Frammento di pluteo bifronte con alberello
Ambito romano Primo quarto del IX secolo
Frammento di pluteo marmoreo bifronte, decorato da un alberello stilizzato a tronco divaricato, caulicoli e foglie baccellate profilate con fogliette cuoriformi pendule, compreso tra una colonna tortile e un braccio di croce a guilloche, e nodi di nastro vimineo bisolcato intersecati da diagonali con occhielli a ogiva, entro una cornice a denti di sega.
Frammento di pluteo marmoreo bifronte, decorato da un alberello stilizzato a tronco divaricato, caulicoli e foglie baccellate profilate con fogliette cuoriformi pendule, compreso tra una colonna tortile e un braccio di croce a guilloche, e nodi di nastro vimineo bisolcato intersecati da diagonali con occhielli a ogiva, entro una cornice a denti di sega.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Sopravvissuti in due distinti frammenti, i lacerti marmorei del Lapidarium di Palazzo Venezia, decorati sulle due facce da alberelli stilizzati e nodi a intreccio (invv. 13604 e 13605), devono essere ricondotti a un medesimo manufatto, verosimilmente un pluteo di recinzione presbiteriale. I reperti presentano uno stesso schema decorativo e sono qualitativamente comparabili.
In questo frammento, più completo, un alberello ha foglie baccellate che si dipartono da un tronco sottile a incisione doppia, serrato tra due caulicoli, e che digradano verso la cima da cui spuntano due foglie cuoriformi, una incisa a punta di freccia l’altra a frutti tondeggianti: si tratta del segno iconico della palma dattilifera, componente figurativa della Traditio Legis e simbolo di resurrezione e di ambiente paradisiaco (Frugoni 1990; Spera 2000). L’alberello configura invece un cipresso, che assieme al cedro simboleggia l’Albero della Vita della Gerusalemme celeste (Frugoni 1990).
L’arbor vitae, nella nostra redazione, si staglia su un fondo liscio e luminoso, ricollegandosi, per mezzo di una base a onda di nastro vimineo bisolcato, a una colonnina tortile con capitello a foglie d’acqua sul lato sinistro e sul lato destro a un pilastrino decorato da un motivo a intreccio. Questo deve essere identificato nel braccio longitudinale di una croce, se possiamo idealmente accostare il nostro frammento a un pluteo da Santa Sabina (Trinci Cecchelli 1976, fig. 235) formalmente congruente. Il motivo a guilloche, di matrice orientale e diffuso nella decorazione longobarda su vari supporti, costituisce invece un tratto caratterizzante degli arredi liturgici di ambito romano fin dall’età di Leone III (795-816; Martorelli e Pettinelli 2022).
Il tema iconografico adombrato nel frammento è quello dell’edicola binata con croci affiancate da palmette o alberelli figura dell’arbor vitae (Romanini 1975; Roperti 2007; Casartelli Novelli 2019), tema di ascendenza paleocristiana, rinnovato dalla sua adozione presso il recinto presbiteriale della basilica di San Pietro in Vaticano di Gregorio III (731-741; Ballardini 2008, fig. 25) e recuperato alla plastica carolingia fin dalla fine dell’VIII secolo con valore semantico complesso – allusivo tra gli altri alla porta del Paradiso e alla crocifissione (Roth-Rubi 2015) – e associato a manufatti come vere da pozzo, lastre tombali, paliotti e pezzi diversi di arredo ecclesiastico.
La consonanza di motivi iconografici e di trattamento formale rende plausibile l’appartenenza dei due frammenti di pluteo bifronte a un medesimo contesto di recinzione presbiteriale, che verosimilmente su un lato recava l’iconografia della croce sotto arcata, forse a edicola binata (come potrebbe suggerire la doppia colonnina tortile del secondo frammento (inv. 13605), e sull’altro un decoro a intreccio ben noto alla plastica carolingia, costituito da nodi di nastro vimineo bisolcato con occhielli a ogiva intersecati da diagonali, entro una cornice a denti di sega.
