Il rinnovato conflitto con l’Austria-Ungheria contribuisce a dilatare il processo risorgimentale fino al 1918
Per molto tempo gli storici erano stati concordi nell’indicare la fine del Risorgimento nella breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870, e la conseguente risoluzione della ‘questione romana’. Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò ufficialmente nel primo conflitto mondiale accanto alle potenze dell’Intesa. La dichiarazione di guerra alla Germania e soprattutto all’Impero Austro-Ungarico contribuì a forgiare un particolare disegno storiografico: quel conflitto poteva, anzi doveva leggersi in chiave risorgimentale, ovvero come la IV Guerra d’Indipendenza Italiana.
La presa di Roma, nota anche come la Breccia di Porta Pia: un tratto delle Mura Aureliane dopo il cannoneggiamento che segnò la fine dello Stato Pontificio
La reazione del Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento fu per questo immediata. Attraverso una circolare del 1915 il suo presidente Paolo Boselli diede indicazione che tutti i comitati provinciali si mettessero all’opera per raccogliere materiali sul conflitto in corso. Nel 1919 un Regio Decreto sancì che il Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento estendesse le proprie competenze anche alla Grande Guerra.
La Guerra Italiana. Cronistoria illustrata degli avvenimenti, n. 23 del 30 marzo 1919
Vittorio Emanuele III nel 1924 ribadì la nuova interpretazione storiografica e la proiettò nel Museo del Risorgimento, da realizzarsi sempre “nelle aule del Vittoriano”. Il Museo, che al tempo era ancora in fase di costituzione, avrebbe raccontato “la storia del Risorgimento italiano, dal periodo preparatorio dell’unità e dell’indipendenza sino all’ultima guerra vittoriosa”.
Cimeli della Repubblica Romana del 1849 con il ritratto dal vero di Goffredo Mameli e il panciotto del patriota italiano Angelo Brunetti detto Ciceruacchio
Armi e cimeli della Guardia Civica e dei Camerieri d'Onore del Pontefice