riscontrabili in altre opere di Catarino è qui quasi del tutto assente, i passaggi cromatici sono dolci e i chiaroscuri ben definiti. Il dipinto è stato giustamente accostato da Francesca Flores D’Arcais alla Madonna dell’Umiltà dello stesso autore conservata nella Pinacoteca Comunale di Faenza (Flores D’Arcais 1965, p. 144). Catarino realizza un gruppo piuttosto consistente di Madonne dell’Umiltà; ne sono note ben cinque: oltre a quella in oggetto, conosciamo quelle dello scomparto centrale del polittico di Baltimora  (Zeri 1976, pp. 55), una conservata all'Art Museum di Worcester, una nella chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia e quella già citata della Pinacoteca Comunale di Faenza. Difficile tentare una collocazione cronologica per questo gruppo di tavole perché ripetono lo stesso motivo con variazioni minime, legate alla maniera di Lorenzo Veneziano e a una tradizione stanca e attardata della pittura veneziana del Trecento. Tuttavia, quella secchezza tipica della produzione pittorica di Catarino, alla quale si accennava in precedenza, in alcune opere, come nella Madonna di Faenza, è più evidente, le figure sono definite da un contorno netto e marcato e il Cristo Bambino assume una posa meno naturale. La maggior naturalezza e abilità nella raffigurazione dei movimenti dei corpi riscontrabile nella Madonna dell’Umiltà di Palazzo Venezia spingerebbe a proporre per la tavola in questione una datazione più tarda, collocandola in una fase di piena maturità dell’artista. Assolutamente simili sono invece il profilo puntuto e l’espressione assorta della Vergine e la resa delle mani affusolate, a donare regalità. La decorazione con elementi dorati del mantello azzurro della Vergine è invece identica a quella del polittico di Baltimora.
Citato già da Cavalcaselle e Crowe nella Storia della pittura in Italia (IV, 1887, pp. 319-324), da Venturi, da Testi – che ha risolto esaurientemente, attraverso l'esame delle fonti documentarie rinvenute, il problema dell'identificazione di Catarino rispetto ad altri due artisti omonimi attivi a Venezia in date a lui prossime – e da Thieme-Becker (VI, p. 185), la personalità di Catarino è stata approfondita da altri studiosi e il catalogo definito dalla stessa Flores D’Arcais, la quale ha confermato l’accostamento dei modi dell’artista a quelli dei più noti Lorenzo e Paolo Veneziano (Pallucchini 1964, p. 198) ipotizzando però un contatto anche con i pittori di Terraferma, evidente nella consuetudine di Catarino ad abbozzare i volumi per mezzo del chiaroscuro (Flores D’Arcais 1979).
Siamo comunque di fronte a una personalità secondaria della pittura veneziana della fine del XIV secolo, un “volgarizzatore” della maniera di artisti più noti e talentuosi operanti nella laguna veneta in quel giro di anni.

Valentina Fraticelli

Buono.

Roma, Collezione Lupi;
Roma, Collezione Giulio Sterbini;
Roma, Collezione Giovanni Armenise;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1940.

Cavalcaselle Giovanni Battista, Crowe Joseph Archer, Storia della pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, IV, London 1887, pp. 319-324; 
Venturi Lionello, Le origini della pittura veneziana. 1300-1500, Venezia 1907, pp. 32-34; 
Test Laudedeo, La storia della pittura veneziana, I, Bergamo 1909, pp. 236-246; 
Santangelo Antonino (a cura di), Il Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1948, p. 31;
Thieme Ulrich, Becker Felix, Kunstlerlexicon, VI, Frankfurt am Main 1921, p. 185; 
Prijateli Kruno, Un documento zaratino su Catarino e Donato, in «Arte Veneta», 16, 1962 (1963), pp. 145-146; 
Pallucchini Rodolfo, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964, pp. 195-200;
Scassellati Riccardi Vincenza, Una "Madonna" di Catarino, in «Arte antica e moderna», 27, 1964, pp. 295-296; 
Dazzi Manlio Torquato, L'"Incoronazione della Vergine" di Donato e Catarino, in «Atti dell'Istituto veneto di scienze, lettere e arti, classe di scienze morali e lettere», 123, Venezia 1964-1965, pp. 515-525; 
Flores D’Arcais Francesca, Per il catalogo di Catarino, in «Arte Veneta», 1965, p. 144;
Petricioli Ivo, Jedno Catarinovo dielo u Zadru? (Un'opera di Catarino a Zara?), in «Peristil», 7-9, 1965-1966, pp. 57-61;
Zeri Federico, Italian Paintings in the Walters Art Gallery, Baltimore 1976;
Flores D’Arcais Francesca, Catarino Veneziano, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, 22, Roma 1979, pp. 385-387;
Lucco Mauro, Caterino di Marco da Venezia, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento a Venezia, Milano 1986, I, pp. 142-144; II, pp. 561-562;
Petrocchi Stefano, Caterino, ad vocem, in Enciclopedia dell'Arte medievale, Roma 2003.

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