Corona gigliata

Orafo attivo nell’Italia centrale Seconda metà del XV secolo

La corona è composta da sette elementi incernierati ognuno dei quali presenta un fleur-de-lys apicale lavorato a bulino a motivi vegetali e quattro castoni con vetri colorati: uno fissato in corrispondenza del giglio, gli altri tre (due più piccoli e uno centrale più grande) sulla base che, una volta connessa, funge da cerchio di appoggio. Le cerniere che assicurano tra di loro gli elementi sono assicurate da spilloni dalle estremità fitomorfe predisposti per essere inseriti nei tre gangheri di congiunzione.

La corona è composta da sette elementi incernierati ognuno dei quali presenta un fleur-de-lys apicale lavorato a bulino a motivi vegetali e quattro castoni con vetri colorati: uno fissato in corrispondenza del giglio, gli altri tre (due più piccoli e uno centrale più grande) sulla base che, una volta connessa, funge da cerchio di appoggio. Le cerniere che assicurano tra di loro gli elementi sono assicurate da spilloni dalle estremità fitomorfe predisposti per essere inseriti nei tre gangheri di congiunzione.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Corona gigliata Ambito Orafo attivo nell’Italia centrale Data oggetto: Seconda metà del XV secolo Materiale: Rame, Vetro colorato, Vetro Tecnica: Incisione, Doratura, Fusione Dimensioni: altezza 6,8 cm
Tipologia: Oreficeria Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: Senza numero di inventario

Nel Medioevo la pratica di applicare gioielli su statue e reliquiari era molto ricorrente e proprio in virtù di tale consuetudine alcuni gioielli di ambito profano si sono salvati dalle distruzioni. Le corone figurano fra le gioie più usate nel contesto di questa prassi devozionale; quella che qui si presenta si trovava sul capo della celebre Madonna di Acuto, una maestà lignea di ambito romano conservata a Palazzo Venezia (inv. 6964) datata dagli studi più recenti tra la fine del XII e gli inizi del XIII secolo (Fachechi 2011, pp. 71-74, n. 1). Sebbene alcune fotografie degli anni venti del Novecento documentino la corona ancora sul capo della Vergine (Hermanin 1920-1921; Riccardi 2021, p. 430), al suo ingresso in museo il gioiello venne rimosso dalla scultura e conservato nei depositi. La corona rientra nella tipologia gigliata, di grande fortuna tra XIII e XVI secolo, sia in ambito profano, sia sacro (Lightbown 1992, pp. 128-131). Corone di questo tipo potevano avere una struttura fissa o, come in questo caso, essere composte da elementi mobili incernierati tra di loro. Una trecentesca corona gigliata a struttura fissa è posta sul capo del busto di sant’Orsola della Pinacoteca Comunale di Castiglion Fiorentino, reliquiario attribuito a un orafo d’Oltralpe attivo tra il quarto/quinto decennio del Trecento (Torriti 2010); un’altra a elementi mobili, risalente alla fine del Trecento, è quella aurea del reliquiario di san Giovanni Battista della chiesa romana di San Silvestro in Capite (Montevecchi 2019, pp. 363-366). È invece da attribuire a un orafo attivo tra la fine del Trecento e gli inizi del secolo successivo la corona gigliata a elementi mobili del reliquiario a busto di sant’Agata della cattedrale di Catania, capolavoro dell’orafo senese Giovanni di Bartolo realizzato ad Avignone nel 1376 (Tomasi 2014). Per la corona della Madonna di Acuto un confronto molto puntuale dal punto di vista tipologico è offerto da quella conservata presso il Museo di Arte Sacra di Zara (Jakšić 2012). Ritrovata all’interno della cassa reliquiario zaratina di san Simeone, gli studi tendono ad accostare questo gioiello alla committenza della regina Elisabetta di Ungheria (†1387), moglie del re di Ungheria e Croazia Luigi I. Proprio come nel caso della corona della Vergine di Acuto, anche quella di Zara presenta degli spilloni realizzati a fusione dotati di estremità fiorite con la funzione di assicurare tra di loro i segmenti incernierati. Questo gusto per infiorescenze a fusione alternate a grandi gigli evoca la produzione orafa di ambito veneto-adriatico: se ne coglie un’eco nel fastigio, non a caso imitante una corona, del reliquiario di san Gualtiero della chiesa di San Marco di Servigliano, opera attribuita a un orafo veneto-marchigiano attivo nel 1403 (Montevecchi 2006, soprattutto pp. 50-53). Sebbene per la corona di Acuto sia stata proposta una cronologia nella seconda metà del XIII secolo (Hermanin 1945, p. 359) l’attenzione descrittiva con la quale sono definiti i gigli, nonché la presenza di incastonature più tarde (confrontabili con quelle del reliquiario a busto di san Flaviano della cattedrale di Montefiascone; Cioni 1998, pp. 666-671) spingono a datare la sua esecuzione nella seconda metà del XV secolo, nel contesto di una bottega centro italiana non scevra da influssi provenienti dall’Adriatico (per via del fastigio) e da Napoli (per via della tipologia gigliata). 
Sul verso della corona possono ancora leggersi le indicazioni a numeri romani utili ad assemblare il diadema: una peculiarità questa tipica di un atelier orafo con una certa esperienza nella realizzazione di gioielli su vasta scala pensati anche per la commercializzazione.

