Compianto sul Cristo morto

Lelio Orsi XVI secolo

Il Compianto sul Cristo morto è un esempio importante della produzione di Lelio Orsi per la devozione privata, e rappresenta una delle testimonianze più esplicative della sua maniera particolarissima, frutto di una calibrata combinazione di elementi correggeschi e michelangioleschi. L'opera, che appartiene alla piena maturità di Orsi, vanta una illustre vicenda collezionistica.

Il Compianto sul Cristo morto è un esempio importante della produzione di Lelio Orsi per la devozione privata, e rappresenta una delle testimonianze più esplicative della sua maniera particolarissima, frutto di una calibrata combinazione di elementi correggeschi e michelangioleschi. L'opera, che appartiene alla piena maturità di Orsi, vanta una illustre vicenda collezionistica.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Compianto sul Cristo morto Autore: Lelio Orsi Data oggetto: XVI secolo Materiale: Tavola Tecnica: Olio su tavola Dimensioni: altezza 66 cm; larghezza 57,5 cm
Tipologia: Dipinti Numero inventario principale: 894

La tavola di Lelio Orsi (1508/1511-1587) rappresenta il Cristo morto pianto, dinnanzi al sepolcro, dalla Madonna, Nicodemo e Giuseppe di Arimatea, san Giovanni Evangelista e, in primo piano, dalla Maddalena e da un angioletto. L'eccentrico pittore padano, formatosi sull’opera di Correggio, poi radicalmente segnato dal contatto con Giulio Romano a Mantova, e con Michelangelo attraverso diversi soggiorni a Roma, si esprime qui in una sintonia del tutto personale con la temperie culturale della Controriforma: la monumentalità scultorea derivata da Michelangelo è smorzata da forme sinuose, da un cromatismo morbido di matrice veneto-emiliana e da un rinnovato interesse per la luce, stimolato da nuove meditazioni su Correggio.
La formula del Cristo racchiuso entro il grembo della madre rielabora l’invenzione della Pietà concepita da Michelangelo per Vittoria Colonna (Romani 1984, p. 72); e il corpo di Gesù, lunghissimo e disarticolato, così come l’incastro un po’ rigido della testa nella spalla sinistra, evocano idee della Pietà Bandini. Dipendono invece da Correggio l'attenzione per la luce e la predilezione per una linea flessuosa e scattante, che combinandosi con un cromatismo tenero e pastoso allenta le tensioni plastiche michelangiolesche. Un foglio di Lelio Orsi conservato alla Morgan Library and Museum di New York (inv.1973.34), su cui ha di recente riportato l’attenzione Vittoria Romani, presenta, sul verso, due studi a penna per la figura di Cristo (Vittoria Romani, Il Compianto su Cristo morto di Lelio Orsi, 17 novembre 2021, conferenza del ciclo Messi in luce. Dipinti e sculture di Palazzo Venezia). La peculiare miscela di caratteri stilistici del Compianto spiega perché tra Sei e Settecento nel corso della sua prestigiosa vicenda collezionistica sia stato riferito addirittura allo stesso Correggio o a Marcello Venusti, pittore lombardo che a Roma collaborò con Buonarroti. Nella revisione controllata e sentimentale del linguaggio di Michelangelo, Orsi mostra una sensibilità ed esiti affini a quelli di Giulio Clovio. La tavola di Palazzo Venezia condivide con una delle più celebri opere di Clovio, la Pietà su pergamena degli Uffizi, il carattere languidamente devozionale, la gamma cromatica preziosa e raffinatissima e il gusto minuto per i dettagli in primo piano. Tale attitudine miniaturistica e la resa lenticolare dei particolari è un tratto caratteristico di gran parte della produzione di Orsi, nel piccolo e medio formato, come il San Giorgio e il Sacrificio di Isacco del Museo di Capodimonte, di datazione vicina, o il più tardo Cristo morto fra Carità e Giustizia della Galleria Estense di Modena, i cui puttini vorticanti sono strettamente imparentati all’angelo del Compianto. 
Gli appigli documentari per ricostruire la cronologia dell'opera di Orsi sono scarsi, ed è ancora assai dibattuta la datazione del Compianto, che pure appare prossimo ai dipinti generalmente ascritti alla fase matura della sua attività. Salvini e Chiodi (1950), e poi Hoffmann (1975) e Romani (1984), e più recentemente anche Patrizi (2021) ritengono il Compianto eseguito nel settimo decennio, cioè quando Orsi, ristabilitosi definitivamente in terra emiliana dopo diversi soggiorni romani, rimedita l’esperienza michelangiolesca attraverso il recupero, graduale, di Correggio: l’opera si aggancerebbe a un gruppo di quadri di modeste dimensioni posteriori agli affreschi per il Casino di Sopra a Novellara (1558-1563) e stilisticamente vicini alla Madonna della Ghiara, un disegno firmato e datato al 1569. Diversamente, Frisoni (1987), seguita da Pirondini (2019), individua nel Compianto una testimonianza dell’ultimissimo tratto della carriera dell’artista, segnato da una svolta correggesca molto decisa, e propone dunque una datazione tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta. Poiché il Compianto serba un ricordo ancora molto vivo degli affreschi del Casino di Sopra, eseguiti da Orsi fra gli anni cinquanta e sessanta del Cinquecento, e poiché il disegno della Madonna della Ghiara (1569) resta un termine di confronto sicuro, penso sia plausibile una datazione verso la seconda metà degli anni sessanta.

