Giuseppe Sacconi pensa di trasformare la zona centrale in un grande altare laico dedicato alla nazione e ai suoi valori
Giuseppe Sacconi, nominato alla fine del 1884 direttore dei lavori del Vittoriano, si trovò ben presto dinanzi a una serie di difficoltà, che lo obbligarono a intervenire pesantemente sul progetto emerso vincitore pochi mesi prima.
Il convento di Santa Maria in Ara Coeli in fase di demolizione, durante i lavori di sistemazione dell'area di piazza Venezia
Demolizioni sul colle Capitolino nel 1885 circa
Difficoltà geologiche riscontrate da Sacconi: veduta prospettica dello scavo per l'inserimento del pilone del portico e sue fondazioni
Questa fase di ripensamento investì anche il programma iconografico dei rilievi. Messa da parte l’idea delle raffigurazioni storiche d’ispirazione risorgimentale, Sacconi pensò piuttosto a un programma d’impianto allegorico. Il cambio di rotta era già chiaro nel progetto presentato in occasione della visita al cantiere di Umberto I, avvenuta il 4 giugno 1890.
Il secondo progetto per il Monumento a Vittorio Emanuele II elaborato da Giuseppe Sacconi in occasione della visita di Umberto I al cantiere nel giugno 1890
Giuseppe Sacconi nel riflettere sulle funzioni della zona centrale e sull’apparato decorativo giunse all’idea di farne un Altare della Patria. All’origine vi era il modello francese degli “autels de la Patrie”: caratteristici della Francia di epoca rivoluzionaria – il primo risaliva al 1792 – gli oltre 36.000 “autels” rappresentavano simboli della nazione e dei suoi valori, rigorosamente civili e laici.
Ritratto di Pasquale Villari
Nel Vittoriano il modello francese si sviluppò attraverso i suggerimenti del filosofo repubblicano Giovanni Bovio (1837-1903) e dello storico Pasquale Villari (1827-1917), fino ad assumere le forme di un fregio a rilievo raffigurante gli illustri che avevano precorso il Risorgimento. Questa concezione emerge fra l’altro nella relazione consegnata da Sacconi a re Vittorio Emanuele III nel gennaio 1905.