Frammento di architrave con pavoni affrontati
Ambito romano Fine VIII-primo quarto del IX secolo
Frammento di architrave marmoreo con cornice a listello liscio, decorato da una coppia di pavoni affrontati, intenti a beccare un grappolo d'uva ai lati di una croce con terminazioni a volute, e da una treccia a tre capi di nastro vimineo bisolcato.
Frammento di architrave marmoreo con cornice a listello liscio, decorato da una coppia di pavoni affrontati, intenti a beccare un grappolo d'uva ai lati di una croce con terminazioni a volute, e da una treccia a tre capi di nastro vimineo bisolcato.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Il lungo e profondo frammento marmoreo conserva, ancora leggibili sul piano iconografico, lacerti dell’ornato che doveva un tempo decorarne la fronte. Al di sotto di una cornice a listello liscio, a sinistra della lastra, una coppia di pavoni affrontati ai lati di una croce a estremità patenti e con terminazioni a volute è colta nell’atto di beccare un grappolo d’uva. Si tratta della riproposizione altomedievale di un’iconografia di origine paleocristiana, lungamente coltivata in ambito bizantino nel motivo del refrigerio, il cui significato salvifico, legato alla figura simbolica del pavone quale immagine di incorruttibilità della carne, si intreccia a quello eucaristico mediato dall’identità uva-sangue di Cristo (Farioli 1983, Flaminio 2000). Sulla destra della lastra si snoda una treccia a tre capi di nastro vimineo bisolcato conclusa ad angoli spezzati.
Come per il frammento con decorazione a intreccio (inv. 13596) del Lapidarium di Palazzo Venezia, che ipotizziamo appartenere in origine a uno stesso rivestimento marmoreo dell’ignoto edificio di culto, la treccia viminea si compone di sette nodi distribuiti in maniera ordinata. In questa parte della lastra il contrasto luce-ombra è accentuato dal caratteristico intaglio a guscio degli occhielli della matassa a intreccio.
Il frammento si presenta resecato e scalpellato, oltre che inciso da fori anche passanti, oggetto di un verosimile reimpiego a scopo diverso da quello iniziale. La sua funzione primitiva doveva essere quella di architrave, come proposto di recente (Guiglia 2019) attraverso nuovi confronti e in considerazione delle misure della lastra, più confacenti a quelle di un architrave che non a quelle di un pluteo di recinzione presbiteriale (come invece ipotizzato in Latini 2008).
La stessa scelta iconografica dell’ornato figurato induce a propendere per una destinazione d’uso ascrivibile a un architrave della pergula (sulla pergula carolingia Ballardini 2016), anche in relazione alla disposizione dei pavoni e delle code lungo il bordo superiore della lastra, benché il motivo sia più diffusamente attestato a Roma sugli archivolti di ciborio (Melucco Vaccaro 2001), presso i quali acquista risonanza l’intrinseca simbologia eucaristica. Gli esempi più prossimi al nostro frammento sono infatti i rilievi che decorano due archi di ciborio da Sant’Andrea Cata Barbara (Pani Ermini 1974, fig. 11), nei quali rinveniamo anche la crocetta a volute e la treccia di nastro vimineo bisolcato, la cui realizzazione è riferita ai lavori di restauro della chiesa compiuti sotto il pontificato di Leone III (795-816).
È lecito ipotizzare che il decoro aniconico a nastro intrecciato, diffuso nella plastica romana a partire dal tardo VIII secolo (Casartelli Novelli 1976), potesse essere replicato nella metà sinistra della lastra, al di qua del fregio con i pavoni: l’associazione al nostro contesto del frammento a intreccio sopra ricordato (inv. 13596) darebbe origine a un architrave compatibile con le misure (Guiglia 2019 calcola 220 cm circa di lunghezza complessiva) attestate a Roma, a cavallo tra VIII e IX secolo, di una pergula presbiteriale (de Blaauw 1994, II, pp. 530-566; Guidobaldi 2001).
I corpi dei pavoni graffiati a punta di scalpello, gli occhi perfettamente tondi e i becchi ben incisi, il piumaggio individuato a fasce arrotondate e distinto dalle lunghe code a spina di pesce con i tipici ocelli rivelano una buona padronanza tecnica, apparentandosi, oltre che con gli esempi citati da Sant’Andrea Cata Barbara, anche con un frammento di lastra del Museo dell’Alto Medioevo (Melucco Vaccaro, Paroli 1995, fig. 41), riferito alla prima metà del IX secolo, e con la lastra frammentaria da San Clemente (Barsanti, Flaminio, Guiglia 2015, fig. 132), proveniente forse dalla Basilica inferiore, anch’essa avente in origine la funzione di architrave (ora Guiglia 2019, fig. 4, che la riferisce a un periodo a cavallo tra l'VIII e il IX secolo). Similmente la croce, probabilmente greca e intagliata a fettuccia, presenta volute ben delineate. La compresenza di tecniche diverse, testimoniata dal nostro frammento, appartiene già alla produzione delle botteghe attive nei cantieri di Leone III (Macchiarella 1976; Paroli 1998; Roperti 2007), una prassi che sarà consolidata in seguito presso le officine patrocinate dal successore sul trono di Pietro.
