Cofanetto nuziale

Bottega degli Embriachi (?); Bottega dell’Italia settentrionale; restauratore ottocentesco 1410-1430; XIX secolo

Il coperchio tronco-piramidale di questo cofanetto, poggiante su una cornice bicroma e culminante in un decaedro allungato con maniglia, presenta listelli ossei con putti alati nudi reggenti scudi su un fondo a foglie di rosa e intarsi alla certosina. La cassa, delimitata da elementi lignei neri, è rivestita da quindici lamelle ossee intagliate: dodici raffigurano coppie di amanti, tre, invece, rappresentano un uomo nell’atto di scagliare degli oggetti, un personaggio con scudo e alabarda, una donna di profilo. L’interno del cofanetto presenta una compartimentazione in legno non di origine.

Il coperchio tronco-piramidale di questo cofanetto, poggiante su una cornice bicroma e culminante in un decaedro allungato con maniglia, presenta listelli ossei con putti alati nudi reggenti scudi su un fondo a foglie di rosa e intarsi alla certosina. La cassa, delimitata da elementi lignei neri, è rivestita da quindici lamelle ossee intagliate: dodici raffigurano coppie di amanti, tre, invece, rappresentano un uomo nell’atto di scagliare degli oggetti, un personaggio con scudo e alabarda, una donna di profilo. L’interno del cofanetto presenta una compartimentazione in legno non di origine.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Cofanetto nuziale Ambito Bottega degli Embriachi (?); Bottega dell’Italia settentrionale; restauratore ottocentesco Data oggetto: 1410-1430; XIX secolo Materiale: Legno, Osso Tecnica: Intaglio Dimensioni: altezza 15,5 cm; larghezza 19 cm
Tipologia: Avori Acquisizione: 1933 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: W 972 bis

L’avorio di elefante, disponibile nell’Occidente medievale con alterne fortune, è stato occasionalmente sostituito con materiali più facilmente reperibili e meno costosi come l’osso di mammifero. Sin dal terzo quarto del Trecento nell’Italia centrale e settentrionale per la realizzazione di manufatti preziosi si fece ricorso a lamelle ossee intagliate, fissate su una base lignea e accostate al fine di ottenere veri e propri cicli figurativi. Tale procedimento divenne tipico nella bottega che, prima a Firenze e poi a Venezia, nacque dietro l’impulso del mercante fiorentino Baldassarre Ubriachi. Questa officina, diretta dall’intagliatore anch’esso fiorentino Giovanni di Jacopo, produsse sia arredi ambiziosi come pale d’altare e grandi cassoni, sia piccoli oggetti come altaroli, cornici di specchio e, soprattutto, cofanetti. Le oscillazioni qualitative dei manufatti che sin da un celebre saggio di Julius von Schlosser si identificano in un modo generale come "embriacheschi" sono state spiegate alla luce dell’esistenza di diversi atelier che, pur riproducendo i prototipi più antichi, si specializzarono nell’esecuzione di pezzi più seriali (von Schlosser 1899; Merlini 1989; Tomasi 2016a; Chiesi 2018). Il cofanetto di Palazzo Venezia rientra tra i più tipici esempi di tale produzione e le sue applicazioni ossee rappresentano fasi diverse dell’attività delle botteghe operose nel seguito di quella diretta da Baldassarre. Esso, infatti, in un momento che rimane difficile da precisare, dovette subire un rifacimento che portò all’integrazione di cinque elementi diversi per provenienza, secondo una pratica ricorrente nell’ambito del collezionismo otto-novecentesco. Le dieci lamelle originarie raffigurano coppie affrontate in atteggiamento amoroso abbigliate con tuniche strette al seno con ampie maniche per le donne, abito corto con maniche larghe per gli uomini. La parte superiore di tali placchette è occupata da alberi stilizzati in parte lavorati a giorno che costituiscono un momento intermedio tra la più articolata vegetazione degli esemplari della prima attività della bottega e quella abbozzata e priva di incisione a giorno dei lavori più tardi. Queste caratteristiche presuppongono una datazione verso il primo decennio del XV secolo, nel contesto della bottega degli Embriachi sebbene per un tipo di produzione più corsiva. Tali lamelle possono essere confrontate con le dodici a coppie affrontate del Museo Nazionale di Ravenna databili agli inizi del Quattrocento (Martini 1993a). Delle cinque placchette di reimpiego, invece, se ne distinguono due con coppie di profilo. Rispetto alle dieci appena discusse qui la parte apicale con gli alberi è stata resecata e l’esecuzione è più sommaria così come si vede dal confronto con un forzierino del Museo Duca di Martina di Napoli (Giusti 1981). Altre due con un soldato munito di scudo e alabarda e una donna di profilo possono essere accostate alle esperienze del cosiddetto “primo gruppo delle storie di Susanna” (Merlini 1989, p. 276), ben rappresentato da un cofanetto di Modena (Merlini 1989, p. 272, fig. 12) e da uno di Ravenna, dove compare una figura di alabardiere del tutto identica a quella del cofanetto qui in esame (Martini 1993b). La quinta placchetta, invece, che rappresenta il lapidatore dei due vecchioni del celebre episodio biblico di Susanna, per la corporatura possente, le mascelle squadrate, il naso aquilino e una accentuata convessità del rilievo appartiene alla cosiddetta «seconda bottega delle storie di Susanna» ed è databile intorno al secondo o terzo quarto del XV secolo (Merlini 1989, pp. 276-277). Un confronto possibile è con un frammento di specchio raffigurante il dio d’amore del Museo Civico di Torino (Tomasi 2016).