Giampaolo Distefano

 

Scheda pubblicata il 12 Febbraio 2025

Si registra la perdita di alcuni degli elementi del fastigio nonché la caduta di alcuni vetri. 

Ogni elemento della corona reca sul retro i numeri romani «I», «II», «III», «IV», «V», «VI», «VII».

La corona entrò nelle raccolte di Palazzo Venezia a corredo della Madonna di Acuto (inv. 6964).

Hermanin Federico, Sculture medievali romane, in «Dedalo», 1, 1920-1921, pp. 217-223;
Hermanin Federico, L’arte in Roma dal sec. VIII al XIV, Bologna 1945;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 339;
Lightbown Ronald W., Mediaeval European Jewellery with a Catalogue of the Collection in the Victoria & Albert Museum, London 1992;
Cioni Elisabetta, Scultura e smalto nell’oreficeria senese dei secoli XIII e XIV, Firenze 1998;
Montevecchi Benedetta, Presenze e suggestioni veneziane dal XIII al XVI secolo, in Barucca Gabriele, Montevecchi Benedetta (a cura di), Beni Artistici. Oreficerie, Cinisello Balsamo 2006, pp. 38-54;
Torriti, in Torriti Pietro (a cura di), Sacra mirabilia: tesori da Castiglion Fiorentino, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 18 febbraio-11 aprile 2010), Firenze 2010, pp. 25-31, n. 5;
Fachechi Grazia Maria, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. Sculture in legno, Roma 2011;
Jakšić, in Jakšić Nikola, Domijan Miljenko, Taburet-Delahaye Élisabeth, Huynh Michel (a cura di), «Et ils s’émerveillèrent». L’art médiéval en Croatie, catalogo della mostra (Parigi, Musée Nationale du Moyen Âge-Thermes de Cluny, 10 ottobre 2012-7 gennaio 2013), Paris 2012, p. 88, n. 39; 
Tomasi Michele, Il busto di sant’Agata a Catania e i reliquiari a busto medievali, in Ufficio per i Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Catania (a cura di), Sant’Agata. Il reliquiario a busto. Nuovi contributi interdisciplinari, Milano 2014, pp. 22-41;
Montevecchi Benedetta, Oreficeria sacra a Roma al tempo del Grande Scisma, in Angelelli Walter, Romano Serena (a cura di), La linea d’ombra: Roma 1378-1420, Roma 2019, pp. 357-374;
Lorenzo Riccardi, Per una storia della tutela della scultura lignea medievale nel frusinate, in Angelelli Walter, Pomarici Francesca (a cura di), Tra chiesa e regno. Nuove ricerche sull’arte del Basso Medioevo nel Frusinate, II, Roma 2021, pp. 409-454.

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