Maria Giovanna Donà

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Buono.

La scheda tecnica del museo del 1992 fa riferimento a un restauro di pochi anni prima senza indicare la data, plausibilmente anteriore all’esposizione del 1987-1988; il 13 marzo 2006 è stata eseguita un’analisi dello stato di conservazione dell’opera, in cui si riporta: “intervento urgente” (cancellato) e poi, in una seconda nota: “da intervenire”.

Sul rovescio della tavola, al centro, timbro a fuoco di un marchio con le lettere «D G H» sormontate da una corona, monogramma del marchese del Carpio (L. 4772) e, al di sotto, annotazione del numero d’inventario «1344»;
in alto a destra a punta di pennello e inchiostro nero: lettere «P R C» intrecciate, lettere «N P»; in gesso azzurro: «13».

Roma, Don Gaspar de Haro Y Guzmán, VII marchese del Carpio (1629-1687), inventario del 1682-1683 con attribuzione a Marcello Venusti: “n. 682. Un quadro che rappresenta Christo deposto dalla Croce con molte figure di mano di marcello venusto, di palmi 3 e 2 1/2 in circa con sua cornicia d'ebano filettata di oro stimato in 40” [cm 66, 9 x 55,8 circa, 1 palmo = 22, 3 cm], con postilla a margine di epoca successiva: “El Padre Resta presentò el quadro del num 682” [Burke-Cherry 1997 p. 763]; Napoli, Don Gaspar de Haro Y Guzmán, VII marchese del Carpio (1629-1687) inventario post mortem del 1687 senza indicazione di autore: “n. 1344. Un quadro di palmi 3 e 2 e ½ in circa con cornice negra, intagli dorati con Christo morto, le Marie, et altre figure che le piangono in tavola”; 
Roma, cardinale Tommaso Ruffo (1663-1753) con attribuzione a Correggio: “Una Pietà dipinta da Antonio Allegri, detto il Correggio […] pittura di palmi 2, e 3, con figurine, e un paese bellissimo, la quale fu venduta dagli eredi del Signor Marchese del Carpio, che pagato l’avea quattromila filippi” [cm 66, 9 x 44,6 circa, 1 palmo = 22, 3 cm] [Agnelli 1734 p. 44] e ugualmente indicato anche nell’inventario post-mortem del 1753: “altro [quadro] di testa rappresentante la Pietà, con molte figure d’Antonio di Correggio, quale fu dal signor Marchese del Carpio comprato, scudi 4000” [De Angelis 2010 p. 68];
Roma, Collezione del principe Fabrizio Ruffo di Motta Bagnara (1845-1916); 
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, dal 1919 con attribuzione a scuola di Rubens.

Reggio Emilia, Civica Galleria Fontanesi, Mostra di Lelio Orsi, 16 luglio-30 settembre 1950;
Reggio Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli, Lelio Orsi, 5 dicembre 1987-30 gennaio 1988;
Tivoli, Villa d’Este, Ecce Homo. L’incontro fra il divino e l’umano per una diversa antropologia, 16 ottobre 2020-5 maggio 2021.

