Crocifissione

Ambito Fra Damiano Zambelli Secondo quarto del XVI secolo

La tarsia lignea, che si unisce a una serie di altre tre in cui è replicato il soggetto  della Crocifissione, rientra nella produzione dell’intarsiatore fra Damiano Zambelli da Bergamo e della sua bottega, in attività a Bologna dal 1528 e fino alla metà del secolo. Essa corrisponde all’opera ricordata a inizio Ottocento da Jean-Baptiste Séroux d’Agincourt presso la collezione romana del cardinale Francesco Saverio de Zelada e riprodotta in una tavola dell’Histoire de l’Art par les monuments.

La tarsia lignea, che si unisce a una serie di altre tre in cui è replicato il soggetto  della Crocifissione, rientra nella produzione dell’intarsiatore fra Damiano Zambelli da Bergamo e della sua bottega, in attività a Bologna dal 1528 e fino alla metà del secolo. Essa corrisponde all’opera ricordata a inizio Ottocento da Jean-Baptiste Séroux d’Agincourt presso la collezione romana del cardinale Francesco Saverio de Zelada e riprodotta in una tavola dell’Histoire de l’Art par les monuments.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Crocifissione Autore: Ambito Fra Damiano Zambelli Data oggetto: Secondo quarto del XVI secolo Materiale: Legno intarsiato, Peltro Dimensioni: altezza 74 cm; larghezza 50 cm
Tipologia: Arredi Acquisizione: 1919-1920 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 1692 Altri numeri 68

Entro una semplice cornice a fascia liscia sono raffigurati il Golgota e i protagonisti delle ultime scene della Passione. La vera e propria Crocifissione è rappresentata in alto a sinistra, dove sono i tre crocifissi e le figure della Vergine, di una pia donna, della Maddalena e di san Giovanni piangenti. A destra s’innalza uno sperone roccioso con strutture fortificate e templari, ai piedi del quale sbuca un corteo di soldati armati, chiuso in testa da due uomini nell’atto di contrattare. Al centro sono fanti e cavalieri vessilliferi che indicano il colle della Crocifissione, mentre in primo piano altri soldati si giocano a dadi le vesti di Gesù tra antiche rovine. Il mosaico di legname, che vede l’utilizzo di diverse essenze e la profilatura della texture grafica con incisioni stuccate a paste scure, è arricchito – secondo l’usanza tipica di fra Damiano Zambelli (1480 circa-1549) – dall’inserimento di frammenti di legno nero e di tessere di peltro, a caratterizzare rispettivamente i foderi delle spade e le superfici metalliche delle lance dei gendarmi. La tarsia rappresenta un buon esempio della pratica del riuso dei cartoni preparatori, diffusa anche presso le botteghe degli intarsiatori sin dal XV secolo. Il medesimo soggetto – che forse deriva da un disegno del forlivese Francesco Menzocchi – è replicato infatti con minime variazioni in altre opere ascrivibili all’ambito di fra Damiano, tutte collocabili tra gli anni trenta e quaranta del Cinquecento: un pannello conservato al Museo Davia Bargellini di Bologna, un altro già presso i Krupp von Bohlen und Halbach e oggi in collezione privata e un postergale del coro di San Domenico a Bologna, monumentale cantiere che occupò il frate converso nell’ultimo decennio della sua carriera (Mascheretti 2021). L’esemplare del Museo di Palazzo Venezia, oggi in cattive condizioni di conservazione, vanta una provenienza illustre. Esso infatti coincide con l’opera documentata tra fine Settecento e inizio Ottocento presso la collezione romana del cardinale di origini spagnole Francesco Saverio de Zelada (Roma, 1717-1801), che a palazzo Conti in via delle Botteghe Oscure aveva radunato tramite acquisti, donazioni, scambi e annessioni un’ingente raccolta, caratterizzata in particolare da un precoce interesse rivolto ai “primitivi”, ma dove ampia rappresentanza trovavano anche statue, artificialia, naturalia e strumenti scientifici (Miarelli Mariani 2001; De Angelis 2002, pp. 41-54; Micheli 2003, pp. 231-241). Qui la tarsia fu vista da Jean-Baptiste Séroux d’Agincourt, che la riprodusse nel sesto volume della sua Histoire de l’art par les monuments con un’attribuzione a Giuliano o Benedetto da Maiano, a corredo della sezione dedicata ai generi di pittura eseguiti su supporti di diversi materiali (Séroux d’Agincourt 1823, vol. III, pp. 160-161; vol. VI, tav. CLXVIII n. 2;  Ticozzi 1826-1829, vol. VI, pp. 451-452). Con la morte del cardinale Zelada, la raccolta fu dispersa: come da disposizione testamentaria, il museo antiquario e di storia naturale fu destinato al Collegio Romano e in particolare al Museo Kircheriano (Pietrangeli 1986, pp. 153-198). Proprio dal Collegio Romano un secolo più tardi, nel 1909, iniziarono a giungere opere a Castel Sant’Angelo, nell’ambito delle operazioni che radunarono materiali artistici provenienti da diversi enti pubblici e da collezionisti privati, per formare il patrimonio del nascente Museo della Città di Roma dal Medioevo all’Età moderna (Nicita 2009, p. 275): è quasi certo che tra questi vi fosse anche la tarsia con la Crocifissione, insieme all’altro commesso ligneo di fra Damiano Zambelli rappresentante l’Andata al Calvario (inv. 1693, si veda scheda relativa), che forse condivide la medesima provenienza. Con il naufragio dell’iniziativa, però, le due opere passarono da Castel Sant’Angelo a Palazzo Venezia tra il novembre 1919 e il maggio 1920, come attestato dagli inventari conservati presso l’archivio storico del Museo di Palazzo Venezia. 