Valentina Brancone
Stato di conservazione
Mediocre. Resecato, scalpellato e inciso con fori anche passanti, tra cui due profondi sul lato sinistro della lastra. La parte superiore della lastra è liscia, grezza quella inferiore.
Restauri e analisi
2002-2003: restauro a cura di Maria Giulia Barberini e Maria Selene Sconci, condotto in occasione dell'allestimento del Lapidarium del Museo di Palazzo Venezia.
Provenienza
Ignota. Rinvenuto durante i lavori di sterro del Palazzetto, nell'ambito delle demolizioni effettuate nell'area in vista dello spostamento del Palazzetto di Venezia (anni 1910-1914).
Fonti e documenti
Roma, Archivio del Museo del Palazzo di Venezia, Bollettario, IV tomo (annotazione manoscritta di Federico Hermanin, 30 giugno 1921);
Roma, Archivio del Museo del Palazzo di Venezia, Riscontro delle sculture del loggiato inferiore e superiore (inventario manoscritto a cura di Maria Vittoria Brugnoli, 1973).
Bibliografia
Kautzsch Rudolf, Die römische Schmuckkunst in Stein vom 6. bis zum 10 Jahrhundert, in «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», III, 1939, pp. 3-73;
Pani Ermini Letizia, La Diocesi di Roma, t. I, La IV regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1974;
Casartelli Novelli Silvana, L’intreccio geometrico del IX secolo, scultura delle cattedrali riformate e "forma simbolica" della rinascenza carolingia, in Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma (a cura di), Roma e l’età carolingia. Atti delle giornate di studio (Roma, 3-8 maggio 1976), Roma 1976, pp. 103-113;
Macchiarella Gianclaudio, Note sulla scultura in marmo a Roma tra VIII e IX secolo, in Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Roma (a cura di), Roma e l’età carolingia. Atti delle giornate di studio (Roma, 3-8 maggio 1976), Roma 1976, pp. 289-299;
Farioli Raffaella, Ravenna, Costantinopoli: considerazioni sulla scultura del VI secolo, in XXX Corso di cultura sull’arte ravennate e bizantina. Seminario Giustinianeo, (Ravenna, 6-14 marzo 1983), Ravenna 1983, pp. 205-253;
de Blaauw Sible, Cultus et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medievale, 2 voll., Città del Vaticano 1994;
Melucco Vaccaro Alessandra, Paroli Lidia, La Diocesi di Roma, t. VI, Il Museo dell’Alto Medioevo, Corpus della scultura altomedievale, VII, Spoleto 1995;
Paroli Lidia, La scultura in marmo a Roma tra l’VIII e il IX secolo, in Delogu Paolo (a cura di), Roma medievale. Aggiornamenti, Firenze 1998, pp. 93-122;
Flaminio Roberta, s.v. Cantaro, in Bisconti Fabrizio (a cura di), Temi di iconografia paleocristiana, Città del Vaticano 2000, pp. 143-146;
Melucco Vaccaro Alessandra, Le botteghe dei lapicidi: dalla lettura stilistica all’analisi delle tecniche di produzione, in Roma nell’Alto Medioevo. Settimane di studio del Centro italiano di studi sull’Alto Medioevo (27 aprile-1 maggio 2000), XLVIII, vol. I, Spoleto 2001, pp. 393-420;
Guidobaldi Federico, Struttura e cronologia delle recinzioni liturgiche nelle chiese di Roma dal VI al IX secolo, in de Blaauw Sible (a cura di), Arredi di culto e disposizioni liturgiche a Roma da Costantino a Sisto IV. Atti del Colloquio internazionale (Roma, 3-4 dicembre 1999), Roma 2001, pp. 81-99;
Roperti Antonella, Note sulla scultura, in Bonacasa Carra Rosa Maria, Vitale Emma (a cura di), La cristianizzazione in Italia tra Tardoantico ed Altomedioevo. Atti del IX Congresso Nazionale di Archeologia cristiana (Agrigento, 20-25 novembre 2004), vol. I, Palermo 2007, pp. 411-420;
Latini Massimo, Catalogo, in Barberini Maria Giulia (a cura di), Tracce di pietra. La collezione dei marmi di Palazzo Venezia, Roma 2008, pp. 175-194, schede 1-29;
Barsanti Claudia, Flaminio Roberta, Guiglia Alessandra, La Diocesi di Roma. La III regione ecclesiastica, Corpus della scultura altomedievale, VII, 2 voll., Spoleto 2015;
Ballardini Antonella, Stat Roma pristina nomine: nota sulla terminologia storico-artistica nel Liber Pontificalis, in D’Onofrio Mario (a cura di), La committenza artistica dei Papi a Roma nel Medioevo, Roma 2016, pp. 381-439;
Guiglia Alessandra, Aggiornamenti sulle sculture altomedievali del complesso di San Gregorio al Celio, in Caglioti Francesco, Lucherini Vinni (a cura di), Inedita mediævalia. Scritti in onore di Francesco Aceto, Roma 2019, pp. 237-246.