Andata al Calvario

Ambito Fra Damiano Zambelli Secondo quarto del XVI secolo

La tarsia rappresenta l’Andata al Calvario e appartiene alla produzione dell’intarsiatore domenicano Fra Damiano Zambelli, attivo con la sua bottega a Bologna dal 1528 e fino alla metà del secolo. Il medesimo soggetto, con minime variazioni, è presente anche nel coro della basilica di San Domenico a Bologna, forse l’opera più nota del frate converso, che lo vide impegnato insieme agli aiuti per tutto l’ultimo decennio della sua carriera. 

La tarsia rappresenta l’Andata al Calvario e appartiene alla produzione dell’intarsiatore domenicano Fra Damiano Zambelli, attivo con la sua bottega a Bologna dal 1528 e fino alla metà del secolo. Il medesimo soggetto, con minime variazioni, è presente anche nel coro della basilica di San Domenico a Bologna, forse l’opera più nota del frate converso, che lo vide impegnato insieme agli aiuti per tutto l’ultimo decennio della sua carriera. 

Dettagli dell’opera

Denominazione: Andata al Calvario Autore: Ambito Fra Damiano Zambelli Data oggetto: Secondo quarto del XVI secolo Materiale: Legno, Peltro Tecnica: Intarsio Dimensioni: altezza 76 cm; larghezza 52 cm
Tipologia: Arredi Acquisizione: 1919-1920 Luogo: Palazzo Venezia Numero inventario principale: 1693

Dal ponte levatoio di una porta fortificata esce in primo piano il corteo che conduce Cristo al Golgota. Gesù porta la croce, circondato da soldati a cavallo in armatura, ed è seguito da un gendarme che lo spinge alle spalle, mentre altre guardie più avanti allontanano le donne di Gerusalemme, rappresentate in gesti di disperazione. Sullo sfondo, in alto, la testa della processione con i due ladroni è ormai giunta ai piedi del monte della Crocifissione, dove altri soldati attendono e due uomini sono intenti a scavare le buche per interrare i legni. Inverosimili castelli si ergono sulle sommità dei monti, in un paesaggio roccioso brullo e inospitale. La tarsia, dotata di una semplice cornice lineare in legno scuro, è eseguita per mezzo di un mosaico di tessere lignee cui si alternano frequenti inserti di peltro, utilizzati per rendere l’aspetto metallico delle corazze e degli elmi dei soldati, delle punte delle armature e dei finimenti dei cavalli, secondo una modalità altre volte adottata da Fra Damiano Zambelli e dalla sua bottega. A completamento, tutta la superficie è ricoperta da una trama grafica ottenuta scavando solchi che sono infine riempiti con paste scure, per rendere anche i più minimi particolari. Tale pratica, detta profilatura, assume qui un alto grado di precisione e raffinatezza, come dimostrano certi dettagli fisionomici sui volti dei personaggi. Il medesimo cartone impiegato in questo pannello – probabilmente su disegno del forlivese Francesco Menzocchi – è utilizzato anche in un’altra opera di fra Damiano, ovvero uno dei postergali del coro di San Domenico a Bologna, cui il frate attese insieme ad aiuti nel corso dell’ultimo decennio della sua carriera (Alce 2002, tav. 62): la pratica del riuso di materiale preparatorio, infatti, è documentata anche nell’ambito dell’intarsio ligneo sin dal XV secolo. Rispetto alla versione presente nel coro, la tarsia del Museo di Palazzo Venezia – pur in cattive condizioni di conservazione – si mostra più ricca di inserti polimaterici e maggiormente rifinita, come dimostrano ad esempio il disegno dei conci e delle pietre sul basamento del rivellino, o ancora i decori sulle armature e sulle bardature; al contempo è priva però di altre parti, come il cane – simbolo domenicano – che nel postergale bolognese cammina in primissimo piano accanto a Gesù, o la catena che collega il ponte alle travi di sollevamento. La tarsia è giunta al Museo di Palazzo Venezia tra il novembre 1919 e il maggio 1920 da Castel Sant’Angelo, come testimoniano gli inventari conservati presso l’archivio storico del Museo di Palazzo Venezia, dove essa compare insieme all’altra tavola intarsiata di fra Damiano Zambelli con la Crocifissione (inv. 1692), di dimensioni un poco inferiori. Tuttavia, seppur sia verosimile, non è possibile dire con certezza se le due opere possiedano la stessa vicenda collezionistica: come è noto, infatti, solo la Crocifissione è documentata nella collezione romana del cardinale Francesco Saverio de Zelada (Roma, 1717-1801), da cui passò poi con buona probabilità al Collegio Romano e quindi al Museo di Castel Sant’Angelo a inizio Novecento, nell’ambito della raccolta di materiale artistico destinato allo sfortunato progetto di istituzione di un Museo della città di Roma dal Medioevo all’età moderna (Nicita 2009, p. 275).
L'opera esaminata è inedita.

Lorenzo Mascheretti

Scheda pubblicata il 12 Giugno 2025

Compromesso.

Roma, Castel Sant’Angelo, ante 1919;
Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia, acquisto 1919-1920.

Alce Venturino, Il coro intarsiato di San Domenico in Bologna, Bologna 2002, tav. 62;
Nicita Paola, Musei e storia dell'arte a Roma, Roma 2009, p. 275;
Mascheretti Lorenzo, Ancora “fuori dai cori”. Una tarsia della collezione de Zelada nei depositi di Palazzo Venezia, in Battistini Silvia, D’Apuzzo Mark Gregory (a cura di), Studi in onore di Massimo Medica, numero monografico di «Arte a Bologna. Bollettino dei Musei Civici d’Arte Antica», 9-10, 2024, pp. 114-117.

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