Giampaolo Distefano

Buono.

Roma, Collezione Tower Wurts, 1933.

von Schlosser Julius, Die Werkstatt der Embriachi in Venedig, in «Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», 20, 1899, pp. 220-282;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, pp. 292-293;
Giusti, in Giusti Paola, Leone de Castris Pierluigi (a cura di), Medioevo e produzione artistica di serie: smalti di Limoges e avori gotici in Campania, catalogo della mostra (Napoli, Museo Duca di Martina, ottobre 1981-aprile 1982), Firenze 1981, pp. 130-131, n. II, 18;
Merlini Elena, La “Bottega degli Embriachi” e i cofanetti eburnei fra Trecento e Quattrocento: una proposta di classificazione, in «Arte cristiana», 76, 1989, pp. 267-282;
Martini, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 75-77, nn. 34-35 (Martini 1993a);
Martini, in Martini Luciana (a cura di), Oggetti in avorio e osso nel Museo Nazionale di Ravenna. Sec. XV-XIX, Ravenna 1993, pp. 95-98, n. 136 (Martini 1993b);
Tomasi Michele, Miti antichi e riti nuziali: sull’iconografia e la funzione dei cofanetti degli Embriachi, in «Iconographica», 2, 2003, pp. 126-145;
Tomasi Michele, La bottega degli Embriachi e gli oggetti in legno e osso in Italia fra Tre e Quattrocento, in Castronovo Simonetta, Crivello Fabrizio, Tomasi Michele (a cura di), Avori medievali. Collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, Savigliano 2016, pp. 151-153 (Tomasi 2016a);
Tomasi Michele, in Castronovo Simonetta, Crivello Fabrizio, Tomasi Michele (a cura di), Avori medievali. Collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino, a cura di, Savigliano 2016, pp. 206-207, n. 52 (Tomasi 2016b);
Levi Donata, Beautiful Houses. Spazi e arredi tra mercato e collezionismo, in Pellegrini Emanuele (a cura di), Voglia d’Italia. Il collezionismo internazionale nella Roma del Vittoriano, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Venezia; Gallerie Sacconi al Vittoriano, 7 dicembre 2017-4 marzo 2018), Napoli 2017, pp. 81-97;
Chiesi Benedetta, Gli Embriachi e le botteghe dell’Italia settentrionale fra Tre e Quattrocento, in Ciseri Ilaria (a cura di), Gli avori del Museo Nazionale del Bargello, Milano 2018, pp. 334-335.

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