Il Rinascimento in maiolica attraverso l’opera di un maestro urbinate del Cinquecento, a capo di una fiorente bottega
L’opera, esposta nel Palazzetto, è eseguita in maiolica dipinta e reca sul verso l’iscrizione “1534. ESACO IN SMERGO NEL CASCAR CANGIOSSI. NEL LIBRO D’OVIDIO MET: F.X.A.R. IN URBINO”. La sigla “F.X.A.R.” può ragionevolmente sciogliersi in Francesco Xanto, o Santo, Avelli (1486- 1545), uno dei grandi interpreti della ceramica urbinate nel Rinascimento maturo.
Il soggetto chiama in causa le note qualità letterarie di Avelli, attivo come umanista e poeta presso la corte del duca di Urbino Francesco Maria della Rovere (1490-1538). Esaco, stando al racconto mitologico riportato appunto dal poeta latino Ovidio, era il primogenito di Priamo, re di Troia. Nelle Metamorfosi Esaco s’innamora della ninfa Esperia e per questo la rincorre, salvo poi accorgersi che durante la fuga la fanciulla viene morsa da un serpente e muore. Disperato, Esaco cerca il suicidio gettandosi da una rupe: la dea Teti, mossa a pietà, lo tramuta allora in un uccello tuffatore, lo smergo.
Da considerarsi un oggetto puramente decorativo, cioè da parata, o da pompa, il piatto è entrato in collezione nel 1921, proveniente dalla galleria dell’antiquario Giuseppe Sangiorgi.