Forziere
Bottega lombarda Fine XV-inizio del XVI secolo
Attestati in importanti collezioni in Italia e all’estero, i forzieri di questa tipologia – caratterizzati da elaborati finimenti in metallo, decorazioni geometriche a intarsio e la presenza di cassetti al loro interno – sono stati al centro di un dibattito in merito alla collocazione geografica, con ipotesi che andavano dalla Germania alla Spagna fino all’Italia settentrionale. Oggi gli studi sono concordi nell’attribuire la loro realizzazione a botteghe attive in Lombardia tra il XV e il XVI secolo.
Attestati in importanti collezioni in Italia e all’estero, i forzieri di questa tipologia – caratterizzati da elaborati finimenti in metallo, decorazioni geometriche a intarsio e la presenza di cassetti al loro interno – sono stati al centro di un dibattito in merito alla collocazione geografica, con ipotesi che andavano dalla Germania alla Spagna fino all’Italia settentrionale. Oggi gli studi sono concordi nell’attribuire la loro realizzazione a botteghe attive in Lombardia tra il XV e il XVI secolo.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Questo forziere, di cui si ignora la provenienza, è stato realizzato con assi di legno di noce assemblate tramite incastri a coda di rondine. All’esterno è caratterizzato dalla presenza di finimenti metallici che comprendono una serratura che si dirama in quattro elementi circolari e cinque placchette lavorate a giorno, originariamente dotate di manici. Ai lati rimangono due maniglie predisposte per il trasporto, anch’esse fissate in corrispondenza di un medaglione circolare lavorato a giorno. Queste piastre metalliche sono collocate al di sopra di alloggiamenti ricavati sul legno poi coperti di iuta. Il coperchio, invece, come di consueto in questa tipologia di mobile, presenta le estremità rafforzate da due travetti fermati da due protomi leonine. È probabile che anche la base, di restauro, originariamente fosse contraddistinta dalla presenza di teste leonine, come si vede in un esemplare oggi a Berlino (Bode 1902, p. 61). L’interno è strutturato tramite una rigorosa partizione che comporta, distribuiti su tre lati, quattordici cassettini con frontali intarsiati. Due ulteriori scomparti sono invece occultati in corrispondenza degli spessori di tale cassettiera, chiusi da assi a ribalta. Al di sotto di una di queste assi compare la sigla “RC” che potrebbe alludere sia al proprietario sia all’artigiano che realizzò il mobile. La parte interna del coperchio è ugualmente caratterizzata da intarsi a legni tinti con moduli ornamentali di tipo geometrico consistenti in incroci a zig-zag ispirati alle tarsie “alla certosina” e all’ornamentazione di ambito islamico (Windisch-Graetz 1982, pp. 99-103). Il forziere del Palazzo Venezia rientra in un gruppo di manufatti contraddistinti dalla presenza di intarsi e serramenti metallici all’esterno. Talora è possibile rilevare alcune varianti tecniche e materiali, quasi sempre attribuibili alla loro diversificazione per il mercato. In questo senso le differenze più vistose riguardano la scelta dei materiali usati per gli intarsi: se nel pezzo in esame si tratta di varie essenze lignee accostate, in altri si riscontra invece l’uso dell’osso, dell’avorio, della madreperla, come nel fastoso manufatto del Castello Sforzesco di Milano, analogo per forma a quello qui in esame ma più complesso da un punto di vista dell’ornamentazione (Colle 1996, pp. 155-157n, 212). Altri, al contrario, pur ripetendo la medesima struttura, erano privi di intarsi, come attesta quello di più piccole dimensioni del Castello del Buonconsiglio di Trento (Raffaelli 1996). La destinazione di questi mobili fu comunque essenzialmente domestica, sebbene un loro uso anche in ambito chiesastico possa essere considerato: quello del Museo Bagatti Valsecchi di Milano reca sul lato posteriore del coperchio il monogramma cristologico (Chiarugi 2003). L’attribuzione di questi forzieri ad ambito ispano-moresco era essenzialmente basata sul repertorio ornamentale degli intarsi che richiamava quello in uso nella Spagna meridionale del XV secolo per la realizzazione di cofanetti, piccoli bauli o elementi di arredo, rimasto alla moda fino al XVI secolo inoltrato (Aguiló Alonso 1993). In realtà i medesimi repertori ebbero vasta diffusione anche nell’Italia settentrionale e per tale motivo i forzieri di questo tipo sono stati attribuiti ugualmente al Piemonte (Colombo 1975, tav. 6), al Friuli, dove numerosi esemplari sono ancora oggi conservati (Miotti 1970, p. 9), a Venezia e, in maniera speciale, alla Lombardia. Qui, oltre al gusto spiccato per le tarsie, trovano un contesto anche le piastre metalliche a giorno con maniglie cuoriformi costituenti i serramenti metallici, accostabili a quelle ugualmente a forma di cuore tipiche dell’edilizia rurale lombarda (Windisch-Graetz, 1982 p. 231). Effettivamente in questa regione, soprattutto tra Milano e Brescia, la lavorazione del ferro e l’esecuzione di serramenti fu una industria molto fiorente (Alberici 1969, p. 34), secondo alcuni direttamente influenzata dalle analoghe attività artigianali di ambito tedesco (Faenson 1983, catt. 135-136). Un’attribuzione di questo forziere a una bottega lombarda attiva tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, quindi, sembra a oggi l’ipotesi più credibile.
Giampaolo Distefano
Stato di conservazione
L’opera si presenta al netto di un intervento di restauro che, oltre alla conservazione delle parti originali, ha proceduto attraverso l’integrazione di elementi utili alla sua stabilità così come può rilevarsi nella base, nel retro e nei lati. Anche i piccoli cassetti al suo interno portano tracce di integrazioni specialmente in corrispondenza dei fondi.
Bibliografia
Bode Wilhelm, Die Italienischen Hausmöbel der Renaissance, Leipzig 1902;
Alberici Clelia, Il mobile lombardo, Milano 1969;
Miotti Tito, Il mobile friulano, Milano 1970;
Colombo Silvano, L’arte del mobile in Italia, Milano 1975;
Windisch-Graetz Franz, Möbel Europas. Von der Romanik bis zur Spätgotik mit einem Rückblick auf Antike und Spätantike, München 1982;
Faenson Liubov, Italian Cassoni from the Art Collections of Soviet Museums, Leningrad 1983;
Lorenzelli Pietro, Veca Alberto (a cura di), Tra/e. Teche, pissidi, cofani e forzieri dall’Alto Medioevo al Barocco, catalogo della mostra (Bergamo, Galleria Lorenzelli, ottobre-dicembre 1984), Bergamo 1984, p. 311, fig. 417;
Aguiló Alonso María Paz, El mueble en España. Siglos XVI-XVII, Madrid 1993;
Colle Enrico, Museo d’Arti Applicate. Mobili e intagli lignei, con la collaborazione di Zanuso Susanna, Milano 1996;
Raffaelli, in Raffaelli Umberto (a cura di), Oltre la porta. Serratura, chiavi e forzieri dalla preistoria all’età moderna nelle Alpi orientali, catalogo della mostra (Trento, Castello del Buonconsiglio, 13 luglio-31 ottobre 1996), Trento 1996, p. 192, n. IX;
Chiarugi, in Pavoni Rosanna (a cura di), Museo Bagatti Valsecchi, I, Milano 2003, p. 109, n. 45.