Battesimo di Cristo

Alessandro Algardi 1646 circa

In mostra presso Palazzo Venezia

Il gruppo in terracotta dorata raffigura san Giovanni che battezza Cristo presso le rive del Giordano. Il modello fittile corrisponde, nella composizione, a una perduta scultura in argento realizzata da Alessandro Algardi intorno al 1646 come dono per il papa Innocenzo X Pamphilj. La terracotta del Museo di Palazzo Venezia è stata identificata nell’esemplare donato da Algardi, per lascito testamentario, al bolognese Cristoforo Segni, suo protettore e maggiordomo del papa. 

Il gruppo in terracotta dorata raffigura san Giovanni che battezza Cristo presso le rive del Giordano. Il modello fittile corrisponde, nella composizione, a una perduta scultura in argento realizzata da Alessandro Algardi intorno al 1646 come dono per il papa Innocenzo X Pamphilj. La terracotta del Museo di Palazzo Venezia è stata identificata nell’esemplare donato da Algardi, per lascito testamentario, al bolognese Cristoforo Segni, suo protettore e maggiordomo del papa. 

Dettagli dell’opera

Denominazione: Battesimo di Cristo Autore: Alessandro Algardi Data oggetto: 1646 circa Materiale: Terracotta Dimensioni: altezza 45 cm; larghezza 46 cm
Tipologia: Sculture Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 13474

Il gruppo in terracotta dorata raffigura san Giovanni che battezza Cristo presso le rive del Giordano. I due personaggi si ergono su formazioni rocciose che evocano le sponde opposte del fiume; Cristo, appena flesso in avanti, offre il capo chino al Precursore che, col braccio proteso nel gesto di versare l’acqua battesimale, controbilancia la composizione. Tra le due figure si frappone un angioletto alato, nell’atto di raccogliere un lembo del panneggio che ricade dal braccio sinistro di Cristo. 
Questo modello in terracotta corrisponde, nella composizione, a un gruppo in argento realizzato da Alessandro Algardi intorno al 1646, donato a papa Innocenzo X Pamphilj e così ricordato da Giovanni Pietro Bellori (1672, ed. 1976, pp. 409-410): "due piccole statue d’argento circa tre palmi, San Giovanni Battista che battezza Cristo, e furono donate al Papa, il quale se ne compiacque molto per alludere al suo proprio nome e per essere il Santo protettore della sua famiglia". 
L’oreficeria è oggi da reputare perduta o, comunque, dispersa, ma è almeno possibile seguirne le prime vicende tra i beni del principe Camillo inventariati alla sua morte (1666), poi (1684 circa) tra le proprietà di suo figlio, Giovanni Battista Pamphili (1648-1709; in Montagu 1985, II, pp. 310-311, n. L.8). 
La vicenda critica dell'opera del Museo di Palazzo Venezia si è intrecciata a quella di altri modelli noti in terracotta. L'esemplare pervenuto nel 1923, assieme a un nucleo di terrecotte berniniane, nella raccolta del Museo Cristiano della Biblioteca Apostolica Vaticana (inv. no. 2426), fu inizialmente riferito ad Antonio Raggi da Albert Erich Brinckmann (1923-1925, II, 1924, pp. 90-91), cui seguì la proposta di Leandro Ozzola (1926-1927, pp. 131-135) di ascrivere il gruppo a Melchiorre Cafà. La corretta attribuzione del modello del Battesimo di Cristo ad Algardi si deve a Olga Raggio (1971, pp. 16-17), ma è stata poi Jennifer Montagu (1985, II, p. 311, n. 8.B.2) a identificare questa redazione con quella segnalata nell’inventario (1666 circa) della collezione del cardinale Flavio Chigi al Casino delle Quattro Fontane. La stessa Montagu (1972, pp. 64-78) aveva argomentato con forza la paternità algardiana dell’invenzione qui discussa facendo riferimento in particolare a una versione bronzea del Battesimo presso il Museum of Art di Cleveland (inv. 1965.471). Jacob Hess (1934, p. 211, nota 1), in realtà, aveva già segnalato una seconda terracotta registrata da Marcello Oretti nella collezione bolognese della famiglia Segni, cui era giunto dallo scultore stesso: "un battezzo di N. S. in terra creta, modello fatto dall’Algardi che lo lasciò per legato a Monsignor Cristoforo Segni Bolognese che lo creò suo esecutore testamentario li 9 giugno 1654 […]" (in Montagu 1985, II, p. 311, n. 8.L.B.1). Questo gruppo, considerato perduto e già erroneamente identificato da Raggio (1971, p. 34, nota 83) nella citata scultura in collezione Chigi, è stato individuato da Montagu (1985, II, p. 311, n. 8.L.B.1) come il prototipo da cui dovevano discendere la versione in argento per Innocenzo X e ulteriori redazioni bronzee. 
Lungamente reputata dispersa, la terracotta che Algardi aveva alla sua morte destinato a Cristoforo Segni, maggiordomo di Innocenzo X e patrono dello scultore bolognese, è stata identificata nell’esemplare del Museo di Palazzo di Venezia all’indomani del suo acquisto da parte dello Stato italiano nel 2004 (Pittiglio 2009, p. 36, n. 28). La provenienza Segni del gruppo fittile è sostenuta anche da Cristiano Giometti (2011, p. 42, n. 15), il quale la motiva ulteriormente sulla base della presenza del putto alato, assente nella terracotta del Museo Cristiano della Biblioteca Apostolica Vaticana ma presente nell’argento di Innocenzo X – stando alla descrizione inventariale dell’oggetto (Montagu 1985, II, pp. 310-311, n. L.8) – e nelle fusioni di qualità più sostenuta (soprattutto Cleveland, Museum of Art, inv. 1965.471 e Kansas City, The Nelson-Atkins Museum of Art, inv. 47-34). Inoltre, a partire dalle indagini radio-diagnostiche (Falcucci, Pelosi 2011, pp. 195-196), è stata accertata la presenza di una lamina metallica d’argento, ormai ossidata, sotto il più recente strato di doratura; la possibilità, quindi, che il Battesimo in esame simulasse ab antiquo il medium del gruppo consimile in argento, avvalora secondo Giometti (2011, p. 41, n. 15) la sua identificazione con l’esemplare donato da Algardi al maggiordomo del papa e suo protettore. 
La datazione dell’opera, da collocare intorno al 1646 sulla base delle notizie tramandate da Bellori (1672, ed. 1976, pp. 409-410), è per Montagu (1972, pp. 64-78; Montagu 1985, II, p. 310-311, n. L.8) confermata dall’esame dello stile, che consente di accostare il Battesimo al gruppo marmoreo della Decollazione di san Paolo (Bologna, chiesa di San Paolo Maggiore), eseguito ancora negli anni quaranta del Seicento. Montagu (1985) confrontava anche l’invenzione qui discussa con un disegno di Algardi oggi agli Uffizi (Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inv. 17203F) e già attribuito al maestro bolognese da Walter Witzthum (1963, pp. 75-98; pp. 87-89, p. 90, fig. 29). Si può aggiungere anche che, almeno compositivamente, la posa del Cristo nella terracotta algardiana ben si confronta – per la posizione degli arti e lo sbuffo di tessuto che ricasca dal gomito sinistro – con l’omologa figura nel Battesimo dipinto da Annibale Carracci (1603 circa) oggi alla Kunsthaus di Zurigo (inv. 2004/0010). 
Alla terracotta del Museo di Palazzo Venezia è stata dedicata una recente conferenza tenuta da Lucia Simonato (Pensieri di terracotta, scritture di bronzo. Algardi e il Battesimo di Cristo; Roma, Palazzo Venezia, Sala del Refettorio, 11 ottobre 2022); la studiosa analizza l’opera nel contesto della prassi scultorea di Algardi il quale – per ragioni culturali legate alla sua formazione emiliana – concepiva spesso le terrecotte come opere autonome, definite, pensate ab origine dall’artista come dono per amici e protettori o dedicate a committenti meno facoltosi (si veda, in tal senso, anche il Ritratto di Innocenzo X nello stesso Museo di Palazzo Venezia, inv. 13466).

