Cassone
Italia settentrionale Seconda metà del XV secolo
Il mobile, che per dimensioni si colloca nel periodo di transizione tra la tipologia del cassone e quella della credenza, sembra frutto di un assemblaggio di diverse porzioni su una struttura che per caratteristiche appartiene alla produzione dell’Italia settentrionale, databile nella seconda metà del Quattrocento.
Il mobile, che per dimensioni si colloca nel periodo di transizione tra la tipologia del cassone e quella della credenza, sembra frutto di un assemblaggio di diverse porzioni su una struttura che per caratteristiche appartiene alla produzione dell’Italia settentrionale, databile nella seconda metà del Quattrocento.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Il cassone si presenta interamente decorato a tarsia, a eccezione del coperchio ribaltabile, e sfoggia diverse tipologie di motivi appartenenti al repertorio tradizionale dell’intarsio “a toppo” (con sezioni di fasci di essenze lignee prefabbricati) e “a buio” (con tessere sagomate e applicate negli incavi del massello). Nella porzione inferiore lungo tutto il mobile corrono due modanature che costituiscono una sorta di basamento, la cui parte centrale è riempita da losanghe contornate su fondo scuro e contenenti piccole scacchiere; negli spazi triangolari di risulta sono collocate mezze stelle a quattro punte. Il pannello anteriore è organizzato in tre rincassi quadrati, circondati da listelli modanati e da cornici di diversa tipologia. Quella più esterna, che comprende i tre riquadri e intercetta la toppa della serratura, è delimitata da due sottili greche a regoli prospettici e a spirale, che racchiudono un motivo vegetale “a buio” con foglie, racemi e piccoli frutti. Ciascuna specchiatura ha inoltre una cornice propria, più stretta, decorata “a toppo” in maniera di volta in volta differente: a eliche (a sinistra); a scatole cubiche con fondo quadrettato (al centro); a poligoni concatenati (a destra). Nel centro delle specchiature sono raffigurati “a buio” vasi baccellati da cui fuoriescono fiori e rami avviluppati simmetricamente in volute. Su ciascun fianco, dove prosegue il citato basamento, è un’unica specchiatura quadrata, dotata di una cornice più interna con motivo a fisarmonica, con al centro una formella intarsiata “a toppo” raffigurante un vano in prospettiva racchiuso da pareti merlate, dove sta un lavabo a doppia vasca. Il mobile, che per via delle dimensioni costituisce un esemplare di transizione tra la tipologia del cassone e quella della credenza, è stato riferito all’ambito toscano, in particolare modo fiorentino, e datato tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento (Hermanin 1948; scheda OA dell’opera compilata da Fernanda Iacoangeli: Roma, Archivio storico del Museo di Palazzo Venezia). In quest’ultima sede è riportato un parere di Federico Hermanin, secondo cui sarebbero ravvisabili somiglianze tra la decorazione delle specchiature del cassone e quella di un riquadro degli armadi della Sagrestia Vecchia in San Lorenzo a Firenze, oggi come allora attribuiti a Giuliano da Maiano o a Francione. Nelle specchiature, con vasi privi di contorno e costruiti astrattamente attraverso il contrasto cromatico di inserti chiari sul fondo scuro, sembrerebbero effettivamente riconoscersi analogie con i motivi decorativi impiegati da maestri fiorentini, come, appunto, Giuliano da Maiano, ad esempio nel coro di San Lorenzo a Perugia eseguito dalla sua bottega in collaborazione con Domenico del Tasso tra il 1486 e il 1491. Tuttavia, i tre pannelli frontali del cassone del Museo di Palazzo Venezia sono l’unica parte che tradisce l’appartenenza a una cultura toscana o centro italiana; per il resto, il mobile è un prodotto dell’area nord italiana, come fanno intendere non solo la struttura e l’organizzazione generale della composizione, ma anche certi dettagli della decorazione, come gli intarsi laterali con vedute prospettiche, confrontabili con la produzione del vicentino Marco Cozzi, il quale nel coro di Spilimbergo (1475-1477) impiega motivi pressoché sovrapponibili a questi. È molto probabile quindi che il mobile in un momento imprecisato abbia subito manomissioni e sia stato integrato, sul lato anteriore, con inserti di ambito toscano. Il cassone pervenne al Museo Nazionale di Palazzo Venezia con il lascito di Henriette Tower Wurts (1933), moglie del diplomatico statunitense George Wurts, nella cui collezione precedentemente si trovava.
Lorenzo Mascheretti
Stato di conservazione
Buono.
Restauri e analisi
Un restauro è documentato nel 1995.
Provenienza
Roma, Collezione di George Washington Wurts ed Henrietta Tower;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1933, donazione di Henrietta Tower Wurts.
Bibliografia
Tinti Mario, Il mobile fiorentino, Roma 1928;
Hermanin Federico, Il Palazzo di Venezia, Roma 1948, p. 364;
Steiner Carlo, Del Puglia Raffaella, Mobili ed ambienti italiani dal gotico al floreale, I, Milano 1963, fig. 69.