La preziosa decorazione a fresco di un soffitto cinquecentesco, fortunosamente scampata alla distruzione
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Giorgio Vasari (1511-1574) realizzò questi affreschi su commissione di Bindo Altoviti (1491-1557) nel 1553. L’idea consisteva nel celebrare la ricchezza di questa nota famiglia di banchieri fiorentini, che al tempo risiedevano a Roma: è possibile che l’occasione fosse il matrimonio del figlio di Bindo, Giambattista Altoviti, con Clarice Ridolfi.
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Al centro l’ovale raffigura l’Omaggio a Cerere, dea dei raccolti. Quattro monocromi narrano il mito di Cerere e Trittolemo; due riquadri le Allegorie di Firenze e Roma. Alla base della volta sono rappresentati i Mesi dell’anno e i segni zodiacali: i mesi sono tutti rappresentati mediante le attività umane, tranne Marzo e Aprile, raffigurati come Marte e Venere. La critica ha riconosciuto negli affreschi alcuni ritratti: due sacerdoti che omaggiano Cerere nel riquadro principale avrebbero il volto di Bindo Altoviti e Michelangelo Buonarroti, Marte e Venere di Giambattista Altoviti e della moglie Clarice. Giorgio Vasari avrebbe posto il proprio autoritratto nel mese di Luglio.
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In origine dipinti sul soffitto della loggia di Palazzo Altoviti, situato in prossimità di ponte Sant’Angelo, gli affreschi vi rimasero fino al 1887: l’anno dopo, infatti, l’edificio sarebbe stato distrutto per far posto agli argini del Tevere. La responsabilità dello stacco ricadde sul pittore-restauratore Pietro Cecconi Principi, che li montò su tele e li trasferì inizialmente in Palazzo Corsini alla Lungara, sede della Galleria Nazionale d’Arte Antica.
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Esposti a Castel Sant’Angelo nel 1911 in occasione delle Mostre Retrospettive organizzate per la celebrazione dei cinquant’anni del Regno d’Italia, gli affreschi vasariani giunsero nel 1917 a Palazzo Venezia. Il loro montaggio nella sede odierna risale al 1929: il direttore del museo Federico Hermanin (1868-1953) affidò l’incarico al pittore Torello Ruperti, il quale provvide a contestualizzarli realizzando le paraste a grottesche delle pareti.
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