Dormitio Virginis (Transito della Vergine)

Ambito Michael Wolgemut 1490-1520

In mostra presso Palazzo Venezia

Il dipinto rappresenta il "transito" o la morte della Vergine; al suo capezzale vi sono gli apostoli, riccamente vestiti e, più in basso, gli ignoti donatori che pregano inginocchiati e a mani giunte. Lo stile, il soggetto e il formato dell’opera indicano chiaramente la provenienza dalla Germania, e più precisamente da Norimberga, dove simili tavole, o “Epitaph”, venivano affisse sulle colonne delle chiese, in prossimità di tombe e cappelle private, in memoria di illustri abitanti della città.

Il dipinto rappresenta il "transito" o la morte della Vergine; al suo capezzale vi sono gli apostoli, riccamente vestiti e, più in basso, gli ignoti donatori che pregano inginocchiati e a mani giunte. Lo stile, il soggetto e il formato dell’opera indicano chiaramente la provenienza dalla Germania, e più precisamente da Norimberga, dove simili tavole, o “Epitaph”, venivano affisse sulle colonne delle chiese, in prossimità di tombe e cappelle private, in memoria di illustri abitanti della città.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Dormitio Virginis (Transito della Vergine) Autore: Ambito Michael Wolgemut Data oggetto: 1490-1520 Materiale: Olio, Oro, Legno di abete Tecnica: Olio e lamina d'oro su tavola Dimensioni: altezza 156,5 cm; larghezza 117 cm
Tipologia: Dipinti Acquisizione: 1933 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 7646

