La terza e ultima stanza monumentale del palazzo è anche una delle più vaste di Roma: per questo veniva spesso chiamata Aula Maxima
La sala fa parte della sequenza di tre ambienti monumentali voluti dal cardinale Pietro Barbo subito dopo la sua elezione a papa con il nome di Paolo II (1464-1471), per rendere il palazzo una residenza alternativa al Vaticano. Il nome si deve alla funzione originaria: qui venivano accolti e sostavano i reali, gli ambasciatori e i personaggi potenti che si recavano in udienza dal papa. Con i suoi 37 m di lunghezza e i 430 mq di superficie la Sala Regia è la più grande del palazzo e una delle più ampie di Roma: per questo motivo i documenti la segnalano spesso come Aula Maxima.
Ancora in fase di costruzione al tempo del cardinale Marco Barbo (1420-1491), la sala venne conclusa sotto il cardinale Lorenzo Mari Cibo (c. 1450-1504). Profondamente modificata nei secoli successivi, essa fu oggetto di un integrale ripristino in stile rinascimentale nel corso degli anni Venti del Novecento, su direzione del primo direttore del Museo di Palazzo Venezia, Federico Hermanin (1868-1953).
Le pareti presentano una grandiosa architettura dipinta: al centro di ciascuna delle tre pareti senza finestre compare la figura della Fama, alata e in piedi su di un globo; nella quarta parete, gli strombi delle finestre superiori accolgono medaglioni in chiaro-scuro ispirati ai bassorilievi dell’Arco di Costantino. Questa decorazione quattrocentesca, scialbata nei secoli successivi e coperta da altre pitture, fu riportata alla luce a partire dal 1917 da Hermanin: questi restaurò i pochi frammenti superstiti – ch’egli attribuì a Donato Bramante e datò al 1499 – e ne affidò la reintegrazione al pittore-restauratore Pietro de Prai.
Il pavimento e il soffitto appartengono ugualmente agli anni Venti del Novecento. Il pavimento in marmo segue il disegno dell’architetto Luigi Marangoni (1872-1950). Quanto al soffitto a cassettoni, il suo disegno spetta a Ermenegildo Estevan (1851-1945), che prese a modello quello della navata centrale della vicina Basilica di San Marco, ma sostituì le insegne di Paolo II con gli stemmi del Comune di Roma, del Regno d’Italia e del leone di San Marco, simbolo di Venezia.