Bolla di papa Paolo II Barbo
Emiliano Orfini 1465
Questa bolla plumbea di papa Paolo II serviva per vidimare i decreti pontifici su cui veniva apposta. Essa fu realizzata da Emiliano Orfini da Foligno probabilmente attorno al 1465, perché al diritto sembra possibile scorgere il momento in cui i giovanissimi figli dell’appena defunto imperatore d’Oriente, Tommaso Paleologo, supplicano il papa per ottenere un vitalizio con cui mantenersi a Roma, dove risiedevano da diversi anni.
Questa bolla plumbea di papa Paolo II serviva per vidimare i decreti pontifici su cui veniva apposta. Essa fu realizzata da Emiliano Orfini da Foligno probabilmente attorno al 1465, perché al diritto sembra possibile scorgere il momento in cui i giovanissimi figli dell’appena defunto imperatore d’Oriente, Tommaso Paleologo, supplicano il papa per ottenere un vitalizio con cui mantenersi a Roma, dove risiedevano da diversi anni.
Dettagli dell’opera
Scheda di catalogo
Questo piccolo oggetto in piombo è una bolla mediante la quale il pontefice vidimava gli editti da lui emanati, documenti che perciò sono detti bolle papali. Solitamente le bolle erano unite alle pergamene sulle quali erano redatti i testi dei decreti mediante un cordino che passava longitudinalmente attraverso il dischetto metallico (che è forato da parte a parte). Molte bolle sono ancora conservate attaccate ai documenti originali, molte altre sono invece andate disperse e spesso sono state rifuse per adoperarne il metallo in altro modo (Bautier 1992).
Al contrario dei pontefici che lo precedettero e che lo seguirono, che avevano un modello standard di bolla con i volti dei santi Pietro e Paolo da un lato, e il solo nome del papa dall’altro, Paolo II Barbo, in carica dal 1464, fece realizzare dal suo incisore Emiliano Orfini una bolla differente e più articolata, esito della sua passione per la numismatica, celebrativa del proprio pontificato.
Al diritto della bolla, infatti, compare a figura intera proprio Paolo II, il cui volto seppur alto solo pochi millimetri, è assolutamente riconoscibile, abbigliato con il triregno e con il piviale dal bordo decorato chiuso sul petto da un bottone gemmato. È seduto su un trono, che si erge due scalini sopra il piano di calpestio, e affiancato da due cardinali, distinguibili per gli ampi galeri che incorniciano i volti. Di fronte a lui, in ginocchio, accompagnati da una figura barbuta stanno tre giovani con le mani giunte, in gesto di supplica (Hill 1910, p. 359). Al rovescio, invece, l’iconografia tradizionale di Pietro e Paolo viene mantenuta, ma cambia la rappresentazione, perché non sono più illustrati i loro volti, ma le intere figure dei due santi, aureolati, seduti in trono, mentre si guardano, reggendo nelle mani la spada, le chiavi e anche dei libri. Al centro, che parte dall’esergo, è presente una croce astile fissata su un basamento a cono.
La bolla non è datata, eppure la scena al diritto è stata ricondotta a un avvenimento della vita del pontefice collocabile cronologicamente nel 1465. In quell’anno, il 12 maggio, era morto Tommaso Paleologo, despota di Morea fino alla conquista turca (1460), quando si trasferì con la famiglia a Roma, dove fu riconosciuto imperatore legittimo di Bisanzio e si convertì al cattolicesimo (Ostrogorsky 1993, pp. 500-510). Alla sua morte il figlio maggiore, Andrea Paleologo, aveva solo dieci anni, e Paolo II si fece carico del sostegno economico suo e dei fratelli, concedendo loro un vitalizio di 300 fiorini al mese (Buonanni 1699, pp. 82-83, n. VIII; Modesti 2002, p. 263, n. 94) e, infine, organizzando nel 1472 il matrimonio della sorella Zoe con Ivan III di Russia, con l’intento di convertire quel paese al cattolicesimo. La presenza sulla bolla dei tre ragazzi inginocchiati ha indotto a leggervi il momento nel quale i giovani Paleologo andarono a supplicare il pontefice appena dopo la morte del loro padre, nella seconda metà del 1465.
Dal punto di vista tecnico la bolla è realizzata mediante l’incisione di una matrice metallica entro la quale veniva pressata la cera per ottenere modelli che poi venivano gettati in metallo.
Nato a Foligno da una famiglia di orefici e stampatori, Emiliano Orfini operò come zecchiere papale a Spoleto prima di spostarsi a Roma, dove è documentato sicuramente dal 1464 e dove ottenne l’appalto della zecca pontificia dal 1471 per almeno un lustro. Oltre a occuparsi di incisione di conii e sigilli per il pontefice, Orfini produceva anche caratteri mobili per la stampa e si conservano ancora diversi incunaboli che recano il suo nome (Scapecchi 2013).
Giulia Zaccariotto
Scheda pubblicata il 27 Marzo 2025
Stato di conservazione
Buono.
Restauri e analisi
La bolla presentava la classica ossidazione (cancro del piombo) dovuta all'umidità, è stata restaurata (luglio 2022?) e protetta con una cera microcristallina per evitare il riemergere del problema.
Iscrizioni
Diritto: nel campo, entro bordo perlinato «• PAVLVS • / • P[a]P[a] • II •»;
Rovescio: nel campo, entro bordo perlinato «• S[anctus] PAVLVS • S[anctus] PET[rus] •».
Provenienza
Acquisto da Castel Sant’Angelo, 27 febbraio 1937.
Bibliografia
Buonanni Filippo, Numismata Pontificum Romanorum quae a tempore Martini V usque ad annum MDCXCIX vel authoritate publica, vel privato genio in lucem prodiere, Romae 1699;
Hill George Francis, The Medals of Paul II, in «Numismatic Chronicle», s. 4, X, 1910, pp. 340-369;
Bautier Robert Henri, Bolla, ad vocem, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, Roma 1992.
Ostrogorsky Georg, Storia dell’impero bizantino, Torino 1993;
Modesti Adolfo, Corpus numismatum omnium Romanorum Pontificum. Volume I. Da San Pietro (42-67) a Adriano VI (1522-1523), Roma 2002;
Scapecchi Piero, Emiliano Orfini, ad vocem, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXXIX, Roma 2013.