Frammento di paliotto inciso con croci e volatili affrontati
Ambito romano Fine VIII-inizio del IX secolo
Frammento di paliotto marmoreo inciso con un ornato a tre croci con terminazioni a volute e due volatili affrontati ai lati della croce centrale, uno dei quali colto nell'atto di beccare un acino d'uva.
Frammento di paliotto marmoreo inciso con un ornato a tre croci con terminazioni a volute e due volatili affrontati ai lati della croce centrale, uno dei quali colto nell'atto di beccare un acino d'uva.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Il frammento di lastra marmorea, scalpellato e murato nel loggiato inferiore di Palazzo Venezia, è mutilo su ciascun lato, tanto che il disegno complessivo del suo ornato resta difficilmente decifrabile.
Una croce centrale con terminazioni a volute, priva però delle incisioni che avrebbero dovuto delineare in basso l’attacco del braccio inferiore, è affiancata da due volatili affrontati, probabilmente colombe, caratterizzati da un’accentuata stilizzazione. Uno dei due è colto nell’atto di beccare un ovoide, assimilabile a un acino d’uva, elemento che introduce il motivo paleocristiano del refrigerio, promessa di salvezza per mezzo del sacrificio di Cristo (Mazzei 2000). Altre due croci laterali sono individuate a destra e a sinistra da brevi lacerti del braccio orizzontale, ugualmente a volute, e si presentano non allineate sul piano compositivo rispetto alla croce centrale.
Il tema decorativo individua un paliotto d’altare quale possibile funzione originaria della lastra: animali affrontati ai lati della croce, di un cantaro o dell’albero della vita costituiscono un noto soggetto iconografico della plastica paleocristiana e ravennate (tra tutti, il sarcofago di Ecclesio dalla basilica di San Vitale), riproposto nella tecnica dell’incisione tra VI e VII secolo in ambito longobardo e merovingio. Tra le opere longobarde ricordiamo una lastra da San Vincenzo a Galliano, incisa con colombe e chrismon inscritto in un cerchio (Casartelli Novelli 1978, fig. 1), e il pluteo con animali affrontati ai lati della croce dalla cappella di San Giovanni Battista a Monza (Lomartire 2009, fig. 37; Lomartire 2017); tra gli artefatti merovingi si possono annoverare invece le lastre di sarcofago a Charenton du Cher e a Vienne (Hubert, Porcher, Volbach 1968, figg. 25 e 31).
Tratti quasi sovrapponibili al nostro frammento nel disegno della coda e delle zampe del volatile si rintracciano sulla lastra frammentaria del VI-VII secolo proveniente dalla villa di Teodorico presso Galeata, decorata con un’incisione recante un pavone fiancheggiante una croce (Porta 2015, fig. 3), anch’essa ricondotta sul piano tecnico-formale alla produzione longobarda più sopra ricordata. Peraltro, è proprio nella Langobardia Maior del VII secolo il terminus post quem per la nascita della “croce fiorita” (caratterizzata cioè da terminazioni a volute) presente nel nostro frammento, la quale, a partire dalla lastra tombale del presbiter Guridis da Santa Croce di Savigliano, assume nei riccioli astratti il segno e il simbolo dell’arbor vitae (Casartelli Novelli 1983, Lomartire 2009).
A Roma il VII secolo rappresenta il “momento” della scultura a incisione (Russo 1984), ma le attestazioni giungono fino all’ultimo quarto dell’VIII secolo in Santa Maria in Cosmedin (Macchiarella 1976; Paroli 2001). Riferito al VII secolo è il paliotto inciso con due pavoni che si abbeverano a un cantaro, affiancati su ciascun lato da croci a volute da San Giorgio al Velabro (Mazzanti 1896, fig. a p. 56) e ritenuto pertinente all’intervento di restauro della chiesa da parte di papa Leone II (682-683). È però in area tosco-laziale che rinveniamo il nostro parente più stretto. Nel Museo dell’Opera di Orvieto si conserva una lastra proveniente dall’abbazia dei Santi Severo e Martirio (Scortecci 2003, figg. 84-84a): si tratta di un originario paliotto con decoro inciso attribuito a un periodo a cavallo tra l’VIII e il IX secolo, proveniente da un edificio di culto longobardo dedicato a San Silvestro, poi reimpiegato e rilavorato nella faccia posteriore con un ornato a maglie abitate. Il lato inciso con quattro pavoni affrontati ai lati di una croce a volute e a un cantaro è incompiuto, presentando i soli contorni delle figure in attesa di una definizione dei dettagli, analogamente alla vera da pozzo da Porto, oggi nel Museo delle Civiltà di Roma (Melucco Vaccaro, Paroli 1995, fig. 120a).