Gerardo Moscariello

Scheda pubblicata il 16 Ottobre 2025

Buono. La doratura, non originale, è omogeneamente conservata. 

2011: indagini diagnostiche condotte da Claudio Falcucci e Claudia Pelosi. Gli esami tecnici hanno messo in luce numerose fratture della terracotta, non direttamente osservabili poiché mascherate dallo strato di doratura. Dalle radiografie è emerso inoltre che l'angelo, disgiunto dal gruppo o distaccatasi in un secondo momento, risulta assicurato al corpo di Cristo attraverso un perno metallico passante per la gamba destra della figura alata. Stando alla fluorescenza ai raggi x, di diversa composizione risulta essere l'impasto della terracotta tra l'angelo e le restanti figure; lo stesso esame ha permesso di appurare la presenza di una lamina metallica in argento sotto allo strato di gessatura e doratura. 

Bologna, Collezione Segni (segnalato nel 1760-1780 circa); 
Firenze, Collezione Giovanni Pratesi, acquistato dallo Stato italiano nel 2004.  

Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Lo Stato dell‘arte. L’arte dello Stato. Le acquisizioni del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, 26 maggio-29 novembre 2015. 

Bibliografia specifica:

 

 

 

 

Bellori Giovanni Pietro, Le vite de’ Pittori, Scultori e Architetti moderni, Roma 1672; ed. a cura di E. Borea, Torino 1976;
Brinckmann Albert Erich, Barock-bozzetti, 4 voll., Frankfurt am Main 1923-1925;
Ozzola Leandro, Il Battesimo di Cristo di Melchiorre Cafà a Malta, in «Dedalo», VII, 1, 1926-1927, pp. 131-135;
Hess Jacob, Die Künstlerbiographien von Giovanni Battista Passeri, Leipzig 1934;
Witzthum Walter, Disegni di Alessandro Algardi, in «Bollettino d’Arte», XLVIII, 1-2, 1963, pp. 75-98;
Raggio Olga, Alessandro Algardi e gli stucchi di Villa Pamphili, in «Paragone», XXII, 251, 1971, pp. 3-38;
Montagu Jennifer, Le Baptême du Christ d’Alessandro Algardi, in «Revue de l’Art», XV, 1972, pp. 64-78;
Montagu Jennifer, Alessandro Algardi, 2 voll., New Heaven-London 1985;
Pittiglio, in Barberini Maria Giulia, Sconci Maria Selene (a cura di), Guida al Museo Nazionale del Palazzo di Venezia, Roma 2009, p. 36, n. 28;
Falcucci Claudio, Pelosi Claudia, Indagini diagnostiche su alcune sculture in terracotta del Museo del Palazzo di Venezia a Roma, in Giometti Cristiano (a cura di), Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. 4. Sculture in terracotta, Roma 2011, pp. 195-196;
Giometti Cristiano (a cura di), Museo Nazionale del Palazzo di Venezia. 4. Sculture in terracotta, Roma 2011, p. 42, n. 15;
Draghi, in Barberini Maria Giulia, Lolli Ghetti Mario (a cura di), Lo Stato dell’arte. L’arte dello Stato. Le acquisizioni del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, catalogo della mostra (Roma, Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 26 maggio-29 novembre 2015), Roma 2015, pp. 136-137, n. 23;

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