La Dormitio Virginis (o Transito della Vergine) è uno dei più importanti episodi della vita della Vergine Maria, tramandato dai vangeli apocrifi e narrato nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine. Secondo il suo racconto, la Vergine, in punto di morte, chiese a Dio di riunire attorno a lei gli apostoli, ormai lontani da Gerusalemme e impegnati nella loro missione evangelizzatrice. 
Nella tavola, Maria giace adagiata su un letto a baldacchino decorato con motivi floreali, nel momento del transito dalla vita umana a quella ultraterrena. L’opera illustra efficacemente le azioni e le reazioni degli undici apostoli presenti all'evento: in primo piano uno di loro, dall’espressione sconvolta, si inginocchia sul comodino posto di traverso allo spettatore con le mani congiunte in preghiera; al capo opposto del letto, un altro, avvolto da un mantello bianco, inforcati gli occhiali, legge un testo sacro; Giovanni, l’apostolo prediletto, pone nelle mani della Vergine la candela dei morti; al centro della scena, Pietro, vestito di paramenti sacerdotali intessuti d’oro e arricchiti da perle e rubini, le impartisce l’estrema unzione, mentre  alla sua destra un discepolo regge un aspersorio con acqua benedetta. In secondo piano, infine, in corrispondenza di una delle bifore aperte su un paesaggio cittadino, un altro apostolo soffia sui tizzoni racchiusi in un turibolo dorato. Nella fascia inferiore del dipinto è rappresentata la famiglia dei donatori in preghiera.
Il restauro condotto nel 2013 (Koiné Conservazione Beni Culturali s.c.r.l.) ha permesso di stabilire che la tavola non è mai stata tagliata e di rintracciare in corrispondenza dei quattro donatori – i due più anziani e i due più giovani rappresentati lungo il margine inferiore del dipinto – quattro stemmi contornati da volute vegetali non simmetriche e leggermente inclinati verso il centro della pala. Una lettura attenta delle radiografie ha poi consentito di individuare il contorno di un animale a quattro zampe nel primo e nel terzo scudo da sinistra, ma la leggibilità di tali parti è fondamentalmente compromessa da uno spesso strato di pittura, apposto successivamente all’esecuzione dell’opera. Proprio tali ridipinture, assieme alla presenza di pigmenti non coevi e della ridoratura di alcune parti in foglia d’oro (in corrispondenza del baldacchino, della coperta della Vergine, del paramento di san Pietro e del manto bianco dell’apostolo con gli occhiali) indicano un intervento antico, forse corrispondente al primo passaggio dell’opera sul mercato antiquario.  
Dopo l'ingresso del dipinto in Palazzo Venezia nel 1933, Antonino Santangelo (1947),  rilevandone la ricchezza materiale e compositiva, propose di attribuirlo al pittore e incisore tedesco Michael Wolgemut, celebre per essere stato il maestro di Albrecht Dürer. Tale riferimento, accettato da Federico Hermanin (1948) e da Federico Zeri (1955), è rimasto sostanzialmente invariato fino al 2017, quando Matthias Weniger ha proposto di ricondurre l’opera all’ambito della bottega del pittore Hans Traut, contemporaneo di Wolgemut, sulla base di affinità, tuttavia non probanti ("l'impianto generale del dipinto e la costruzione dei volti"), con la monumentale tavola attribuita all’autore già sull’altare della chiesa degli Agostiniani di Norimberga, e ora conservata presso il Germanisches Nationalmuseum della stessa città. 
Si segnala che la tavola di Palazzo Venezia è fedelmente esemplata sulla Dormitio Virginis in origine nella chiesa di San Sebaldo di Norimberga e oggi presso il Museum of Fine Arts di Boston (1493 circa, inv. 03.610), già attribuita a Michael Wolgemut e più di recente classificata come opera di artista tedesco dell'ultimo quarto del XV secolo. È probabile che anche la tavola di Palazzo Venezia, come quella di Boston, sia non una pala d’altare ma un "Epitaph" (erano dipinti che venivano appesi sui pilastri delle navate delle chiese, in corrispondenza di cappelle private e tombe familiari, e venivano eseguiti in memoria del committente o di membri della famiglia). Questa tipologia di opere era particolarmente diffusa nella Germania centro meridionale nel tardo Quattrocento e la tavola di Boston, misurando 205x112 cm, fu tra le prime di dimensioni monumentali a essere conservate a Norimberga (Weilandt 2007), potendo dunque rappresentare un’importante fonte d’ispirazione per la versione conservata a Palazzo Venezia. 
Si osserva infine che si tratta di uno dei pochissimi dipinti di scuola tedesca presenti nella collezione di George Washington Wurts e Henrietta Tower in Palazzo Antici Mattei a Roma, dove numerosissime erano invece le sculture provenienti dall'area germanica (ad esempio inv. 7286; per una lista completa, Fachechi 2011). 

Matteo Chirumbolo

Buono.

2013: restauro eseguito da Marcello Mattarocci e Maria Francesca Tizzani per Koiné Conservazione Beni Culturali s.c.r.l., sotto la direzione di Andreina Draghi.

Roma, Collezione di George Washington Wurts ed Henrietta Tower, 1933;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, donazione di Henrietta Tower Wurts, 1933.

Roma, Museo di Palazzo Venezia; Gallerie Sacconi al Vittoriano, Voglia d’Italia. Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano, 7 dicembre 2017-4 marzo 2018.

Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1947, p. 41;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 244;
Zeri Federico (a cura di), Catalogo del Gabinetto Fotografico Nazionale. 3. I dipinti del Museo di Palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, p. 8.
Weilandt Gerhardt, Die Sebalduskirche in Nürnberg. Bild und Gesellschaft im Zeitalter der Gotik und Renaissance, Petersberg, 2007;
Fachechi Grazia Maria, Sculture in legno del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Roma 2011, cat. 57 (ill.);
Weniger, in Pellegrini Emanuele (a cura di), Voglia d’Italia. Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano, catalogo della mostra (Roma, Museo di Palazzo Venezia; Gallerie Sacconi al Vittoriano, 7 dicembre 2017-4 marzo 2018), Napoli 2017, p. 234, n. 4.7. 

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