Nel caso del nostro frammento l’assenza di notizie circa il suo contesto d’origine e lo stato fortemente frammentario del reperto impediscono la sua attribuzione a una data diversa da questo orizzonte cronologico di massima.
Valentina Brancone
Stato di conservazione
Mediocre. Resecato e con margini scalpellati.
Restauri e analisi
1999: pulitura.
Provenienza
Ignota. Rinvenuto durante i lavori di sterro del Palazzetto, nell’ambito delle demolizioni effettuate nell’area in vista dello spostamento del Palazzetto di Venezia (1910-1914).
Fonti e documenti
Roma, Archivio del Museo del Palazzo di Venezia, Riscontro delle sculture del loggiato inferiore e superiore (inventario manoscritto a cura di Maria Vittoria Brugnoli, 1973).
Bibliografia
Mazzanti Federico, La scultura ornamentale romana nei bassi tempi, in «Archivio Storico dell’Arte», s. II, II, 1896, pp. 33-57, 161-187;
Hubert Jean, Porcher Jean, Volbach Wolfgang Fritz, L’Europa delle invasioni barbariche, Milano 1968;
Macchiarella Gianclaudio, Note sulla scultura in marmo a Roma tra VIII e IX secolo, in Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma (a cura di), Roma e l’età carolingia. Atti delle giornate di studio (Roma, 3-8 maggio 1976), Roma 1976, pp. 289-299;
Casartelli Novelli Silvana, Note sulla scultura, in Arslan Ermanno (a cura di), I Longobardi e la Lombardia, catalogo della mostra (Milano, Palazzo Reale, ottobre 1978), Milano 1978, pp. 75-84;
Casartelli Novelli Silvana, L’immagine della croce nella scultura longobarda e nell’"entrelacs" carolingio della diocesi di Torino, in Schmid Alfred A. (a cura di), Riforma religiosa e arti nell’epoca carolingia. Atti del XXIV Comité International de l’histoire de l’art (Bologna 1979), I, Bologna 1983, pp. 109-115;
Russo Eugenio, Fasi e nodi della scultura a Roma nel VI e VII secolo, in «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes», 96, 1984, pp. 7-48;
Melucco Vaccaro Alessandra, Paroli Lidia, La Diocesi di Roma, t. VI, Il Museo dell’alto Medioevo, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1995;
Mazzei Barbara, s.v. Colomba, in Bisconti Fabrizio (a cura di), Temi di iconografia paleocristiana, Città del Vaticano 2000, pp. 153-154;
Paroli Lidia, La scultura a Roma tra il VI e il IX secolo, in Arena Maria Stella, Delogu Paolo, Paroli Linda et al., La Diocesi di Orvieto, Corpus della scultura altomedievale, XVI, Spoleto 2003;
Latini Massimo, Sculture altomedievali inedite del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia in Roma, in «Rivista dell’Istituto Nazionale d’Archeologia e Storia dell’Arte», 57, 2003, pp. 113-152;
Lomartire Saverio, Commacini e marmorarii. Temi e tecniche della scultura tra VII e VIII secolo nella Langobardia maior, in I Magistri commacini. Mito e realtà del Medioevo lombardo. Atti del XIX Congresso internazionale di studio sull’alto medioevo (Varese-Como, 23-25 ottobre 2008), I, Spoleto 2009, pp. 151-209;
Porta Paola, Sculture altomedievali dagli scavi della villa di Teoderico a Galeata, in «Ocnus. Quaderni della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici», 23, Bologna 2015, pp. 183-198;
Lomartire Saverio, La scultura nella Langobardia maior, in Brogiolo Gian Pietro, Marazzi Federico, Giostra Caterina (a cura di), Longobardi. Un popolo che cambia la storia, catalogo della mostra (Pavia, Castello Visconteo 1 settembre-15 dicembre 2017), Milano 2017, pp. 302-309.