Ciotola con Agnus Dei

Ambito orvietano Basso Medioevo

Ciotola carenata e biansata, smaltata internamente ed esternamente, con parete bassa, alto piede e fondino piccolo e piano. Al centro della ciotola, tra due linee parallele in bruno atte a definire lo spazio è visibile un Agnus Dei. 

Ciotola carenata e biansata, smaltata internamente ed esternamente, con parete bassa, alto piede e fondino piccolo e piano. Al centro della ciotola, tra due linee parallele in bruno atte a definire lo spazio è visibile un Agnus Dei. 

Dettagli dell’opera

Denominazione: Ciotola con Agnus Dei Ambito Ambito orvietano Data oggetto: Basso Medioevo Materiale: Maiolica arcaica, Ceramica, Ceramica invetriata Tecnica: Invetriatura stannifera Dimensioni: altezza 5 cm; diametro 10,1 cm
Tipologia: Ceramiche Acquisizione: 1950 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: OR 181 Altri numeri PP 68

Ciotola carenata e biansata, con parete bassa e alto piede; fondino piccolo e piano, smaltata internamente ed esternamente.  Al centro della ciotola, tra due linee parallele in bruno atte a definire lo spazio è visibile un Agnus Dei. Il reperto fa riferimento alla cosiddetta Maiolica Arcaica. Con tale termine, tratto dalle denominazioni tradizionalmente in uso per definire i periodi dell’antica ceramica attica, adottate da Gaetano Ballardini quando per primo volle dare una classificazione sistematica alla maiolica italiana, si indica oggi una classe di ceramica rivestita da mensa prodotta a partire dalla metà del XIII secolo in Italia centrale e settentrionale la cui caratteristica di base è costituita dalla presenza, sulla superficie principale del vaso, di un rivestimento vetrificato stannifero sul quale sono tracciate le decorazioni pittoriche in verde ramina e bruno manganese, mentre la superficie secondaria è semplicemente ricoperta da una vetrina piombifera. Le forme afferenti alla Maiolica Arcaica si dividono tra aperte e chiuse e si caratterizzano per numerose varianti e sotto-varianti spesso afferenti a determinate aree come il boccale a pellicano tipico di quella umbro-laziale. Poiché la classe presenta un excursus cronologico piuttosto ampio, risulta a oggi ancora complesso stabilire un quadro accettabile delle sue evoluzioni ma nell’Italia centrale l’area di diffusione di questa nuova classe – che per tecnica e prodotto finale era tesa a superare le precedenti produzioni da mensa quali l’Invetriata Verde, la Dipinta sotto Vetrina e la Ceramica Laziale – sembrerebbe essere stata la città di Pisa. In linea generale è possibile osservare una “fase iniziale” (1200-1250), relativa esclusivamente all’utilizzo dei bacini in Maiolica Arcaica per le decorazioni architettoniche; una “fase sviluppata”, collocabile tra il tra il 1250 e il 1350 quando la Maiolica Arcaica., prodotta come ceramica da mensa, compare nella maggior parte dei contesti archeologici con un’incidenza decisamente rilevante; una terza, “fase tarda”, che si sviluppa a partire dal 1350 e giunge sino alla prima meta del XV secolo, durante la quale, sia a livello morfologico che decorativo si registrano una serie di elaborazioni interne che in alcuni casi daranno come esito le successive classi rinascimentali. All’interno di questa grande classe è possibile osservare delle produzioni distinte su base pressoché regionale. La produzione umbra, cui il manufatto in questione fa riferimento, viene usualmente associata a quella alto laziale la quale sembrerebbe essere di fatto fortemente influenzata dalla prima.  
Il motivo dell’Agnus Dei è stato frequentemente rinvenuto sul fondo di ciotoline carenate biansate, entro due cerchi concentrici, voltato verso destra o sinistra con la zampa anteriore destra che tiene una croce astile e circondato da motivi tracciati con un verde estremamente diluito. Il nimbo e la croce astile unitamente alla campitura del corpo, appaiono soggetti a piccole variazioni degne di nota: il vello mostra più raramente la campitura a graticcio mentre per il resto è caratterizzato da semicerchi più o meno grandi e più o meno regolari; la croce del vessillo è sempre potenziata ma appare contraddistinta sia da tratti trasversali (singoli, doppi e tripli) che da cerchietti; il nimbo, può essere costituito da una semplice linea ma appare più spesso crociato e delimitato da una banda in ramina (come in questo caso) e la coda, in ultimo, può essere dritta o arricciata. Sembrerebbe pertanto possibile affermare che le varie raffigurazioni individuate abbiamo fatto riferimento a uno stesso prototipo, o forse al massimo due, rielaborato dalle mani di diversi pittori esclusivamente in relazione ad alcuni aspetti del tutto marginali. Come per i simboli della passione l’arco cronologico appare piuttosto alto collocando le apparizioni del motivo tra la metà del XIII secolo e la metà del successivo, mentre da un punto di vista geografico il motivo è fortemente caratterizzante l’area alto laziale, anche se non mancano rinvenimenti in altre aree, come ad esempio, quella marchigiana. Le ciotoline carenate e biansate erano principalmente adoperate per bere ma potevano anche contenere salse in cui intingere verdure crude e focacce, frutta cotta o dolcetti. Forme simili con lievi varianti morfologiche si riscontrano sino alla fine del XIV secolo quando lo svilupparsi della carenatura rende maggiormente agevole la presa del contenitore con le mani rendendo inutili le anse che quindi scompaiono.