Agnelli Jacopo, Gallerie di pitture dell’E.mo e R.mo Principe Signor Cardinale Tommaso Ruffo vescovo di Palestrina, e di Ferrara […] Rime e prose del dottor Jacopo Agnelli ferrarese, Ferrara 1734, p. 44;
Santangelo Antonino (a cura di), Museo di Palazzo Venezia. Catalogo. 1. Dipinti, Roma 1947, p. 22;
Salvini Roberto, Chiodi Alberto Mario (a cura di), Mostra di Lelio Orsi, catalogo della mostra (Reggio Emilia, Civica Galleria Fontanesi, 16 luglio-30 settembre 1950), p. 40, cat. 37, fig.37;
Salvini Roberto, Su Lelio Orsi e la mostra di Reggio Emilia, in «Bollettino d’arte», XXXVI, 1, 1951, p. 82;
Villani Maria Rosa, Lelio Orsi, tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, relatore prof. Pallucchini Rodolfo, a.a. 1953-1954, pp. 107-111;
Zeri Federico, Lelio Orsi: un’“Annunciazione”, in «Paragone. Arte», 3.1952, p. 60;
Zeri Federico (a cura di), Catalogo del Gabinetto Fotografico Nazionale. 3. I dipinti del museo di Palazzo Venezia in Roma, Roma 1955, p. 7, cat. 82;
Hoffman Joseph, Lelio Orsi da Novellara (1511-1587): A Stylistic Chronology, Ann Harbor 1975, pp. 75-77, cat.24, p. 181, fig.44;
De Grazia, in De Grazia Diane (a cura di), Correggio e il suo lascito. Disegni del Cinquecento emiliano, catalogo della mostra (Parma, Palazzo della Pilotta, 6 giugno-15 luglio 1984), Parma 1984, p. 284;
Romani Vittoria, Lelio Orsi, Modena 1984, pp. 72-73, fig. 55;
Frisoni, in Monducci Elio, Pirondini Massimo (a cura di), Lelio Orsi, catalogo della mostra (Reggio Emilia, Teatro Municipale Romolo Valli, 5 dicembre 1987-30 gennaio 1988), Milano 1987, pp. 224-225, cat. 98,  ill. pp. 225, 228-230;
Fortunati Vera (a cura di), La pittura in Emilia e in Romagna. Il Cinquecento, II, Milano 1995, p. 182 fig. p. 183;
Burke Marcus, Cherry Peter, Spanish Inventories. Collection of Paintings in Madrid 1601-1755, Los Angeles, Torino 1997, I, p. 763, doc. 109; p. 821, doc. 114;
Barberini Maria Giulia, Sconci Maria Selene (a cura di), Guida al Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Roma 2009, p. 27, n. 10;
De Angelis Maria Antonietta, I dipinti del cardinale Tommaso Ruffo (1663-1753): la quadreria di un alto prelato nella Roma del Settecento, in Debenedetti Elisa (a cura di), Collezionisti, disegnatori e pittori dall’Arcadia al Purismo, II, Roma 2010, p. 68;
Villata Edoardo, Presenze lombarde nella collezione Ruffo, in Pavone Mario Alberto (a cura di), Il collezionismo del cardinale Tommaso Ruffo tra Ferrara e Roma, Atti del convegno (Salerno, 18 novembre 2013), Roma 2013, pp. 107-108;
Pirondini Massimo, Lelio Orsi, i Gonzaga di Novellara e Roma, in Parrilla Francesca, Pirondini Massimo (a cura di), Michelangelo a colori. Marcello Venusti, Lelio Orsi, Marco Pino, Jacopino del Conte, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Barberini, 19 ottobre 2019-6 gennaio 2020), Roma 2019, p. 51;
Romani Vittoria, "Anche Lelio ha usato mirabilmente di queste pieghe, ma più indistintamente del Correggio". Pieghe e panni nelle riflessioni di Padre Sebastiano Resta, in «Studi di Memofonte», n. 25, 2020, p. 176;
Patrizi, in Bruciati Andrea (a cura di), Ecce Homo. L’incontro fra il divino e l’umano per una diversa antropologia, catalogo della mostra (Tivoli, Villa d’Este, 16 ottobre 2020-2 maggio 2021), Roma 2021, n. 38.

Oggetti correlati

Correlati
tavola
Dipinti
olio su tavola
1400 d.C. - 1600 d.C.