Cofanetto per reliquie

Ambito tedesco(?) XVI secolo

In mostra presso Palazzo Venezia

Il cofanetto, d’impianto rettangolare, poggia su quattro sostegni zoomorfi ed è privo di coperchio. Il contenitore, internamente bipartito, è composto dall’unione di sei placchette figurate con coppie di santi a mezzo busto fra erme laterali. L'opera è riconducibile all'ambito tedesco del XVI secolo.

Il cofanetto, d’impianto rettangolare, poggia su quattro sostegni zoomorfi ed è privo di coperchio. Il contenitore, internamente bipartito, è composto dall’unione di sei placchette figurate con coppie di santi a mezzo busto fra erme laterali. L'opera è riconducibile all'ambito tedesco del XVI secolo.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Cofanetto per reliquie Ambito Ambito tedesco(?) Data oggetto: XVI secolo Materiale: Stagno Tecnica: Fusione, Cesellatura Dimensioni: altezza 7,8 cm; larghezza 9 cm
Tipologia: Sculture Acquisizione: 1963 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 10857

Il cofanetto, già assegnato da Planiscig (1931) a una manifattura attiva nella Germania meridionale durante la seconda metà del XVI secolo (Cannata 1982, p. 84), è stato in seguito ricondotto alla coeva produzione dell’Austria meridionale da Santangelo (1964, p. 49), che nelle erme ai lati delle coppie di santi racchiusi in ciascuna placchetta distingueva “un’influenza rinascimentale italiana, mediata attraverso Norimberga o Augusta“. Lo studioso proponeva una lettura funzionale del manufatto, quale “modello da eseguire nell’elaborazione finale in lama d’argento sbalzata e cesellata“ per la “base di un complesso maggiore, comprendente un’alzata in forma di ostensorio per reliquie o di croce-reliquiario“ (Santangelo 1964, p. 49). L’originaria destinazione liturgica dell’arredo è condivisa da Cannata (1982, p. 84), che nell’opera identifica un reliquiario articolato in due scomparti interni, “come sembra suggerire la lunga teoria di coppie di santi raffigurati“ (Cannata 2011, p. 169) sulle placchette che ne costituiscono il corpo “a cassetta”. La successione di figure allineate lungo i lati dell’arredo rievoca la tipologia medievale del cosiddetto reliquiario a urna, caratterizzata da raffigurazioni correlate al contenuto, o al luogo di provenienza, da un meditato programma iconografico (Lorenzelli, Veca 1984, pp. 48-51, 73, 76). 
La problematica individuazione dei soggetti rappresentati su questo cofanetto, ormai sprovvisto del coperchio, complica la sua attribuzione a uno specifico centro di culto (Cannata 2011, p. 169). Ciascuno dei lati lunghi del contenitore risulta dall’abbinamento di due placchette figurate con coppie di santi vescovi benedicenti, privi di attributi iconografici distintivi, ma similmente qualificati da un ampio piviale in tessuto operato, da una mitria ingioiellata e da un pastorale dal riccio fogliato. La ricercata caratterizzazione dei volti connotati da un notevole accento plastico, nonché la minuta descrizione dei dettagli ornamentali che impreziosiscono le insegne vescovili, trovano riscontro nelle particolareggiate incisioni che raffigurano vescovi e religiosi nelle Cleri totius Romanæ ecclesiæ subjecti, seu, pontificiorum ordinum omnium omnino utriusque sexus, habitus, artificiosissimis figuris e nel Kunstbüchlin, serie illustrate da Jost Amman e pubblicate a Francoforte tra il 1585 e il 1599 (The Illustrated Bartsch 1985, pp. 410, 451-454, 608-669).
Una delle placchette dei lati brevi raffigura santa Lucia – identificata dai due occhi posati sul piatto sorretto dalla mano destra e dalla palma del martirio stretta nella sinistra – e un santo monaco benedicente con vessillo crociato, già riconosciuto in san Giovanni da Capestrano (Cannata 1982, p. 85). La caratterizzazione di quest’ultima figura barbata, abbigliata con tonaca e ampio cappuccio, si accosta all’immagine di san Severino riprodotta in una xilografia dedicata da Albrecht Dürer ai santi patroni dell’Austria nel 1515 (The Illustrated Bartsch 1980, p. 211). Discorda dal tema sacro la connotazione profana delle erme – maschili e femminili – che scandiscono la struttura su tutti i lati, tipologicamente riferibili a prototipi assai diffusi in Europa nel corso del XVI secolo, come prova la generale affinità con una serie di placchette decorative già ricondotte all’orafo Wenzel Jamnitzer e agli anni centrali del Cinquecento (Weber 1975, I, pp. 152-155, nn. 241, 247, 249).

Daria Gastone

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Buono.

Ossidazione; piccole fratture.

Collezione Giacinto Auriti, 1963.

Scheda inventariale dattiloscritta, P.V. 10857, s.n., s.d., Archivio del Museo Nazionale del Palazzo di Venezia;
Petre Antica F., 2004, 12/00865246 (scheda in Catalogo generale dei Beni Culturali).

Planiscig Leo, La Collezione Giacinto Auriti, Wien 1931, n. 57; dattiloscritto inedito (Archivio Palazzo Venezia);
Santangelo Antonino, Museo di Palazzo Venezia. La Collezione Auriti, Roma 1964, p. 49;
Weber Ingrid, Deutsche, niederländische und französische Renaissanceplaketten 1500-1650, München 1975, I, pp. 152-155;
The Illustrated Bartsch, 10, Sixteenth Century German Artists. Albrecht Dürer, New York 1980, p. 211;
Cannata, in Casanova Uccella Maria Letizia (a cura di), Rilievi e placchette dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, febbraio-aprile 1982), Roma 1982, pp. 84-85, n. 100;
Lorenzelli Pietro, Veca Alberto (a cura di), Tra/E, teche, pissidi, cofani e forzieri dall’Alto Medioevo al Barocco, catalogo della mostra (Bergamo, Galleria Lorenzelli, ottobre-dicembre 1984), Bergamo 1984, pp. 48-51, 73, 76;
The Illustrated Bartsch, 20, part 2, German Masters of the Sixteenth Century, New York 1985, pp. 410, 451-454, 608-609;
Cannata, in Cannata Pietro, Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. Sculture in bronzo, Roma 2011, pp. 168-169, n. 187.

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