In particolare, il disegno dell’ornato a intreccio ipoteticamente ricostruito in forma di cerchi annodati a formare nodi di Salomone (Latini 2003, fig. 25) dovrà essere corretto sulla base del confronto con i frammenti di lastre da Santa Maria in Domnica (Melucco Vaccaro 1974, figg. 133-134; Ranucci 2003, figg. 7-8), da San Giovanni a Porta Latina (Melucco Vaccaro 1974, fig. 35a) o ancora da Santa Maria in Trastevere (Bull-Simonsen Einaudi 2001, fig. 8), dal momento che nella metà destra in alto del secondo frammento (inv. 13605) si percepisce chiaramente la presenza di un nodo, tale da produrre una matassa di cerchi con occhielli a ogiva annodati e intersecati da diagonali.
La diversa distribuzione dell’ornato sulle due facce del pluteo ha fatto supporre che il lato con il decoro a intreccio, lasciato a risparmio nella parte inferiore della lastra, fosse addossato a un presbiterio rialzato (Latini 2003). È possibile tuttavia che, come in Santa Maria in Trastevere (Bull-Simonsen Einaudi 2001) ai plutei si addossassero panche per inginocchiatoi, utilizzate dai fedeli per ricevere l’eucarestia direttamente dalle mani dei presbiteri, secondo le disposizioni del rito carolingio.
Quanto alla possibile datazione del pluteo bifronte, se resta difficile – considerata la pervasività del motivo – assegnare il decoro a intreccio a una cronologia diversa da una generica prima metà del IX secolo, occorre invece riferire la decorazione a edicola al possibile modello offerto dai plutei di Santa Sabina (Trinci Cecchelli 1976, in particolare fig. 235; Gianandrea 2011), datati al primo anno del pontificato di Eugenio II (824-827; Betti 2017; Roth-Rubi 2015). Un alberello molto simile al nostro si attesta su una lastra di paliotto o pluteo da San Colombano a Bobbio (Destefanis 2008, fig. 2), datato ai primi decenni del IX secolo, segno di una comunanza di visione all’interno della koiné carolingia (Lomartire 2013; Roth-Rubi 2020).
Il nostro frammento denuncia una qualità molto alta, come rivelano l’accorta opera di intaglio e levigatura delle superfici e l’impiego di un prezioso marmo proconnesio, e può essere accostato a una plastica matura, quale quella prodotta nella fabbrica di Santa Prassede sull’Esquilino, commissionata da Pasquale I (817-824). Peraltro la continuità dell’operato delle maestranze attive nelle fabbriche romane tra i due pontificati di Pasquale I e di Eugenio II è stata più volte riaffermata (Melucco Vaccaro 1999; Melucco Vaccaro 2001; Ballardini 2008, Roth-Rubi 2015).
Valentina Brancone
Stato di conservazione
Discreto. Sbozzato e scalpellato.
Restauri e analisi
2002-2003: restauro a cura di Maria Giulia Barberini e Maria Selene Sconci, condotto in occasione dell’allestimento del Lapidarium del Museo di Palazzo Venezia.
Provenienza
Ignota. Rinvenuto durante i lavori di sterro del Palazzetto, nell’ambito delle demolizioni effettuate nell’area in vista dello spostamento del Palazzetto di Venezia (1910-1914).
