Caccia di Meleagro e Atalanta

Guglielmo Della Porta 1555-1565 circa

La placchetta rappresenta uno dei sedici rilievi mitologici creati da Guglielmo Della Porta nel terzo quarto del Cinquecento per ornare un mobile d’arredo, come uno stipo o un tavolo intarsiato. Il soggetto è l’uccisione da parte di una squadra di eroi greci di un cinghiale mandato da Diana a devastare il territorio di Calidone. Questa scena di caccia permette all’artista di dispiegare animali, cavalieri e soldati in un grande corteo attorno ad Atalanta che ferisce l’animale con una freccia e a Meleagro che infligge il colpo fatale con un giavellotto.

La placchetta rappresenta uno dei sedici rilievi mitologici creati da Guglielmo Della Porta nel terzo quarto del Cinquecento per ornare un mobile d’arredo, come uno stipo o un tavolo intarsiato. Il soggetto è l’uccisione da parte di una squadra di eroi greci di un cinghiale mandato da Diana a devastare il territorio di Calidone. Questa scena di caccia permette all’artista di dispiegare animali, cavalieri e soldati in un grande corteo attorno ad Atalanta che ferisce l’animale con una freccia e a Meleagro che infligge il colpo fatale con un giavellotto.

Dettagli dell’opera

Denominazione: Caccia di Meleagro e Atalanta Autore: Guglielmo Della Porta Data oggetto: 1555-1565 circa Materiale: Bronzo Dimensioni: altezza 13,3 cm; larghezza 23 cm
Tipologia: Bronzi Acquisizione: 1964 Numero inventario principale: 10837

Per l’identificazione del ciclo mitologico di sedici rilievi al quale appartiene la placchetta, si rimanda alla scheda della Danza di ninfe (inv. 10836). La scena è ispirata alle Metamorfosi di Ovidio (2022, X, 561-707) e rappresenta la caccia al cinghiale mandato da Diana a devastare il territorio di Calidone in Etolia per punire il re Oineo di non avere compiuto un sacrificio in onore della dea. La battuta è condotta dal figlio del re Meleagro, accompagnato da una squadra di eroi tra i quali Castore e Polluce, Giasone, Teseo, Piritoo e la giovane Atalanta. Ella infligge la prima ferita all’animale scoccando una freccia, mentre Meleagro si appresta a ucciderlo con il giavellotto. Sul fondo, Atalanta riceve in premio la testa del cinghiale, episodio che darà luogo a una lite tragica tra Meleagro e gli zii, Plessipo e Tosseo. 
Come nella Danza di ninfe, Guglielmo Della Porta (circa 1510-1577) predilige la varietà delle pose e degli attributi, la saturazione spaziale e la moltiplicazione delle linee di forza. Meleagro appare nudo e statuario, con un possibile riferimento al gruppo antico raffigurante lo stesso personaggio, già identificato correttamente nel Cinquecento (Haskell, Penny 1981, pp. 263; Doni 1549 [1970], p. 51v). Atalanta porta una tunica trasparente e appare in una posa elegante e languida, in netto contrasto con quella del compagno. I cavalli sono raffigurati sotto varie angolazioni e con dettagli anatomici accurati, rivelando forse ottima conoscenza della fisiologia equina, l’ambizione di Della Porta, viva a metà secolo, di eseguire un monumento equestre colossale a Carlo V (Extermann 2012, pp. 64-67). Imprimendo un movimento centrifugo verso il cinghiale e circolare attorno ai due eroi, Della Porta non segue la disposizione a fregio praticata da Raffaello e dai suoi diretti o tardi seguaci, da Giulio Romano a Francesco Salviati a Giorgio Vasari, ma concepisce un’articolazione vorticosa e rapsodica che risente forse degli affreschi tardi di Michelangelo (Giudizio Universale, Vocazione di san Paolo e Crocifissione di san Pietro).  Anche Perino del Vaga, mentore di Della Porta, aveva assorbito le innovazioni del linguaggio di Michelangelo nell’elaborare lo stesso tema della caccia del cinghiale di Calidone per un cristallo di rocca destinato alla cassetta Farnese, con una distribuzione circolare dei protagonisti attorno alla fiera (Agosti 2019, p. 81). La qualità discreta del modellato e la somiglianza con l’esemplare di Vienna (Kunsthistorisches Museum, inv. KK. 7758) suggeriscono un’attribuzione alla mano di Della Porta.

Grégoire Extermann

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Buono.

Nessun restauro è noto.

Retro della placchetta dipinto in bianco in alto sull’asse centrale: «P.V. 10837».

Vienna, Collezione Giacinto Auriti, 1922-1933;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1964.

Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, Rilievi e placchette dal XVI al XVIII secolo, 1 febbraio-30 aprile 1982.

Planiscig Leo, La collezione Auriti. Piccoli bronzi, placchette, incisioni e oggtti d’uso [1931], Roma 1964, p. 40, tav. LVII;
Doni Anton Francesco, Disegno. Facsimile della edizione del 1549 di Venezia, Milano 1970;
Haskell Francis, Penny Nicholas, Taste and the Antique. The Lure of Classical Sculpture 1500-1900, London 1981;
Cannata, in Casanova Maria Letizia, Cannata Pietro (a cura di),  Rilievi e placchette dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, 1 febbraio-30 aprile 1982), Roma 1982, pp. 72-76, n. 71;
Zanuso, in Di Lorenzo Andrea, Frangi Francesco (a cura di), Raccolta Mario Scaglia, Dipinti e sculture, medaglie e placchette da Pisanello a Ceruti, catalogo della mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 30 ottobre 2007-30 marzo 2008), Cinisello Balsamo 2007, p. 228;
Rossi Francesco, La collezione Mario Scaglia, Bergamo 2011, p. 354;
Extermann Grégoire, Il ciclo della passione di Cristo di Guglielmo della Porta, in Cupperi Walter, Extermann Grégoire, Ioele Giovanna (a cura di), La scultura del secondo Cinquecento a Roma, Roma 2012, pp. 59-112;
Agosti Barbara, Perino del Vaga e lo stile farnesiano, in Marongiu Marcella (a cura di), Michelangelo e la "maniera di figure piccole", Firenze 2019, pp. 75-82;
Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, Paduano Guido (a cura di), con testo latino a fronte, Torino 2022.

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