Cassone forziere

Ambito abruzzese 1490-1499

In mostra presso Palazzo Venezia

Il cassone, prodotto della manifattura abruzzese del Quattrocento, svolgeva probabilmente la funzione di forziere, come farebbe intendere il robusto aspetto esterno e la presenza all’interno di una cassa per le monete. Eccezionalmente il coperchio ribaltabile è dipinto internamente a tempera con due tondi raffiguranti uno San Cristoforo e l’altro la Madonna con il Bambino, circondati da iscrizioni che fanno forse riferimento all’occasione di committenza e ricordano il capitolo della basilica di San Pietro in Coppito a L’Aquila.

Il cassone, prodotto della manifattura abruzzese del Quattrocento, svolgeva probabilmente la funzione di forziere, come farebbe intendere il robusto aspetto esterno e la presenza all’interno di una cassa per le monete. Eccezionalmente il coperchio ribaltabile è dipinto internamente a tempera con due tondi raffiguranti uno San Cristoforo e l’altro la Madonna con il Bambino, circondati da iscrizioni che fanno forse riferimento all’occasione di committenza e ricordano il capitolo della basilica di San Pietro in Coppito a L’Aquila.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Cassone forziere Ambito Ambito abruzzese Data oggetto: 1490-1499 Materiale: Legno, Tela, Tempera, Ferro battuto Dimensioni: altezza 61,5 cm; larghezza 63,5 cm
Tipologia: Arredi Acquisizione: 1919-1921 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 1481

Il cassone è privo all’esterno di elementi decorativi: sulla superficie in legno di noce, oltre alla robusta serratura a paletto lavorata a motivo geometrico “a zig-zag”, si stagliano soltanto le traverse borchiate e le otto massicce graffe angolari di rinforzo in ferro battuto, caratterizzate da piastre terminali tonde e piatte. Il vano interno, chiuso da un coperchio ribaltabile, presenta nella parte sinistra una sorta di cassaforte con antello a serratura rivestito da una tela ocra, dotato di fessura per le monete. Sul lato interno del coperchio sono eccezionalmente presenti due dipinti a tempera grassa su tela povera. Entro tondi disposti su un fondo naturalistico – popolato da animali (uccelli e un orso che mangia delle bacche) e personaggi (un eremita in una grotta) tra fiori, alberi e monogrammi mariani (?) – sono rappresentati San Cristoforo a sinistra e la Madonna con il Bambino a destra: il santo ha sulle spalle Gesù ed è immerso nell’acqua fino a metà gamba poiché sta attraversando un fiume tra due sponde ricche di vegetazione, appoggiandosi a un bastone fiorito; la Vergine, con veste rossa e manto rosaceo, è seduta su un cuscino sopra un piano marmoreo e allatta il Bambino, illuminata da un sole antropomorfo. Fa da cornice ai due tondi una fascia bianca, sulla quale corrono due iscrizioni in gotica maiuscola che probabilmente si riferiscono alla committenza e all’occasione di realizzazione del forziere. Due tondi bianchi più piccoli, posti negli spazi di risulta inferiori, sono abrasi e non è possibile riconoscere cosa vi fosse rappresentato. Il mobile è giunto tra il 1919 e il 1921 all’attuale collocazione, proveniente da Castel Sant’Angelo, dove è documentato nel 1907 tra i pezzi trascelti per il nascente Museo della città di Roma dal Medioevo all’Età moderna. Il cassone in esame è infatti citato nel 1916 nella relazione inedita dell’ispettore Giorgio Bernardini riguardante le collezioni presenti in Castel Sant’Angelo e il loro ordinamento (Nicita 2009, p. 302) ed è precocemente ricordato nel 1921 nella nuova sistemazione di Palazzo Venezia, nel passetto della Torre Armi (Anonimo 1921, p. 286). Già nel 1921 il cassone aveva perduto la generica attribuzione all’area dell’Italia meridionale con cui compariva nella relazione Bernardini, per essere riferito all’ambito abruzzese del XV secolo, attribuzione sostenuta da una parte della critica successiva (Hermanin 1948, pp. 361-362; Massafra 1983). Altri studiosi invece individuarono nel pezzo un prodotto di ambito toscano (Steiner, Del Puglia 1963, fig. 16; Ghelardini 1970, fig. 11; Brosio 1971, p. 60, fig. 2). Nella scheda OA dell’opera compilata da Fernanda Iacoangeli (Roma, Archivio storico del Museo di Palazzo Venezia), il mobile è stato dato genericamente a un artigiano dell’Italia centrale del XV secolo. Considerato il carattere anonimo dell’aspetto esterno, l’unico appiglio che consenta di discutere il contesto d’origine del cassone è rappresentato dai tondi dipinti sul lato interno del coperchio e dalle iscrizioni di corredo. Queste, già interpretate come riferimento a un evento matrimoniale (Hermanin 1948, pp. 361-362), sono scritte in volgare: menzionerebbero alcuni individui (nel tondo di sinistra) e i capitoli di enti ecclesiastici intitolati ai santi Domenico e Pietro (nel tondo di destra) e probabilmente andrebbero lette come continuazione la seconda della prima. Uno dei luoghi citati – "S. Petru d[e] Poplitu" – è identificabile con la basilica di San Pietro a Coppito, quartiere de L’Aquila il cui antico toponimo era “Poppleto” (qui con variante fonetica “Popplito”; si ringrazia Matteo Mazzone per la consulenza). Vicino alla basilica era in passato il complesso di San Domenico: questo sarebbe il motivo della menzione di entrambe le intitolazioni nell’iscrizione che accompagna il tondo dipinto. Quanto all’occasione di commissione, il termine "refutanza" più che a un ambito matrimoniale (dove indicherebbe una separazione) dovrebbe essere legato a un contesto economico, con significato di “quietanza” da parte del capitolo nei confronti di privati, tali Martino e Antonio.

Lorenzo Mascheretti

Discreto.

Nel maggio 2005 è stata eseguita disinfestazione a gas presso il Museo Nazionale degli strumenti musicali di Roma.

All’interno, sul coperchio a ribalta: monogrammi.
All’interno, sul coperchio a ribalta, nelle cornici attorno ai tondi dipinti a tempera: «+ refutança · cafacta · a martinv · pavlvcia · et · antonv · de · ianni · d · vinditianv ·»; «+ refvti · cafatv ·  l · capitolv · de · s · dominicv · e · de · s · petrv · d · poplitv · a · mar ·».

Roma, Castel Sant’Angelo, 1907;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, acquisto 1919-1921.

Anonimo, Nell’appartamento di Paolo II, in «L’artista moderno. Giornale d’arte applicata», 1921, pp. 286-287;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, pp. 361-362;
Steiner Carlo, Del Puglia Raffaella, Mobili ed ambienti italiani dal gotico al floreale, I, Milano 1963, fig. 11;
Ghelardini Armando, Il mobile italiano dal Medioevo all'Ottocento, Milano 1970, fig. 11;
Brosio Valentino, Il mobile italiano, Roma 1971, p. 60, fig. 2;
Massafra Maria Grazia, Riguardo ad alcuni cassoni conservati nel Museo di Palazzo Venezia in Roma, in Tampone Gennaro (a cura di), Legno nel restauro e restauro del legno, Atti del congresso nazionale (Firenze, 30 novembre-3 dicembre 1983), Milano 1983, pp. 292-293, fig. 9;
Nicita Paola, Musei e storia dell'arte a Roma. Palazzo Corsini, Palazzo Venezia, Castel Sant’Angelo e Palazzo Barberini tra XIX e XX secolo, Roma 2009, p. 302.

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