All’indomani della Prima guerra mondiale il Vittoriano acquistò anche la funzione di sacrario
Tra il 1917 e il 1920 Giulio Bargellini (1875-1936) e Antonio Rizzi (1869-1940) si erano visti approvare i cartoni dei mosaici per le lunette del propileo orientale e del propileo occidentale. Gli artisti eseguirono i mosaici, ancora una volta ispirati ai concetti di Unità e di Libertà, entro il 1921.
Ampi territori come la Venezia Giulia, la Venezia Tridentina e la Dalmazia, pure italiani per lingua e cultura, erano rimasti fuori dal processo unitario. Per questo nel corso del Risorgimento venivano di norma chiamati ‘irredenti’, cioè non riscattati. La questione si risolse in qualche misura con la Prima guerra mondiale, che un congruo numero di storici lesse come la IV e ultima Guerra d’Indipendenza italiana. Il cambiamento trovò puntuale riscontro nel Vittoriano.
Il campo di battaglia di Monte Grappa, Museo della battaglia di Vittorio Veneto, Foto di Luigi Mazzocchi
Negli anni successivi al 1918 il Vittoriano subì un mutamento di rotta, volto ad adattarlo alla lettura della Prima guerra mondiale come punto d’arrivo del processo risorgimentale. Nel 1920 si stabilì di murare una lapide con il testo del Bollettino della Vittoria del generale Armando Diaz nel piazzale superiore, che da allora assunse il nome di Piazzale del Bollettino. A distanza di pochi mesi, nel 1921, lo stesso luogo accolse un blocco di roccia scavato nel Monte Grappa, a ricordo della Prima Battaglia del Piave.
Alla stessa fase va ascritta la decisione di collocare al centro dell’Altare della Patria la salma di un soldato italiano non identificato, il Milite Ignoto. La cerimonia di tumulazione, che si svolse il 4 novembre 1921, nel ricorrere del terzo anniversario dell’annuncio della vittoria italiana nel primo conflitto mondiale, conferì al Vittoriano un’inedita dimensione di sacrario.