Beatrice Brancazi

Scheda pubblicata il 12 Febbraio 2025

Discreto. Presenta alcune lacune integrate con due differenti restauri.

Il primo restauro è avvenuto nel 1994 e il secondo nel 1998. 

Il reperto appartiene alla collezione di Giulio Del Pelo Pardi che nel 1950  la donò, corredata da un catalogo dattiloscritto redatto da Pericle Perali, al Museo di Palazzo Venezia dove se ne persero presto le tracce; negli anni novanta del Novecento, nel corso di una ricognizione volta al recupero e al censimento dei materiali del magazzino del Museo, la collezione venne recuperata e ipotizzata come tale. 

Orvieto, Museo della Tradizione Ceramica, Palazzo Simoncelli, Oltre il frammento, 18 dicembre 1999-23 gennaio 2000;
Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, Oltre il frammento, 20 maggio 2000-30 settembre 2000;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Oltre il frammento, 25 ottobre 2001-31 gennaio 2002.

Mazza Guido, La ceramica medioevale di Viterbo e dell’Alto Lazio, Viterbo, 1983, p. 80, fig. 99;
Sconci Maria Selene (a cura di), Oltre il frammento: forme e decori della maiolica medievale orvietana. Il recupero della collezione Del Pelo Pardi, Roma, 2000, p. 156, fig. 115; p. 157, fig. 116; p. 155, fig. 114;
Tamburini Pietro, Un museo e il suo territorio. Il museo territoriale del lago di Bolsena. 2. Dal periodo romano all’era moderna, Bolsena, 2001, p. 93, fig. 103a;
Casocavallo Beatrice, Le ceramiche rivestite bassomedievali, in Quaranta Paola, Casocavallo Beatrice (a cura di), La tavola imbandita. Ceramiche ceretane tra medioevo e rinascimento, catalogo della mostra (Tarquinia, Palazzo Comunale, Sala del Monte di Pietà, 10-30 novembre 2013), Acquapendente 2013, p. 21, fig. 15;
Brancazi Beatrice, Miele Flora, Contenitori e simboli: i motivi religiosi delle ceramiche rivestite alto laziali, in «NUME», IV Ciclo di Studi medievali, 2018, pp. 357-359;
Piermartini, in Luzi, Romualdo, Romagnoli Giuseppe (a cura di), Le maioliche medievali dal butto di Celleno Vecchio, catalogo della mostra (Viterbo, Museo della Ceramica della Tuscia, 18 maggio-14 luglio 2019), Viterbo 2019, p. 47, fig. 15;
Brancazi Beatrice, Nascoste in piena vista. I molteplici legami tra la scrittura e la ceramica basso medievale, in Campus Alessandro, Marchesini Simona, Poccetti Paolo (a cura di), Scritture nascoste, scritture invisibili. Quando il medium non fa “passare” il messaggio. Miscellanea internazionale multidisciplinare, Verona 2020.

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