Classicità e Rinascimento: nell’Atrio della Libertà il visitatore può cogliere, forse meglio che in altri luoghi e spazi, i debiti del Monumento verso la grande tradizione italiana
L’atrio è dedicato alla Libertà un valore cardine della politica di Vittorio Emanuele II e del Risorgimento. L’ambiente rivela alcune matrici linguistiche del Monumento. L’ampia, maestosa ed equilibrata solennità dello spazio architettonico è in debito verso modelli sia classici, quali ad esempio la Basilica di Massenzio, sia rinascimentali, incluso il Sant’Andrea di Mantova, uno degli edifici più importanti di Leon Battista Alberti.
L’architrave di fronte all’ingresso accoglie l’epigrafe “ITALIAE LIMINA SACRA ARMIS RESTITUTA” ovvero “I sacri confini dell’Italia restituiti con le armi”. Subito sopra si ergono La Propaganda del palermitano Benedetto D’Amore (1882-1960), lo stesso che eseguì i capitelli della Scala Nova di Palazzo Venezia e L’Insurrezione del faentino Ercole Drei (1886-1973), entrambe realizzate fra il 1920 e il 1921. La Propaganda è una giovane donna con il busto nudo, raffigurata mentre sta seminando. L’Insurrezione è una figura femminile vestita di un peplo con il seno destro scoperto, in atto di brandire un’arma.
Qui è conservato un gruppo in gesso dello scultore romano Paolo Bartolini da porre in relazione con la Quadriga della Libertà, quella cioè posta sopra il propileo occidentale del Monumento.