Bibliografia
Melucco Vaccaro Alessandra, La Diocesi di Roma, t. III, La II regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974;
Romanini Angiola Maria, Tradizione e "mutazioni" nella cultura figurativa precarolingia, in La cultura antica nell’Occidente latino dal VII all’XI secolo, XXII Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1975, pp. 759-789;
Trinci Cecchelli Margherita, La Diocesi di Roma, t. IV, La I regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1976;
Frugoni Chiara, Alberi (in Paradiso voluptatis), in L’ambiente vegetale nell’Alto Medioevo. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo (30 marzo-5 aprile 1989), XXXVII, vol. II, Spoleto 1990, pp. 724-762;
Melucco Vaccaro Alessandra, Le officine marmorarie romane nei secoli VII-IX. Tradizione e apporti, in Cadei Antonio et al. (a cura di), Arte d’Occidente. Temi e metodi. Studi in onore di Angiola Maria Romanini, I, Roma 1999, pp. 299-308;
Spera Lucrezia, s.v. Traditio legis et clavium, in Bisconti Fabrizio (a cura di), Temi di iconografia paleocristiana, Città del Vaticano 2000, pp. 288-293;
Bull-Simonsen Einaudi Karin, L’arredo liturgico medievale in Santa Maria in Trastevere, in de Blaauw Sible (a cura di), Arredi di culto e disposizioni liturgiche a Roma da Costantino a Sisto IV. Atti del Colloquio internazionale (Roma, 3-4 dicembre 1999), Roma 2001, pp. 81-99;
Melucco Vaccaro Alessandra, Le botteghe dei lapicidi: dalla lettura stilistica all’analisi delle tecniche di produzione, in Roma nell’Alto Medioevo. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo (27 aprile-1 maggio 2000), XLVIII, vol. I, Spoleto 2001, pp. 393-420;
Latini Massimo, Sculture altomedievali inedite del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia in Roma, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 57, 2003, pp. 113-152;
Ranucci Cristina, Elementi di arredo liturgico altomedievale in Santa Maria in Dominca. Rilettura complessiva dei materiali, in Englen Alia (a cura di), Caelius I. Santa Maria in Domnica, San Tommaso in Formis e il Clivus Scauri, Roma 2003, pp. 218-227;
Roperti Antonella, Note sulla scultura, in Bonacasa Carra Rosa Maria, Vitale Emma (a cura di), La cristianizzazione in Italia tra Tardoantico ed Altomedioevo. Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia cristiana (Agrigento, 20-25 novembre 2004), vol. I, Palermo 2007, pp. 411-420;
Ballardini Antonella, Scultura per l’arredo liturgico nella Roma di Pasquale I: tra modelli paleocristiani e Flechtwerk, in Quintavalle Arturo Carlo (a cura di), Medioevo: arte e storia, X Convegno internazionale di studi (Pavia, 18-22 settembre 2007), Milano-Parma 2008, pp. 225-246;
Latini Massimo, Catalogo, in Barberini Maria Giulia (a cura di), Tracce di pietra. La collezione dei marmi di Palazzo Venezia, Roma 2008, pp. 175-194, schede 1-29;
Destefanis Eleonora, La Diocesi di Piacenza e il monastero di Bobbio, Corpus della scultura altomedievale, XVIII, Spoleto 2008;
Gianandrea Manuela, Note sul perduto arredo liturgico di Santa Sabina all’Aventino nel corso del Medioevo, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», s. III, 66, 2011, pp. 151-164;
Lomartire Saverio, Architettura e decorazione dell’altomedioevo in Italia Settentrionale - Una svolta sotto Carlo Magno?, in Wandel und Konstanz zwischen Bodensee und Lombardei zur Zeit Karls des Grossen. Acta Müstair, Kloster St. Johann, 3, Zürich 2013, pp. 345-372;
Roth-Rubi Katrin (in collaborazione con Sennhauser Rudolph), Die frühe Marmorskulptur aus dem Kloster St. Johann in Müstair, Ostfildern 2015;
Betti Fabio, L’arredo liturgico della Basilica di Santa Sabina al tempo di papa Eugenio II: dalla scoperta ai restauri storici (1894, 1918, 1936), in «Arte medievale», 7, 2017, pp. 31-52;
Casartelli Novelli Silvana, Decoro a "Korbboden" (fondo di canestro): una nota sul «"vizio di noi occidentali, della spiegazione mimetica delle immagini, anche in presenza di disegni astratti", in «Arte medievale», 9, 2019, pp. 9-58;
Roth-Rubi Katrin, La scultura nella Rezia, il suo legame con l’Italia e il Rinascimento carolingio, in Ammirati Serena, Ballardini Antonella, Bordi Giulia (a cura di), Grata più delle stelle. Pasquale I (817-824) e la Roma del suo tempo, vol. 2, Roma 2020, pp. 111-127;
Martorelli Rossana, Pettinelli Emanuela, La Diocesi di Albano laziale, Corpus della scultura altomedievale XXI, Spoleto 2022.