Lorenzo Mascheretti

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Molto compromesso.

Roma, Francesco Saverio de Zelada, ante 1801;
Roma, Collegio Romano (?);
Roma, Museo di Castel Sant’Angelo, ante 1919;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, acquisto 1919-1920.

Séroux d’Agincourt Jean-Baptiste, Histoire de l’art par les monuments, depuis sa décadence au IVe siècle jusqu’à son renouvellement au XVIe, Paris 1823;
Ticozzi Stefano, Storia dell’arte dimostrata coi monumenti dalla sua decadenza nel IV secolo fino al suo Risorgimento nel XVI di G.B.L.G. Séroux d’Agincourt, Prato 1829;
Pietrangeli Carlo, L’appartamento del cardinal Zelada in Vaticano, in «Bollettino. Monumenti, musei e gallerie pontificie», 6, 1986, pp. 153-198;
Miarelli Mariani Ilaria, Jean-Baptiste Séroux d’Agiucourt e il collezionismo di “primitivi” a Roma nella seconda metà del Settecento, in Nocca Marco (a cura di), Le quattro voci del mondo: arte, culture e saperi nella collezione di Stefano Borgia 1731-1804, Giornate internazionali di studi, Napoli 2001, pp. 123-134;
De Angelis Alberto, La collezione dei primitivi del cardinale Francesco Saverio de Zelada (1717-1801), in «Ricerche di storia dell’arte», 77, 2002, pp. 41-54;
Micheli Maria Elisa, Naturalia e artificialia nelle raccolte del cardinale Francesco Saverio de Zelada, in Béltran Fortes José, Cacciotti Beatrice, Dupré Raventos Xavier, Palma Venetucci Beatrice (a cura di), Illuminismo e ilustración: le antichità e i loro protagonisti in Spagna e in Italia nel XVIII secolo,  Roma 2003, pp. 231-241;
Nicita Paola, Musei e storia dell'arte a Roma, Roma 2009, p. 275;
Mascheretti Lorenzo (a cura di), Fuori dai cori. Tre “quadri di tarsia” di fra Damiano Zambelli da Bergamo, catalogo della mostra (Bologna, Museo Davia Bargellini, 2 ottobre-5 dicembre 2021), Paris 2021;
Mascheretti Lorenzo, L’intarsio ligneo all’incrocio delle arti. L’opera di fra Damiano Zambelli (1480 circa-1549), Roma-Bristol 2024, p. 318, catt. 20-21.

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