Madonna con Bambino e angeli, san Giuliano (?) e una santa martire

Lorenzo di Bicci 1375-1385 circa

Dipinto a tempera su tavola che raffigura la Madonna con Bambino affiancata da angeli e ai piedi san Giuliano (?), una santa martire e due santi musici. La cornice è di restauro di foggia neogotica. 

Dipinto a tempera su tavola che raffigura la Madonna con Bambino affiancata da angeli e ai piedi san Giuliano (?), una santa martire e due santi musici. La cornice è di restauro di foggia neogotica. 

Dettagli dell’opera

Denominazione: Madonna con Bambino e angeli, san Giuliano (?) e una santa martire Autore: Lorenzo di Bicci Data oggetto: 1375-1385 circa Materiale: Legno, Tempera, Oro Tecnica: Tempera e oro su tavola, Olio e tempera su tavola Dimensioni: altezza 72 cm; larghezza 43 cm; spessore 8 cm
Tipologia: Dipinti Numero inventario principale: 10210

Il dipinto, per forma e dimensioni, appartiene alla tipologia degli altaroli destinati alla devozione privata.
Al centro della tavoletta, di forma archiacuta, si staglia la monumentale figura della Vergine, in piedi e avvolta in un mantello blu scuro bordato in oro da cui fuoriescono solo il volto e le mani.
Maria, assorta nei suoi pensieri, rivolge lo sguardo a sinistra senza intrattenere nessun colloquio visivo né con lo spettatore né con il Figlio che, trattenuto tra le sue mani, sembra quasi sfuggirle al controllo.
Le due figure sono poste davanti a un drappo rosso decorato con un motivo in oro con pigne al cui interno vi sono decorazioni fitomorfiche o coppie di uccelli posti di schiena. Il drappo è sostenuto da due angeli abbigliati in vesti verdi decorate in oro. La Madonna è affiancata alla sua destra da un santo con una veste cavalleresca arancione su cui porta un ampio manto, anch’esso arancio, soppanato di vaio; nelle mani stringe una lunga spada con l’elsa dorata. Seppur non vi siano altri attributi iconografici o iscrizioni che possano rendere certa l’identificazione del santo, la critica storico-artistica ha ragionevolmente proposto il nome di san Giuliano l’ospitaliere. A sinistra della Madonna vi è una santa abbigliata con una veste verde e un lungo mantello color malva. Si tratta di una martire, come desumibile dalla palma che stringe nella mano destra. Oltre alla giovane età, gli altri pochi attributi iconografici presenti sono un libro stretto nella mano sinistra e la corona. Tutti questi elementi hanno portato con molta cautela ad avanzare un’identificazione in santa Caterina d’Alessandria (Zeri 1955, p. 7), nonostante manchi il classico attributo dello strumento del martirio e cioè la ruota dentata. Ai piedi della Vergine, tra i due santi, vi sono due angeli in ginocchio intenti a suonare una viella, l’angelo a sinistra, e un salterio, l’angelo a destra.
Antonino Santangelo (1947, p. 36) ci informa che il dipinto era nella collezione di Giulio Sterbini, uomo di fiducia di papa Leone XIII. La ricca collezione di dipinti medievali passò poi per via ereditaria alla famiglia Lupi e, successivamente, fu acquistata dal banchiere Giovanni Armenise. Questi la donò nel 1940 allo Stato italiano (Pacia 1988) e il dipinto in esame entrò nella collezione di opere del Museo di Palazzo Venezia.
L’opera non ha avuto molta fama tra la critica storico-artistica; è menzionata per la prima volta da Santangelo (1947, p. 36) nel catalogo dei dipinti del Museo di Palazzo Venezia con un’attribuzione a Lorenzo di Bicci o al figlio Bicci di Lorenzo e un confronto stilistico con un altro altarolo – sempre nelle collezioni del Museo di Palazzo Venezia – raffigurante la Madonna con il Bambino tra quattro santi, anch’esso ricondotto all’attività di Lorenzo di Bicci. La sola attribuzione a Lorenzo di Bicci è sostenuta dalla critica successiva (Zeri 1955, p. 7; Boskovits 1975, p. 336).
Il pittore fiorentino, attivo tra gli anni settanta del Trecento e il primo ventennio del secolo successivo, fu a capo di una generazione di artisti; la sua bottega fu ereditata dal figlio Bicci di Lorenzo e in seguito dal nipote Neri di Bicci. Fortemente influenzato dalla lezione orcagnesca, nell’ultimo periodo della sua attività rinnovò in parte il suo stile immettendo stilemi di stampo tardogotico ma restando sempre fedele alla tradizione pittorica tardo giottesca (Baldini 2010, p. 64 con bibliografia precedente). 
Nel piccolo dipinto in esame si nota una cromia smaltata negli incarnati, con ombre fonde che tracciano i contorni, un modellato sodo e compatto e figure che s’impongono statuarie nello spazio. Tutto ciò lascia intravedere un debito molto forte soprattutto nei confronti di Jacopo di Cione, pertanto il dipinto sembra essere collocabile nella prima fase di attività dell’artista, intorno alla metà dell’ottavo decennio del Trecento.

Valentina Fraticelli

Buono.

Roma, Collezione Giulio Sterbini;
Roma, Collezione Lupi;
Roma, Collezione Giovanni Armenise;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1940.

Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1947, p. 36; 
Zeri Federico (a cura di), Catalogo del Gabinetto Fotografico Nazionale. 3. I dipinti del Museo di Palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, p. 7; 
Boskovits Miklós, Pittura fiorentina alla vigilia del Rinascimento 1370-1400, Firenze 1975, p. 336; 
Pacia Amalia, La collezione Sterbini, in Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Roma (a cura di), Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Roma 1988; 
Baldini Federica, Lorenzo di Bicci, in Boskovits Miklós, Parenti Daniela (a cura di), Cataloghi della Galleria dell’Accademia di Firenze. Dipinti. II. Il Tardo Trecento. Dalla tradizione orcagnesca agli esordi del Gotico internazionale, Firenze 2010, p. 64.

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